“Sovrano è colui che decide sullo stato di eccezione” dice la dichiarazione famosa di Carl Schmitt che nell’affermare che la situazione non è più normale dice: “rivela nel modo più chiaro l’essenza dell’autorità dello stato”.
Giorgio Agamben allarga questa tesi scrivendo che nello stato dell’eccezione “Fatto e legge sono completamente confusi” e che la distinzione tra “questioni di fatto e questioni di legge non ha letteralmente più significato”.
Quando il generale Prayuth Chan-Ocha dichiarò il golpe il 22 maggio 2014, ancora una volta accompagnò lo stato dell’eccezione nella storia politica thailandese.. Lo stato dell’eccezione trova in Thailandia un terreno familiare. Sin dal 1947 lo stato dell’eccezione, per dire, è stata la regola. Potremmo concentrarci su tre caratteristiche fondamentali che hanno caratterizzato tipicamente lo stato thailandese dell’eccezione.
Primo, la politica in Thailandia è definita in senso stretto come quello che fanno i politici eletti, piuttosto che l’esercizio del potere pubblico. Il colpo di stato si giustificava sulla base di bloccare la violenza possibile tra movimenti politici e sulla cancellazione della corruzione politica.
Se la causa del conflitto sociale era la politica, allora doveva essere smantellata la politica. In quanto tale il regime militare ha iniziato un grande programma di depoliticizzazione con l’eliminazione della costituzione, di tutte le elezioni locali e nazionali e di tutti i copri rappresentativi popolari nazionali (le camere parlamentari). Insieme all’eliminazione dei politici e dei movimenti politici vi è la cancellazione del “Pubblico”.
Secondo, kwamphenthai, or Thailandesità, è stata inserita di nuovo nello spazio della politica popolare. E’ un eufemismo di sorta ad indicare la gerarchia socio politica della legittimazione che ha da tempo dominato il discorso politico conservatore thailandese. All’apice della gerarchia siedono i sovrani gemelli del capo del golpe e del monarca.
Liberi dalla macchia della politica entrambi rappresentano la guida morale. In modo quasi sacrale, possono attraversare i veli delle illusioni e guadare al reale realtà delle cose. Per il potere bangkokiano istruito, che vive in modo pulito, devoto al buddismo, che parla il thai appropriato, lo stato dell’eccezione significa che le cose sono tornate alla normalità. Quanto più la guida morale riesce a liberare la società thailandese degli effetti di corruzione della politica tanto più la società thailandese può viere la vera felicità.
Per quanto questa gerarchia funziona, necessariamente relega la vasta maggioranza, che è percepita come rurale, corruttibile, ignorante e meno thailandese, ai livelli più bassi. Incapace di accedere alla vera natura delle cose, le masse sono facili alla confusione e suscettibili verso il trucco demoniaco di ciò che non è thai (Quei cittadini thailandesi che hanno rinunciato in essenza alla loro thailandesità criticando la monarchia) ed antithai (i malvagi stranieri che non riescono a comprendere il golpe).
Fortunatamente il saggio governo militare ha emanato molte direttive che proibiscono la disseminazione di informazioni che possono confondere la gente. Se la volontà sovrana del popolo deve essere invocata di nuovo attraverso le elezioni, siate sicuri che quello per cui si vota sarà solo nominale, mentre la parte di potere maggioritaria sarà nelle mani dei capi morali nominati.
Terzo, la purificazione morale diventa la forza centrale dello stato thai dell’eccezione. Tali richieste ricordano le masse depoliticizzate della ripugnanza del recente passato politico, il bisogno di continuare a sradicare qualunque vestigia di corruzione e l’importanza di sottomettersi al sovrano per realizzare la più grande felicità della società.
Ma poiché la purificazione non è mai completa, lo stato dell’eccezione è invocato di nuovo ad ogni segno di corruzione.
Il linguaggio che lo stato di eccezione parla è essenzialmente legalistico. Potrebbe bene essere quello che dichiara che lo stato di ‘eccezione è sovrano, ma la forma ed i contorni di quello stato sono espressi in leggi.
Ogni nuova dichiarazione dello stato di eccezione inietta un intero nuovo se di leggi nel corpus delle leggi thai, capovolgendo completamente qualunque somiglianza di “normale” governo della legge.
Se si deve credere agli apologeti del colpo di stato, i decreti del golpe hanno la precedenza persino sulla cosiddetta “legge suprema” della costituzione dal momento che i primi possono cancellare l’ultima. Persino le leggi esistenti possono fuggire al reame normale delle leggi e diventare superinfuse.
La legge di lesa maestà e la sua pena incomparabile è un prodotto del golpe del 1976. E’ il massimo esempio del “concetto indeterminato” di Schmitt attraverso cui la (il)logica dello stato dell’eccezione, l’inversione del governo della legge, e l’ideologia della dittatura possono tutti convergere e focalizzare il potere dello stato (si veda l’articolo di Hewison).
Una fonte afferma che la polizia ha esaminato completamente solo 1000 delle 20 mila accuse di lesa maestà, su 1300 delle quali sono iniziate le indagini. Ci vorranno decenni perché finiscano le indagini di polizia estendendo così indefinitamente il regno dello stato dell’eccezione.
La questione ora è se questa ultimissima dichiarazione di stato di eccezione possa aver risonanza nella società thai intera come forse accadde nell’era d’oro della dittatura militare. Mentre offre ai dittatori un insieme attraente di strumenti per consolidare il potere reale, cionondimeno gli assegna dei rischi considerevoli.
Il periodo precedente al golpe è indispensabile una manipolazione chiara degli eventi e delle istituzioni che hanno tolto la legittimazione e li hanno fatto sembrare sempre più assurdi. Per il potere pieno, la presa del potere deve apparire necessaria. Più necessario sembra il golpe da venire, più si può prendere il potere legittimamente.
Eppure il regime è apparso sia paranoide che stupido, colpendo ad occhi chiusi contro ogni minaccia percepita. Ha messo al bando proteste, i saluti ispirati a Holliwood, la distribuzione sediziosa di panini o le letture di un libro di Orwell in pubblico. In una fuga di notizie il regime descrisse come una minaccia alla sicurezza nazionale una parodia da commedia sulla monarchia da parte di un attore inglese.
I militari ora perseguono una democrazia perfetta vuota di politica: un tentativo di mettere in posizione uno stato permanente di eccezione dove le tante volte “non normali” diventano normali. Persino più che nel 1958, quasi sei decenni dopo i militari sperano di creare uno stato neo assolutista dove la democrazia è per sempre bandita e rimpiazzata da una “democrazia” che ha pochissimi elementi che in altre parti del mondo definiscono la democrazia.
Ma è una scommessa per giunta rischiosa. É costruita sulla struttura pericolante della Thailandesità, su una monarchia per cui non esiste uno scenario di successione a cui l’istituzione possa sopravvivere indenne, e sulla nozione che la storia recente e le esperienze di democrazia possano essere tagliate dalla mente collettiva della nazione. Ma non è la stessa Thailandia del 1958, 1976 0 1991. Non lo è neanche la popolazione uguale. La democrazia in Thailandia potrebbe non essere inevitabile, ma le sue possibilità sono considerevolmente più alte del rimettere di nuovo nella bottiglia il genio della coscienza politica. Forse l’infinito stato dell’eccezione sta giungendo finalmente a termine.
DAVID STRECKFUSS, Il Ciclo della Crisi
Referimenti
Agamben, Georgio. 1998. Homo Sacer: Sovereign Power and Bare Life. Translated by Daniel Heller-Roazen. Stanford, Calif.: Stanford University Press.
Schmitt, Carl. 2005. Political Theology: Four Chapters on the Concept of Sovereignty. Edited and Translated by George Schwab. Chicago: University of Chicago Press.