Si può alla fine affermare che i colloqui di pace sono definitivamente morti e sepolti con l’ultimo colpo di stato della Thailandia che ha chiuso la porta al dibattito sui colloqui che miravano ad affrontare un decennio di violenza separatista nel restio meridione thailandese.
Da parte dello stato thailandese il golpe del 22 maggio e il rapido allontanamento degli ufficiali anziani più vicini ai colloqui iniziati dall’amministrazione dell’ex premier Yingluck Shinawatra hanno posto il sigillo definitivo ad un processo già azzoppato dai cambi politici nel NSC che iniziò i colloqui a febbraio 2012.
Dopo aver già dato le spalle al processo facilitato dalla Malesia a Kuala Lumpur, il movimento separatista nel frattempo stava scavando una tomba profonda alle prospettive di pace con lo sviluppo di un’offensiva militare che ha seminato il panico in varie città meridionali.
La strage di maggio è servita sottolineare sia il ritorno dei ribelli a prendere di mira le aree urbane che erano state vietate durante i colloqui e la loro chiara determinazione a menomare l’economia nelle province contestate della frontiera di Pattani, Yala e Narathiwat.
Dopo mesi di disfunzioni governative causate dalle proteste di strada debilitanti nella capitale thailandese, l’attuale concentrazione di potere nelle mani militari da un lato e l’emergere del BRN come forza dominante nella rivolta nel meridione dall’altra hanno fatto salire le speranze tra gli ottimisti di una ripartenza dei colloqui di pace e del ritorno a negoziati sostanziali tra le parti con reale autorità.
Ma ora che i duri scettici dell’iniziativa dello scorso anno fermamente in sella in entrambi gli schieramenti, la scomparsa del “Processo di KL” e il recente golpe militare sembrano più propensi ad esacerbare la violenza piuttosto che a bloccarla. Un esperto straniero con anni di esperienza nel conflitto diceva: “Vale la pena supporre che non si possa muovere affatto in una direzione positiva”
Le valutazioni dei militari della situazione nel dopo golpe raggiungeranno almeno due conclusioni scomode. La prima, politica, il processo di pace iniziato dal governo Yingluck è stata una vasta vittoria del BRN. Indipendentemente dalla chiara riluttanza a impegnarsi o per i reali capi o per la risoluzione politica, se la sono cavata con vari guadagni a spese dello stato thai.
Con la delusione dei militari thailandesi, il dialogo di alto profilo ha dato al BRN sia il riconoscimento che la legittimazione a livello nazionale ed internazionale come attore centrale alla rivolta, un genio che difficilmente potrà essere rimesso nella bottiglia. L’uso attento del movimento dei media sociali gli ha permesso di prendere l’iniziativa con un gruppo di domande forti che di fatto stabilito i parametri per un altro futuro negoziato. Impreparati e male informati il gruppo thailandese, guidato dal colonnello Paradorn del NSC, appariva debole e reattivo alla luce dura dei media.
Al di là di questo, il processo di pace è servito a vantaggio del BRN nel mettere da parte il lungo dibattito e la questione fondamentale del comando e controllo dell’insorgenza, cioè se il braccio politico del BRN raggruppato attorno al consiglio centrale del movimento, o shura, poteva esercitare il controllo sulle forze in campo. La risposta giunse dopo ripetuti appelli delle forze thailandesi a ridurre la violenza e a risparmiare gli innocenti. Un movimento impegnato nella lotta armata come il BRN non aveva alcun interesse a ridurre la violenza, ma per la maggior parte del 2013 ha voluto reindirizzarla.
Per tutto l’anno il focus delle operazioni nelle tre province si spostò verso obiettivi militari nelle aree rurali e semirurali con un conseguente incremento di morti tra le forze di sicurezza. Gli attacchi in aree urbane di alto profilo che costituiscono il danno collaterale civile d’un colpo cessarono. Tra il 1 marzo ed il 22 dicembre del 2013 cessarono anche l’uso di autoesplosive usate in ambienti urbani. Nel 2012 ci furono 13 attacchi con autoesplosive mentre ce ne furono solo 3 nel 2013 prima che iniziassero i colloqui di pace e dopo che erano di fatto crollate.
Allo stesso tempo in seguito ad una inversione pungente nel febbraio 2013 quando gli insorti persero almeno 16 militanti in un attacco disastroso per occupare una base marine a Bacho a Narathiwat, ci fu un’immediata e completa sospensione di grandi assalti che coinvolgevano da 30 a 100 militanti. Tali attacchi acquistarono peso tra il 2011 e il 2012, ma dopo il disastro di Bacho non ce ne sono state più.
Nessuno di questi cambi è accaduto per caso. Piuttosto erano il risultato di direttive strategiche portate avanti dalle forze sul terreno. BRN emerse dal periodo dei colloqui di pace come un’organizzazione che, in un contesto di insorgenza decentralizzata, sembrava più coesa sia militarmente che politicamente di tanti altri gruppi ribelli in aree geograficamente più larghe e socialmente più differenti come Afganistan e Siria.
La seconda più vasta conclusione nell’attuale valutazione della insorgenza è legata al modo in cui la capacità del BRN di controllo comando a livello strategico adatta gradualmente le capacità militari crescenti ad obiettivi politici specifici. Non è cosa nuova ma era stato largamente sottovalutato ad aprile e maggio quando i ribelli tornavano alle offensive verso le città.
Quest’ondata di operazioni coordinate, pianificate ai più alti livelli politici e militari, hanno preso di mira l’economia urbana e scosso qualunque senso di sicurezza residua che gli abitanti delle città potevano ancora serbare. In modo prevedibile si affidava a autobombe e motociclette bomba. Secondo fonti ben informate, coinvolgeva un gruppo di nuovi reclutati, sconosciuti alla sicurezza, che erano tornati dall’addestramento all’estero.
Agli inizi di aprile i ribelli colpirono per prima Yala con due giorni di attacchi con bombe nel cetro città con significativi danni economici. Dopo una calma relativa del resto del mese seguirono due attacchi gemelli il sei di maggio con due scoppi ad Hat Jay: una grossa autobomba all’esterno di una stazione di polizia ed una motocicletta con bomba ad un negozio 7eleven. Una settimana dopo, 11 e 12 ,aggio, un’ondata di attacchi sostenuti hanno colpito le province di Narathiwat e Yala con i maggiori danni a Sungai Kolok e Sungai Padi.
Due giorni dopo, fu tagliata la linea ferroviaria che collega Hat Yai e il terminale meridionale a Sungai Kolok con esplosioni sul ponte che sospendevano i servizi per due settimane. La notte del 24 maggio in una delle ondate più forti di attacchi urbani di cui si ha menzione, le bombe colpivano stazioni di carburanti, negozi 7 eleven e la rete elettrica con l’interruzione di elettricità ed acqua in vaste aree della città di Pattani fino a due giorni. Ci furono tre morti e 60 feriti.
Non è chiaro se questa ripresa della violenza era intesa per mettere in chiaro la fine dei colloqui o sfruttare il caos politico a Bangkok, oppure entrambi, ma, indipendentemente dalle motivazioni, l’offensiva rappresenta una sfida seria ai pianificatori militari.
Per prima cosa l’intensità delle operazioni nel breve giro di due mesi è stata senza precedenti. L’insorgenza aveva già ripetutamente montato attacchi coordinati prima, compreso quello che coincideva con le celebrazioni dell’anno nuovo cinese nel febbraio 2007 oscurando parti della città di Pattani. Ma mai gli attacchi si sono succeduti così vicino l’uno all’altro in un modo che era certamente pianificato come un’interezza strategica.
Seconda cosa è stato il mero numero di mezzi esplosivi improvvisati usati. Secondo IHS-Jane’s maggio ha visto il più alto numero di incidenti con IED di qualunque mese nel conflitto: 77 con 90 separati mezzi, un aumento dalla media mensile di 27,6 nel 2013 e 23,3 nel primo quadrimestre del 2014. A preoccupare anche oltre la frequenza degli attacchi è la costante crescita della potenza delle bombe.
Nei primi anni del conflitto la stragrande maggioranza dei mezzi pesavano meno di 10 chili, per lo più 5 chili o meno. Un piccolo numero di incidenti vedeva bombe più grandi impaccati in un estintore o bombola di gas che colpiva veicoli militari. Quest’anno sono una norma grandi mezzi che usano bombole da cucina e metalli del peso di 20 chili, usati per abbattere piloni dell’elettricità.
Autobombe ora usano di solito pacchi di due bombole del peso di almeno 50 chili fino a pesi di 80. Questa tendenza indica un accrescimento delle fonti di parti componenti, come ammonio nitrato e contenitori, ed una chiara velocità maggiore di produzione in vari punti ed una rete di distribuzione efficace.
Detto questo va detto che quest’offensva ha causato relativamente poche morti. Maggio, il mese con il più alto numero di IED, ha visto una forte caduta di morti violente da 48 a 31 nel 20013 e 50 nel primo trimestre del 2014. La cosa va attribuita al fatto che le bombe avevano come obiettivo le infrastrutture economiche più che la popolazione civile che anche in città è malay musulmana.
La preoccupazione per le morti civili era molto chiara nell’attacco del 24 maggio a Pattani quando chi pose le bombe alle stazioni di carburante e ai negozi ha avuto cura di telefonare oppure di avvisare le persone di liberare l’area.
Questi avvisi portano direttamente alla natura dell’insorgenza che il BRN si vede lottare, una guerra di popolo sulla falsa riga delle strategie maoiste, ma anche una in cui il movimento degli insorti è stato incapace per ragioni geografiche e militari a costruire aree liberate, dove può esercitate il controllo politico diretto sulla popolazione civile.
Mentre il conflitto si protrae nel secondo decennio, BRN ha bisogno in modo critico di rendere popolari i suoi obiettivi di indipendenza ( o di autodeterminazione) al di là della sua base stretta di sostenitori attivi e simpatizzanti verso la popolazione malay musulmana.
Il “Movimento”, come è conosciuto ora, sembra sempre più intento di comunicare il messaggio semplice di Patani Merdeka, o Patani indipendente. Ad un livello l’anno scorso ha visto un notevole incremento dell’uso dei graffiti sulle strade o su bandiere sia in Malay che in Thailandese nei quali si denigra lo stato thai e si proclama “Patani merdeka”.
Talvolta ci sono queste iniziative solitarie di basso rischio in pochi luoghi adiacenti: altre volte i graffiti si accompagnano con le bombe. Occasionalmente la spinta propagandista coinvolte operazioni coordinate in larga scala che mirano a piantare il germe di un’idea sovversiva. Il 7 febbraio, quando era massima la crisi a Bangkok striscioni in lingua malay furono appese in 105 luoghi per le province in guerra che dichiaravano: “Se il Siam non riesce a governare il proprio paese, come può governare la nazione malay Patani?”
Ad un altro livello la diffusione del messaggio separatista si è affidata al classico mezzo di una guerra rivoluzionaria moderna: strategia di fronte unito o infiltrazione e cooptazione di organizzazioni non clandestine vicine. Con la crescita di una società civile connessa internazionalmente nel meridione thailandese sin dal 2010, la proliferazione di forum pubblici che coinvolgono studenti, avvocati e attivisti è diventata una forza potente moltiplicatrice.
Ora i dibattiti sulla devoluzione del potere, di modelli di autonomia, autodeterminazione e pesino Merdeka si adattano agli obiettivi più vasti del BRN. I servizi di sicurezza e di intelligence nella regione sono perfettamente consci e monitorano le tattiche e il discorso che i media sociali sono serviti ad amplificare, lavorando su una linea sottile, però, tra l’inattività e la non garantita repressione delle organizzazioni legali.
E’ improbabile che la nuova giunta vorrà adottare un’attitudine inalterata verso la crisi meridionale che sembra stare approfondire le proprie radici e aumentare gradualmente le proprie capacità. Per le settimane prossime il generale Prayuth sarà attento alle priorità nazionali ed internazionali non ultima l’economia e il nuovo governo.
Il suo uomo, comandante della quarta regione dell’esercito, generale Walit Rojanapakdee, comunque, sarà attento all’insorgenza a tempo pieno. Un’aquila riconosciuta fresca nel proprio lavoro sin dal 1 aprile e senza dubbio con la volontà di lasciare il proprio marchio, ci si può attendere che Walit adotti una strategia più attiva, non ultima seguendo la sfida gettata dall’ultima offensiva dell’insorgenza e la minaccia annuale di violenze maggiori durante il mese di digiuno del Ramadan.
Certamente ci saranno sforzi di rafforzare la griglia della controinsorgenza, incurisoni precise strette sui santuari dell’insorgenza e portar gli attacchi con IED sotto un apparente controllo. Resta da vedere quanto si potrà incoraggiare i militari malesi ad aiutare con una sicurezza di frontiera migliore e sulla repressione dei santuari transfrontalieri e sui possibili campi di addestramento. Contatti accresciuti nel dopo golpe e colloqui tenutisi a Bangkok il 4 giugno tra Prayuth e il comandante supremo malese Zulkifeli bin Mohamad Zin certamente avranno incluso una discussione sui problemi alla frontiera e più in generale l’insorgenza.
Walit potrebbe optare di togliersi del tutto i guanti. Tattiche potenzialmente più dure potrebbero portare al ritorno delle tattiche di isolamento, ricerca e detenzione per i villaggi e sottodistretti conosciuti di sostegno all’insorgenza, che nel periodo 2007-2008 provarono a sconvolgere la rete ribelle clandestina. Sforzi accresciuti per neutralizzare i capi militari e politici locali, che son ostati selettivi piuttosto che sistematici rappresentano un’altra opzione di repressione.
Quello che è chiaro comunque non ci sarà nessuna corsa verso il tavolo dei negoziati sotto il governo del golpe installato da Prayuth. Con Tawil Pliensiri ora di nuovo capo del NSC, assistito dal suo uomo di buona esperienza Somkiat Boonchu, l’enfasi civile includerà probabilmente l’estendere i contatti di basso profilo, conosciuto con una gamma di esuli di Pattani che includono elementi del PULO che vorranno forse provare a spostare il dominio del BRN dal campo separatista.
Da parte sua il BRN forse guarderà, nei prossimi mesi, agli sviluppi politici più vasti mentre mantiene il ritmo delle operazioni militari ad un livello tale da non diventare conflitto. Se l’esperienza passata ha un qualche senso, questo porterà ad un livello stabile di attacchi con 20 o 30 attacchi di IED al mese, uno o due da impressionare i giornali, insieme ad una doccia di attacchi contro obiettivi militari e l’interminabile eliminazione selettiva di “collaboratori” del governo. In termini umani si traduce in 50 morti al mese, un quarto dei quali di personale della sicurezza.
Comunque misure più aggressive di controinsorgenza, che sono una possibilità distinta nelle circostanze attuali, potrebbe facilmente favorire un inasprimento. BRN è bravo nel calibrare le risposte militari che potrebbero coinvolgere un maggior numero di operazioni dentro le tre province con attacchi con autobomba o atrocità contro civili buddisti, colpendo di più monaci e donne ora sempre più in prima linea. Sono diventate un metodo pratico le operazioni di alto profilo ad Hat Yai, nella provincia di Songkla, un obiettivo economico, per riscaldare la situazione.
Il fatto che l’insorgenza sia riuscita a far scoppiare una autobomba nel recinto nel distretto centrale di polizia a maggio la dice lunga sulla vulnerabilità della città persino dopo il grande attacco del 2012 a Lee Garden Plaza.
Uno scenario estremo coinvolgerebbe un inasprimento delle operazioni al di fuori delle aree con obiettivi economici a livello nazionale come l’isola di Phuket o la capitale Bangkok. Queste rappresentano le opzioni nucleari del BRN e invitano una risposta della sicurezza di pari forza nelle tre province di frontiera che sposterebbero il conflitto in territori inesplorati.
La scoperta ed il disarmo di una autobomba insolitamente potente fuori della stazione principale di polizia a Phuket a dicembre scorso ha già accresciuto la minaccia dal livello speculativo all’immediato potenziale. Resta aperto alle congetture se il mancato scoppio dei due grandi esplosivi sia stato dovuto ad una svista tecnica o perché voluto come un secco avvertimento.
Se può servire a consolare le forze di sicurezza sotto una forte pressione può essere la natura del loro nemico. Tatticamente l’ala militare del BRN ha sempre provato di essere innovativa, con capacità di adattamento e imprevedibile nella capacità di portare morte. Di contro i capi politici del movimento sono stati strategicamente cauti, conservatori e ideologicamente ancorati.
La dinamica da sempre opaca tra le due ali dell’insorgenza ha di fatto confinato il conflitto all’area di frontiera. Non è affatto chiaro quanto siano valide le assunzioni fatte nel contesto del passato decennio di insorgenza, ma i mesi prossimi, sotto un nuovo ordine militare a Bangkok, potranno essere più volatili e pericolosi del solito nel restio meridione.
Anthony Davis analista della sicurezza per IHS-Jane’s. ASIATIMESONLINE