Le affermazioni dei militari thai di essere politicamente neutrali, di stare cercando una soluzione pacifica alla crisi del paese e di voler genuinamente mediare una riconciliazione tra le differenti fazioni sono semplicemente degli inganni.
Guardandosi indietro al periodo che va da novembre 2013 al maggio 2014, era chiaro che i militari avevano cooperato con i manifestanti antigovernativi per rendere il paese ingovernabile per poter cacciare il governo del primo ministro Yingluck Shinawatra, sorella del deposto Thaksin.
In quel momento ci furono dimostrazioni continue contro il governo, accompagnate dall’occupazione degli edifici statali, dal blocco delle strade e ci fu il sabotaggio delle elezioni di febbraio.
I manifestanti tennero Bangkok in ostaggio sfidando i mandati di arresto e usando la violenza contro alcune “magliette rosse” che sostenevano il governo Yingluck. Mentre le “magliette gialle” antigovernative vagavano per le strade senza aver cura della legge, i militari attendevano il momento giusto per intervenire direttamente nella politica. Era chiaro che la situazione caotica serviva alla legittimità del golpe.
Inoltre, mentre i politici del Puea Thai erano inviati o, persino in alcuni casi, arrestati dopo il golpe, nessun membro della fazione guidata da Suthep è stata mai arrestata. E’ stato permesso loro di poter continuare la loro attività politica, come le varie feste del dopo golpe organizzate per celebrare quello che sembrava il trionfo politico, terminato nel golpe militare.
Il generale Nimmano, che fa da vicecomandante della Polizia Metropolitana di Bangkok ha persino presenziato ad una festa di compleanno per Suthep il 5 di luglio, nonostante gli incontri politici fossero vietati dai militari. Questo ha riaffermato l’esistenza di un piano disegnato da militari e manifestanti antigovernativi di rimuovere Yingluck dal governo.
Ripensandoci, ero tra i tanti analisti che erano inizialmente convinti che non fosse giunto il momento di un golpe semplicemente perché il golpe precedente del 2006 offrì alcune lezioni importanti per i militari. Fu quel golpe a dare origine al movimento delle magliette rosse con la loro agenda fortemente antigolpista. Avevo creduto che i militari non avrebbero voluto intrappolarsi di nuovo in un’altra situazione complicata. Per una ragione, che la repressione brutale sulle magliette rosse per mano dei militare nel distretto Rachaprasong nel 2010 non era stata risolta, e nessun soldato portato davanti alla giustizia. Essendo questa situazione ancora in piedi avrebbe dovuto tenere i militari fuori dalla politica.
E’ importante notare che i militari non hanno mai lavorato da soli nel lanciare il golpe ricevendo spesso istruzioni dal Palazzo Reale. Comunque sembra che la monarchia non si trovasse in una posizione tale da influenzare la politica interna come accadeva prima. In parte perché il Re è in uno stato di cattiva salute in aggiunta ai tanti anni di autopoliticizzazione. Quando non ci sono istruzioni dal palazzo la mossa migliore per i militari era quella di non farne alcuna.
C’erano altre armi politiche che si sarebbero potute usare per minare l’opposizione politica, rendendo lo strumento crudo del golpe militare non necessario o persino controproducente. Qui il ruolo delle corti e delle agenzie indipendenti dello stato è fondamentale.
Nei mesi precedenti al golpe, queste istituzioni lanciarono con chiarezza coordinati attacchi contro il governo di Yingluck, mente la corte costituzionale le ordinava di dimettersi per il caso bizzarro del trasferimento di Thawin Plainsiri dalla sua posizione di capo della NSC e mentre la Commissione contro la corruzione indagava con ardore sul progetto di sostegno al prezzo del riso.
A completamento in seguito allo scioglimento del parlamento a dicembre, la commissione elettorale fece inizialmente ostruzione sul piano del governo di tenere nuove elezioni. Nel frattempo la partigiana Commissione Nazionale dei diritti umani, guidata da Amara Pongsapich, era stata piuttosto calma quando i manifestanti guidati da Suthep minacciarono i diritti elettorali dei loro cittadini Thai bloccando i seggi elettorali e persino minacciando chi andava a votare.
Piuttosto Amara si affrettò a condannare il governo appena possibile, avvisando per esempio Yingluck a non “toccare” i manifestanti. Fu questo a farmi ritenere ridondante un golpe. Nel frattempo Yingluck restò passiva accettando di dimettersi su richiesta della Corte Costituzionale. Ovviamente sembrò non esserci incentivo al golpe. Ma come mi sbagliavo!
Prendendo in considerazione il contesto in tanti modi il golpe giunse come una sorpresa. La sua natura repentina potrebbe stare ad indicare alcuni cambiamenti tra le mura del palazzo reale a Bangkok. Senza solida prova, comunque, tutte le discussioni su cosa è accaduto tra le figure chiave resta pura speculazione.
Invece il golpe del 2014 è stato un golpe reale. Ma è un golpe reale in un contesto politico appena differente dal quello del 2006. Allora, i militari ed il palazzo reale lavorarono assieme per provare a rimuovere permanentemente Thaksin, che era il primo ministro eletto nel 2001, dalla scena politica del paese. Thaksin era emerso come una minaccia possibile al dominio politico, alla ricchezza economica e allo status sociale del vecchio potere del paese.
Le efficaci politiche populiste ebbero successo nel conquistare la mente ed il cuore delle regioni remote del paese in competizione quindi con i lunghi anni dei progetti reali che sostenevano la relazione tra re e suoi sudditi.
Il golpe del 2014 fu lanciato per gestire l’imminente successione reale. Perciò è stato un golpe reale con il compito urgente di riportare il controllo politico della Thailandia. “E’ come il gioco musicale delle sedie. Quando si ferma la musica, quando il re muore, chiunque ha il potere deve organizzare i prossimi passi” diceva Ernest Bower un esperto di Washington.
Liberarsi di Thaksin e dei suoi amici resta la priorità, ma ancora più importante il golpisti volevano assicurarsi che il prossimo monarca avrebbe dato benefici alla loro posizione nella struttura di potere del paese. E’ un segreto che tutti sanno che i membri fondamentali della “rete monarchica”, guidata dal vecchio potere, hanno espresso disapprovazione per l’erede al trono, principe Vajiralongkorn.
Nel 2010 Wikileaks pubblicò vari cablogrammi delle discussioni tra il consiglio della corona con Prem Tinsulanond, Anand Panyarachum e Siddhi Savetsila e John Eric ambasciatore USA in Thailandia fino al 2010. I contenuti rivelarono che i rappresentanti del Palazzo percepivano il principe come inadatto ad essere il prossimo monarca.
I circoli stretti del Palazzo sentivano che il principe non era una buona scelta, per la sua vita personale complicata e la mancanza di popolarità e di autorità morale nella popolazione. Ma ancora più importante, cosa che l’elite tradizionale temeva ancor di più, era la possibilità che il principe avesse forgiato qualche tipo di alleanza politica con Thaksin come riportato nei giornali un decennio prima.
Questa potrebbe essere la causa sottostante al golpe del 2014. I militari potrebbero cercare di restare al potere fino alla completa successione reale. Il primo ministro e capo dei militari Prayuth è conosciuto come un duro monarchico ed ha affermato che le violazioni della legge controversa di lesa maestà saranno ascoltate danzi ai tribunali militari piuttosto che civili.
Naturalmente nessuno saprà mai della natura reale della relazione tra Thaksin ed il principe ereditario. Eppure ha creato abbastanza ansia da parte del palazzo e della sua rete da assicurarsi che, durante la transizione reale, loro devono essere a presiedere il parlamento e che i militari devono essere dalla loro parte. L’elite e ha avuto bisogno anche di assicurarsi che Thaksin e i suoi amici non potessero prendere decisioni che potrebbero toccare la successione reale in modi che potrebbero favorire gli interessi di Thaksin.
E’ presto per dire che la rete monarchica abbia in mete un candidato alternativo come prossimo re. Ma secondo la legge di successione è chiaro e innegabile che il principe ereditario salirà al trono. Ricevette il titolo nel 1972, il passo essenziale che prepara il re in attesa al trono. C’è la percezione errata che la principessa Maha Chakri Siridhorn, la sorella più giovane, sia stata elevata a Principessa ereditaria. Non è vero.
Discussioni su altri candidati riflettono dei desideri, o una speranza solitaria, da parte dei membri della elite che desiderano sostituire Vajiralongkorn con Siridhorn.
La transizione imminente e gli impatti politici
Non si vuole qui discutere dei possibili candidati a prossimo monarca della Thailandia, quanto discutere le ragioni per cui la successione reale sia diventata così importante per la Thailandia da ridare forma ai contorni della sua politica, e quanto la crisi si sia approfondita all’alba della transizione reale.
Prima cosa, si deve ammettere che la monarchia ha un ruolo immenso nella politica e che Re Bhumibol è stato un attore politico attivo. Il Re siede all’apice della struttura politica, e sin dai primi giorni della Guerra Fredda ha lavorato strettamente con i militari per costruire un nuovo panorama politico.
Andrew Walker, studioso australiano dice: “Il fallimento democratico ella Thailandia è l’eredità più forte del lungo regno di Re Bhumibol. Pe decenni le forze antidemocratiche hanno potuto usare l’immagine del re per minare la credibilità dei politici eletti. Una lunga serie di golpe sono stati lanciati in nome del Re per proteggere il paese dalla rapacità dei suoi politici corrotti.
Il re non ha mai usato la sua statura enorme per sfidare l’uso della forza militare per abbattere un governo eletto, ma ha consistentemente permesso che siano stati fatti in suo nome atti antidemocratici. Sin dalla presa di potere di Prayuth non c’è stata una parola dal palazzo sull’importanza di proteggere il sistema democratico del paese. L’investimento estremo della Thailandia nella Monarchia come simbolo di unità nazionale significa che non hanno mai potuto avere sviluppo istituzioni che possono gestire il conflitto in modo costruttivo.”
Triste ma improbabile che la monarchia vorrà, per ora, negoziare con la democrazia.
Il prossimo stallo politico significativo è l’impatto del golpe sul panorama politico e sociale della Thailandia. Il fatto che la monarchia si è politicizzata nei decenni, mentre apertamente prendeva le parti nella divisione politica, accelererà il suo declino.
Allo stesso tempo, c’è stato un crescente numero di casi di lesa maestà sin dal golpe del 2006. Più i difensori realisti usano la legge come un’arma, più danneggerà la monarchia, e l’uso eccessivo potrebbe inevitabilmente portare alla fine dell’istituzione. Attualmente la giunta vuol mettere in silenzio non solo chi critica il golpe, ma anche chi critica la monarchia. Scrittori, studiosi sono in pericolo, non solo perché hanno apertamente criticato il golpe ma anche poiché sono visti come una minaccia alla monarchia.
Nonostante questa visione pessimistica della risi politica attuale, l’eventuale successione reale, nel lungo periodo, potrebbe dare benefici alla democrazia thailandese. Qualunque conflitto nel palazzo sarebbe una situazione a perdere per l’attuale dinastia Chakri. Conflitti tra i contendenti al trono porterebbero instabilità alla monarchia, e forse aiutare a trovare un nuova via per fiorire alla democrazia.
Seconda cosa, lo stesso esercito darà colpito dal golpe. E’ il XIX golpe dall’abolizione nel 1932 della monarchia assoluta e di sicuro approfondirà il coinvolgimento dei militari nella vita politica. I militari hanno perso da tempo la loro professionalità. Il golpe ha aperto la strada ai militari per perpetuare il loro ruolo nella politica. Ed una volta entrati è difficile ritirarsi. Questa volta, come nelle tante volt passate, i militari hanno usato, per giustificare il loro intervento, la missione cosiddetta di difendere la monarchia.
Questo spiega perché i militari sono pronti a sfruttare la legge di lesa maestà per provare la propria responsabilità e dover di difesa della monarchia che a sua volta significa difendere la sicurezza nazionale. Ma più restano nella politica più serviranno ad ostruire la democratizzazione.
I militari hanno già cercato di indebolire le istituzioni democratiche, preoccupati dalla paura che politici forti, come Thaksin, possano tornare sulla scena politica.. Si attende perciò che i militari ridisegneranno la costituzione perché sia ancor meno democratica. Alcun sospettano che la giunta voglia applicare il modello parlamentare birmano che riserva il 25 % dei seggi ai militari.
Alternativamente i capi golpisti potrebbero optare per una combinazione di membri eletti e nominati del parlamento. E se l’obiettivo ultimo è controllare la successione reale, che potrebbe essere nel giro di qualche anno, potremmo vedere i militari ancor più radicati nella politica.
Per le prospettive di lungo termine è pericoloso. I militari hanno iniziato il processo di smantellamento del movimento delle magliette rosse nelle regioni del nord e nordest, dove le truppe sono state inviate per attaccare e incarcerare i suoi militanti. Moti villaggi delle magliette rosse sono state chiusi ed i capi centrali della comunità detenuti e rilasciati a condizione di non far più politica nel futuro. Alcuni sono stati costretti a fare amicizia con le magliette gialle. Agli inizi di luglio ci son ostati casi di un venditore di pesce costretto a togliersi la sua maglietta rossa, o di un altro costretto a togliere gli adesivi delle magliette rosse. Tutto ciò indebolisce la rete democratica in Thailandia.
Terza cosa, il golpe avrà delle conseguenze per le istituzioni statali fondamentali indipendenti come i tribunali. E’ chiaro che nel passato decennio queste istituzioni non sono state davvero indipendenti ma strumentali alla elite di potere per minare l’opposizione.
Nel periodo che ha portato al golpe c’è stato un formulato attacco contro le istituzioni democratiche per abbattere Yingluck. Queste istituzioni si sono politicizzate ed uste dai capi del paese per salvaguardare i propri interessi. Ma nel fare così hanno destabilizzato il sistema giudiziario. Nel lungo periodo se le orti non garantiranno la giustizia pe i cittadini resterà una fonte di conflitto e la violenza potrebbe essere inevitabile.
Infatti il ruolo politico dei tribunali ha già istigato un senso di rabbia e risentimento tra le magliette rosse sulla persistente ingiustizia e i doppi standard del sistema giudiziario.
Quarta cosa, la società Thai assaporerà direttamente il frutto amaro del golpe. La polarizzazione profonda è andata ben al di là della riconciliazione. Cominciò tutto nel 2005 quando le magliette gialle del PAD iniziarono a politicizzare la monarchia per separarla dai suoi nemici. Una linea di faglia politica è stata disegnata lungo la monarchia fino al punto che chi è in disaccordo sarà definito un nemico.
Eppure la retorica è continuata la retorica tra la famiglia reale e i generali sul bisogno di creare un regno di unità, riconciliazione ed ora di “felicità”. Il fatto che i militari si sono impegnati a reprimere contro un solo colore mentre lasciano intoccato “l’altro colore” è un doppio standard. Il golpe non ha fatto null’altro che allargare la divisione nella società. Se tutte le parti non verranno ai termini con i cambiamenti politici del paese ed inizieranno a rispettare il governo democratico, la Thailandia non potrebbe mai essere una società stabile.
Dove si dirige da qui la Thailandia? Sembra che i militari sono qui per restare facendo l’assunzione che la loro interferenza nella politica è legata alla transizione reale. Il capo dell’esercito non ha detto chiaramente quando ci sarà un’elezione. Le prospettive a breve per il paese restano oscure. Le libertà saranno tagliate, i media ulteriormente controllate ed i partiti cesseranno di esistere.
Le violazioni dei diritti umani saranno una nuova normalità. Nel lungo periodo la Thailandia si muoverà andando indietro forse fino agli anni 60, quando i regimi autoritari erano considerati una necessità politica col pretesto che la società thai bisogna di essere urgentemente guarita e solo i militari possono fare il lavoro.
Senza dubbio, la successione reale aggiungerà un altro strato di complicazione alla politica thai. Se Vajiralongkorn diventa il prossimo re, i monarchici forse non saranno felici, mentre i suoi sostenitori, forse nel campo delle magliette rosse, potrebbero approvare. Questo prolungherà il conflitto. Se è la principessa a diventare in qualche modo monarca, allora c’è un più grande problema ad attendere la Thailandia. Una lotta reale verrà a definire la vita politica thailandese, dal momento che l’erede legittimo eserciterà il suo diritto legittimo a difendere il suo trono. Il paese potrebbe scivolare nel coma politico.
Da qualche parte la democrazia alla fine riemergerà. La domanda è: Quando e sotto che forma? Ci vorrà tempo prima di poter restaurare la democrazia specialmente dopo tanti anni di politica dominata dalla rete monarchica. Si spera che un nuovo monarca che operi in un ambiente politico diverso realizzerà che la monarchia dovrà adattarsi e diventare compatibile con la democrazia. La sua sopravvivenza dipende da quanto bene fa.
I militari sono dentro la politica da vari decenni, e sarà una sfida per i futuri governi civili depoliticizzare i militari. Non sarà una cosa facile, e i militari non lo permetteranno facilmente, come è stato chiaro nel caso del governo Thaksin quando provò a mettere da parte i militari nel suo premierato con il risultato del golpe del 2006.
Comunque si deve tenere in mente che mentre i fattori domestici, il ruolo del futuro monarca e le possibili azioni delle magliette rosse, sono importanti, i fattori internazionali possono giocare un ruolo nel rafforzare la battuta democrazia della Thailandia. La democratizzazione ha attraversato tutto il Sud Est Asiatico, l’Indonesia il caso più chiaro, ma persino la Birmania sembra mettersi in quella direzione.
La Thailandia non può voltare le sue spalle a tale fenomeno. Le pressioni esterne giungeranno ad influenzare in parte i futuri governi nel farli accettare norme e pratiche internazionali, e nel comportarsi come membri responsabili della comunità internazionale.
PAVIN CHACHAVALPONGPUN, Asiasentinel