Le recenti riunioni del ASEAN nella capitale birmana di Naypyidaw sono terminate con grandi controversie. ASEAN ha, ancora una volta, fallito nel trovare seriamente una soluzione al protratto conflitto nel Mare Cinese Meridionale che coinvolge quattro paesi membri dell’organizzazione come Vietnam, Filippine, Malesia e Brunei, oltre a Cina e Taiwan.
Chiaramente il gruppo ASEAN è stato incapace di produrre una posizione unificata sulla questione del Mare Cinese Meridionale, facendo sorgere quindi la domanda se l’organizzazione è pronta a raggiungere l’obiettivo che si è dato per il 2015 sulla costruzione della comunità.
Mentre si è posta molta attenzione alla disputa territoriale marittima, lo sviluppo democratico nella regione è stato solo menzionato di passaggio.
Gli USA, mentre hanno ammirato il processo di apertura in Myanmar, hanno anche messo in guardia che le riforme in quella nazione hanno ancora da fare tantissima strada.
Nessuna altro paese, sorprendentemente, ha espresso preoccupazione sulla grave situazione politica in Thailandia. Il 22 maggio i militari lanciarono un golpe che cacciò il governo eletto di Yingluck Shinawatra. Oggi le forze armate hanno il pieno controllo di tutti gli aspetti della vita politica e continuano a violare i diritti umani della popolazione thailandese.
Nel contesto ASEAN non ci sono stati dichiarazioni ufficiali di condanna del golpe. Gli USA, L’Europa e l’Australia hanno applicato “ reazioni soffici” contro il NCPO, il corpo governativo dei golpisti. Tutti hanno invitato la giunta a riportare il potere immediatamente al popolo thai. Tra tutte le pressioni internazionali il gruppo ASEAN, di cui la Thailandia è stato un paese membro di suoi inizi nel 1967, è restato silenzioso.
L’otto agosto The japan Times ha pubblicato un articolo sul golpe di Simon Tay, che dirige Istituto di affari internazionali di Singapore, che in un’analisi globale è stato considerato il principale centro di pensatori della regione. La percezione di Tay della situazione politica thailandese e la sua aperta difesa della tolleranza del golpe da parte del ASEAN sono spiacevoli.
Tay ha supplicato i lettori a comprendere la posizione del ASEAN rispetto alla Thailandia reiterando la regola d’oro dell’organizzazione della non interferenza. Secondo Tay, ASEAN non è stata mai avvezza ad intervenire negli affari interni dei suoi propri membri. Accettare quasi automaticamente questa regola significa accettare l’idea che il golpe thailandese deve essere lasciato perdere, indipendentemente da quanto possa danneggiare la reputazione e la credibilità del ASEAN stessa.
Ma il problema fondamentale ritrovato nel pezzo di Tay è che è sembrato quasi legittimare l’intervento politico dei militari, quando ha scritto che il golpe è giunto dopo vari mesi di proteste senza sosta a Bangkok che hanno creato una situazione di ingovernabilità Perciò ancora una volta il golpe potrebbe essere percepito come legittimo.
Ma Tay non è riuscito a spiegare più dettagliatamente il disegno politico iniziato con le manifestazioni antigovernative capitanate da Suthep, la cui intenzione era di minare la politica elettorale con il sostegno dei militari in primo luogo.
Questo è stato lampante dopo il golpe, quando quei manifestanti che infransero la legge non furono portati davanti alla giustizia dal NCPO. Ad essere stati arrestati piuttosto sono stati i politici del deposto governo, gli studiosi critici e i media insieme agli attivisti contro il golpe che sono stati minacciati, arrestati e imprigionati.
In altre parole i militari non hanno giocato un ruolo di “difensori della democrazia” in Thailandia, ma il loro intervento ha mostrato quanto sia disperato il tentativo di mantenere la loro posizione politica in questo periodo di imminente successione reale.
Tay ha anche assunto che il gruppo ASEAN desideri attendere e vedere se NCPO sarà conseguente con le sue promesse nel riportare il paese sul percorso democratico. Ha anche detto che i golpe del passato sono stati relativamente brevi. Forse non sa che Sarit Thanarat e Thanom Kittkachorn, despoti famosi degli anni 50 e 60, hanno governato la Thailandia per 15 anni complessivamente.
Tay è stato ottimista quando dice che il nuovo governo del regime militare riporterà stabilità e crescita economica e che la Thailandia diventerà di nuovo normale sotto una costituzione riformata, passando sopra a tante politiche controverse della giunta.
Non ci sarà stabilità dal momento che il programma cosiddetto di riconciliazione era in realtà una violenza continua verso le magliette rosse, definite come nemiche dello stato dei militari. I media sono stati messi in silenzio. Agli studiosi critici è stata data la caccia, me compreso. I politici alleati dell’ex premier Thaksin sono stati costretti ad abbandonare la politica attraverso meccanismi dello stato.
I membri del Consiglio legislativo nazionale sono stati scelti con cura dal generale Prayuth che presto sarà nominato primo ministro. Quasi il 60% dei 220 del Consiglio sono militari, un numero molto più grande che nel parlamento birmano. Una bozza costituzionale recente, definita da Tay come costituzione “riformata”, è essenzialmente antidemocratica, dove vari articoli affermano che il NCPO ha potere sul legislativo, sull’esecutivo e sul giudiziario. Inoltre nell’articolo finale i militari si garantiscono l’amnistia per aver preso il potere in modo illegale.
Tay si fida inoltre delle indagini statistiche influenzate dai militari che mostravano che nel paese 80% dei cittadini accettavano la supervisione del NCPO sul processo di riforma. Questo è ingenuo. Tutti in Thailandia sanno che una tale indagine era motivata politicamente, e nelle circostanze precarie nessun sondaggio oserebbe dire la verità della crescente impopolarità del NCPO.
Proteggere la risposta muta del ASEAN al golpe potrebbe essere comprensibile specialmente dal momento che gli stati del ASEAN stessi sono stati in vario modo politicamente vulnerabili e di campioni della democrazia nell’area ce ne sono pochi.
Nel suo articolo Tay ha completamente frainteso la dura situazione politica thailandese, o forse ha immaginato che i militari thailandesi siano un po’ democratici.
In questo modo la sola cosa che fa è di ignorare le durezze del popolo thai che ancora oggi deve lottare per cacciare i militari dalla politica.
PAVIN CHACHAVALPONGPUN, JAPANTIMES