Ormai tutto il mondo sa dei tragici omicidi che hanno avuto luogo a Parigi negli uffici della rivista satirica Charlie Hebdo.
Il fatto che sappiamo di questo evento e che ne scriviamo significa che i terroristi che hanno portato avanti l’attacco di mercoledì hanno vinto il Primo Set nella loro campagna di terrore: pubblicizzare le loro azioni e colpire la paura nel cuore di tanti.
Non possiamo permettere loro di guadagnare ulteriore terreno.
Charlie Hedbo, come la sua controparte Le Canard enchaîné, è una pubblicazione satirica che si è scagliata su tantissime questioni che vanno dal razzismo alla corruzione politica, ai contratti di affari cupi all’abuso del potere politico.
Nel corso del proprio lavoro ha anche attaccato politici, celebrità, demagoghi populisti e figure religiose. Ironicamente i suoi lettori, che non sono stati mai tanti come i giornali scandalistici più popolari, appartengono ai professionisti della sinistra più istruita che sono tradizionalmente associati con settori della società francese più democratici, più mentalmente aperti e più tolleranti.
E’ una rivista che ha costantemente posto la questione del trattamento delle minoranze e degli immigrati, ed è da sempre una spada nel fianco della estrema destra nazionalista francese.
E’ toccante che Charlie Hedbo, conosciuta per la sua dura e consistente difesa delle libertà civili per tutti, è stata presa di mira dalle stesse persone per i cui diritti si è battuta.
Attaccando gli uffici di Charlie Hedbo ed uccidendo alcuni della redazione e disegnatori, i responsabili sembrano essere stati spinti da una intenzione più nichilista di seminare in modo deliberato ulteriore razzismo, discordia e sfiducia tra i francesi.
Nonostante la condanna dell’attacco da parte degli intellettuali musulmani europei come il professor Tariq Ramadan ed il fatto che i media francesi abbiano messo in luce il fatto che tra quelli uccisi ci sia un poliziotto francese musulmano, questo ultimissimo episodio sarà usato dalla destra estrema nazionalista come una scusa per una campagna ancora più assordante contro le minoranze e gli immigrati nei loro paesi.
Quello che succederà in Francia nei prossimi giorni e nelle prossime settimane sarà un test di resilienza nazionale del paese e se la società francese può unirsi in un momento di crisi nazionale.
Se il centro politico francese, come conseguenza dell’evento, dovesse spostarsi più a destra, quello sarebbe un segnale di una vittoria singolare per i terroristi che essi stessi sono una minoranza dentro una minoranza nella loro propria comunità.
Il nascente sentimento contro la minoranza dividerebbe ulteriormente la società francese, indebolendo le voci dei democratici moderati e approfondendo le ansie dei gruppi di minoranza. Un tale sviluppo andrebbe contro i cari principi della Repubblica Francese: assimilazione incolore, difesa della libertà di parola e protezione dei giornalisti.
Questo può solo portare ad una divisione sociale più profonda tra comunità minoritarie e maggioritarie, e allevare una relazione di opposizione che risulti in un circolo vizioso di antagonismo e vendetta. Il risultato netto sarà un’erosione della base di mezzo moderata che sostiene la stabilità di qualunque società.
I servizi di sicurezza e dello stato francese devono trattare con questo problema reale e molto serio di estremismo violento con grande sensibilità. Gli sforzi di eliminare il problema dell’estremismo dovrebbe includere la partecipazione attiva e significativa di tutte le comunità.
I paesi europei e di tutte le altre parti del mondo hanno bisogno di essere circospetti nell’uso di un’eccessiva violenza di stato per reprimere le minoranze. Non si deve cadere nella trappola preparata dai terroristi.
Ed attende i terroristi persino una vittoria più grande se la Francia nel suo complesso o qualunque altro paese importante dovesse sprofondare in uno stato di costante paura. Quando si ha a che fare con la minaccia terroristica gli stati e le società devono essere risoluti. Soprattutto non dobbiamo permettere ai terroristi di ottenere quello che vogliono che è di creare un panico morale più diffuso per tutti.
Farish Noor, STRAITS TIMES