Un altro aspetto è legato all’uso sempre più massiccio della lesa maestà per mettere la museruola alla società thai e vietare di parlare di argomenti scottanti. Questa legge è stata usata contro alcuni ufficiali di polizia arrestati. Nell’articolo del NYT si presenta un quadro di questa situazione.
La famiglia della pricipessa thailandese privata del nome reale, Thomas Fuller, NYT
In una rara manifestazione pubblica degli intrighi di palazzo in Thailandia, i familiari di un membro importante della famiglia reale sono stati accusati di numerose accuse di corruzione e privati del loro titolo reale acquisito.
I membri della famiglia presi di mira dalla purga sono parenti della principessa Srisam, moglie del principe ereditario Vajiralongkorn e madre del principe Dipangkorn Rasmijoti, il presunto erede al trono dopo suo padre.
Lo scandalo ha iniziato a manifestarsi con l’arresto di un gruppo di ufficiali di polizia che ha legami alla famiglia della principessa. Il gruppo che la polizia dice essere guidato dal generale Pongpat Chayapan, ex capo dell’unità di indagini criminali, è stato accusato di gestire casinò illegali, di contrabbando di petrolio e di riciclaggio di denaro sporco tra i tanti crimini.
Per i media sono stati messi in mostra i trofei di quello che la polizia dice sia la ricchezza illecita che hanno occupato le pagine principali dei giornali di questi giorni, e tra essi troviamo anche un piccolo museo di reliquie buddiste. La polizia dice di aver sequestrato 24 lingotti di oro, amuleti di immagini di budda, titoli di proprietà e carichi di legname pregiato. Molte cose sono state ritrovate in un deposito sotterraneo che è stato abbattuto con macchine di movimento terra.
I rapporti sulla corruzione della polizia thailandese sono cosa comune ma questa svolta altamente inusuale in questo caso è stata l’accusa di lesa maestà, non ancora ben delineata dalle autorità, secondo cui gli accusati usavano i simboli della monarchia per i loro propri benefici.
Sabato le autorità rilasciarono una lettera inviata dall’ufficio del Principe Ereditario che ordinava al governo di rimuovere il nome reale dai membri della famiglia della moglie, Akkarapongpreecha.
L’ordine sembra lasciare in una posizione fragile la principessa Srisam, che prima di sposare il principe nel 2001 era una cittadina comune.
Eppure come c’è da attendersi con le questioni reali in Thailandia, lo scandalo è riportato in termini vaghi e indiretti, e si pongono o si rispondono pubblicamente poche questioni fondamentali.
«Vorrei informare la stampa che questa è una questione importante, sensibile» ha detto il capo della polizia Somyot Poompanmoung ai media. «Talvolta non possiamo rivelare informazioni profonde e dettagliate.»
Alcuni aspetti della azione repressiva restano avvolti nel mistero. Uno dei poliziotti accusati di corruzione, il colonnello Akkharawut Limrat, è morto dopo essere caduto da un palazzo. Il suo corpo è stato immediatamente cremato contrariamente alla pratica buddista. La polizia ha rivelato molto poco della morte tacendo persino dove sarebbe accaduta.
Il colonnello Prawut Thavornsiri portavoce della polizia ha detto: «Era sotto stress così si è buttato da un palazzo ed è morto».
La discussione in Thailandia, una società allegra e libera, è stata resa muta, per lo meno pubblicamente, sui possibili motivi della repressione e le implicazioni sulla monarchia.
«E’ un silenzio assordante» ha detto Thongchai Winichakul, docente di storia del Sudestasiatico presso la Wisconsin-Madison University, che si sente libero di discutere la questione poiché vive fuori della Thailandia. «Questo soggetto è vietato alla discussione aperta e ragionevole. La cosa dice moltissimo della società thailandese di oggi».
L’uso della legge di lesa maestà contro Pongpat che fino a non molto tempo fa era uno dei membri più anziani della forza di polizia sembra ulteriormente espandere l’estensione della legge controversa.
Negli ultimi anni almeno un membro della famiglia reale ha suggerito che coscienza ed ammirazione per la monarchia sono decadute almeno tra i giovani. In parte in risposta le autorità sono diventate più aggressive nel portare avanti le accuse di lesa maestà. Chiunque può lanciare un’accusa di lesa maestà in Thailandia e la legge ha così trasformato ogni thai in un nemico dell’altro thai.
Un tassista fu condannato all’inizio di quest’anno a due anni e sei mesi di carcere dopo che il suo passeggero aveva registrato sul suo telefono una conversazione con il tassista che la corte ritenne essere un insulto alla monarchia.
Ad ottobre un uomo di 67 anni fu arrestato in un grande magazzino a Bangkok per aver scarabocchiato un messaggio criptico ritenuto offensivo contro la monarchia. La sicurezza del grande magazzino consegnarono l’uomo ai militari. Resta tuttora in prigione e nonostante i problemi di salute gli è stata negata per quattro volte la libertà provvisoria.
La legge di lesa maestà porta ad una condanna fi prigione fino a 15 anni per chiunque diffami, insulti o minacci «Il Re, la Regina, L’erede al trono o il Reggente».
La protezione della misura sembra sia stata estesa al di là dei monarchi viventi. Ad ottobre due ufficiali di carriera hanno portato le accuse contro un noto intellettuale thailandese Sulak Sivaraksa per aver detto che un duello di elefanti di un Re dell’antichità thai era una leggenda e non un fatto. Il re in questione era Naresuan morto nel 1605.
Lo studioso specializzato sulla Thailandia e sulla lesa maestà, David Streckfuss ha detto di attendersi che la legge sarà sempre più usata nei mesi prossimi.
«Comunque vada la successione, la legge di lesa maestà assicura il silenzio della società thailandese». ha detto lo studioso.
THOMAS FULLER, NYT