I vescovi avrebbero dovuto capire che era solo una questione di tempo. Nei sondaggi c’era un’unanime crescita costante nel sostegno maggioritario alla pianificazione familiare e al sostegno del governo per esso.
Sempre più gente di tutte le classi sociali era giunto ad accettare che la grandezza di una famiglia ha un diretto impatto sulla povertà e che la scienza medica fornisce i mezzi per poter fare qualcosa, se ci fosse assistenza finanziaria. E la diffusione di fonti differenti di credi e di etica che sono giunti cin la secolarizzazione erodono l’affermazione della chiesa di avere un monopolio sulla moralità.
La gerarchia della chiesa avrebbe dovuto notare le lezioni di Spagna, Irlanda ed altre parti dell’Europa dove l’opposizione dura alla contraccezione, al divorzio ed ai diritti gay, accoppiati con l’abuso dei bambini da parte dei prelati comportava in una sconfitta profonda della credibilità e dell’influenza, una tendenza che l’Economist caratterizzava come “Il vicino collasso del cattolicesimo in alcune delle sue roccaforti.”
Invece i vescovi hanno scelto la posizione di intransigenza sulla contraccezione e la pianificazione familiare. La conservazione nella Chiesa ha fatto virtù di ciò che altri consideravano arretratezza: il paese era una delle poche nazioni rimaste in Asia senza un programma governativo completo di pianificazione familiare. La stessa attitudine di avere un orgoglio perverso in quello che gli altri vedevano come reazionario era stato esibito nel caso del divorzio, dove proclamarono una volta per tutti che eravamo benedetti per essere l’unico paese al mondo a non permettere il divorzio.
Intrappolati nella loro retorica gridata, i vescovi non notavano il movimento di opinione tra la maggioranza silenziosa dei cattolici e la diffusione nella classe media del risentimento della loro influenza politica in quello che considerano uno stato laico.
Nei primi anni del dibattito parlamentare sulla pianificazione familiare della fine anni 90, i vescovi svilupparono la tesi secondo cui la contraccezione artificiale era immorale poiché il solo scopo del sesso è di avere dei figli. Questo comunque aveva limitato il fascino, per cui aggiunsero un’altra tesi, una che potrebbe essere di estrema sinistra: la pianificazione familiare era uno strumento promosso dagli USA per reprimere la popolazione del terzo mondo. Quindi si aveva la strana visione di conservatori della classe superiore che giocavano a fare gli antimperialisti nel parlamento.
Per alcuni anni, armati di questa formula ideologica bastarda di “antimperialismo” e contro la contraccezione, l’alleanza tra vescovi, conservatori religiosi nel parlamento e il palazzo del Governo bloccò ogni movimento sul piano legislativo anche mentre il resto del paese avanzava.
A rompere lo stallo politico fu il movimento delle donne che negli anni 2000 ridefinì la questione come un problema legato ai diritti e la salute riproduttiva delle donne, le quali avevano il diritto di scegliere quanti figli avere e quando averli. Le donne hanno il diritto di proteggere la qualità della vita della looro famiglia limitando i propri figli, di avere di ritto ad una pianificazione familiare per preservare la propria salute. Fu un argomento convincente, sviluppato accortamente non solo a livello razionale ma anche simbolico, attraverso la diffusione strategica di un’immagine di una gerarchia tutta maschile e di un congresso che controllava le scelte delle donne.
Nella XV legislatura la gerarchia della chiesa ed i suoi alleati nel Congresso restarono privi di argomenti fattibili e costretti a descrivere i due punti collegati nella sfera pubblica come oltraggiosi e stupidi: che i preservativi e gli altri contraccettivi procurassero l’aborto e che non ci fosse differenza tra contraccezione e procurare l’aborto. Secondo un parlamentare di Manila, “La contraccezione è aborto”. In questo momento la Donna nel Palazzo della gerarchia non c’era più, e con il nuovo presidente che dichiarava una priorità l’approvazione della legge RH, la sconfitta della chiesa era certa, sebbene i vescovi avessero scelto di scendere nella mischia nelle sedute plenarie del Senato e della Camera nel 2012 e 2013.
I liberali presenti nella gerarchia della Chiesa forse videro la firma sul muro. Sapevano che, benché la misura potesse essere sconfitta nella XV legislatura, il continuo bilancio delle forze al lavoro nel paese avrebbe comportato che il movimento a favore della legge avrebbe stabilmente accresciuto il proprio consenso e alla fine conseguire la vittoria. Eppure accettarono la strategia conservatrice di rendere la lotta contro la legge una battaglia apocalittica, in cui la chiesa buttava tutte le sue forze, come la battaglia di Stalingrado nel 1942.
I liberali avrebbero potuto invocare la moderazione nei confronti dei loro colleghi, ed insieme agli ordini religiosi più liberali avrebbero potuto sostenere una discussione più razionale, se non far approvare la legge con condizioni, invece di lasciare Padre Joaquin Bernas come l’unica voce religiosa a farlo in pubblico. Avrebbero potuto adottare una strategia di opposizione politica simbolica piuttosto che attiva, accettando il passaggio della legge come parte di un programma più vasto di riforma teologica che avrebbe adattato la dottrina cattolica ad accelerare su varie questioni etiche. Invece loro decisero di starsene calmi permettendo agli estremisti di fare il gioco.
Durante il lungo dibattito sulla legge si aveva l’interessante spettacolo di preti e monache disposti a sostenere la legge ed a scusarsi per non poterlo fare pubblicamente. La codardia morale è forse una parola troppo dura ma di certo, per trarre in prestito una frase di Kierkgard, un caso di “paura e tremore”.
Quando poi la legge fu approvata, c’era ancora la possibilità per i liberali di condannare l’erosione della credibilità della Chiesa, invitando i propri colleghi ad allontanarsi dal sostegno verso i laici duri e puri che cercavano l’abrogazione della legge per incostituzionalità di fronte alla Corte Suprema. Ma di nuovo, lasciarono la parola ai grandi lottatori che ebbero l’illusione che i nominati della Gloria Arroyo avrebbero compromesso l’integrità della corte sostenendo le loro affermazioni incredibili secondo cui la contraccezione era un tipo di aborto e che era perciò incostituzionale la legge. Questa cattiva lettura trasformò una sconfitta in una disfatta.
Con la decisione di lanciare una guerra totale sulla legge la credibilità della chiesa fu mortalmente colpita, permettendo il più facile passaggio della legge sul divorzio e di altre leggi che renderanno finalmente le Filippine uno stato nazione laico. Una chiesa cattolica romana riformata che affrontasse le realtà laiche e goda di un rinnovato rispetto da parte della società era in un certo momento possibile. Al momento è ora molto meno possibile a causa di un estremismo stupido tra le forze dominanti nella gerarchia insieme alla timidezza dei liberali della Chiesa. Un più probabile risultato è quello che l’Economist descrive come la condizione cattolica in Europa: una chiesa che perde quello che le rimane della sua presa sulla società ad un passo che accelera.
Autopsia di una sconfitta, Walden Bello, inquirer.net