Mentre l’Indonesia, ora guidata dal presidente Widodo e il vicepresidente Kalla, guarda al futuro e ridefinisce il proprio posto nell’ASEAN e nel mondo, i capi del paese e i grandi soggetti di interesse hanno iniziato a prevedere la possibile traiettoria che prenderà nei prossimi anni.
A dare uno sguardo interessante e dall’interno è una pubblicazione della Indonesian State Intelligence Agency (BIN) con un suo libro Verso il 2014-2019 sul come Giacarta vede il proprio futuro e quello che desidera raggiungere nei prossimi cinque anni.
Il fatto che il libro è stato scritto in inglese suggerisce che era inteso per una maggiore considerazione al di là dell’Indonesia: l’elite tecnocratica del paese vuole che sia conosciuta la propria opinione all’estero e che se ne tenga conto.
Iniziato dal generale, ora pensionato, Marciano Norman ed editato dall’ex ministro Hikam, il libro mette insieme la ricerca combinata di vari specialisti ed accademici noti indonesiani come pure ai resoconti di molti gruppi di discussione.
Partendo da una prospettiva globale, il libro inizia offrendo una valutazione indonesiana dello stato degli affari globali. Nel citare la crisi ucraina come esempio e il conflitto in Siria gli autori affermano che le “vecchie potenze mondiali” competono ancora sul palcoscenico geostrategico mondiale.
Nel riconoscere il ruolo un tempo centrale giocato dagli USA come unica potenza globale, gli autori guardano alla Russia, alla Cina e all’Europa come altre fonti di potere e affermano che ora Giacarta si trova in un mondo più complesso dove si presentano da soli i modelli ed i paradigmi alternativi di sviluppo.
E’ in questo contesto di un mondo sempre più plurale e complesso che l’Indonesia cerca di trovare la propria nicchia ed allinearsi con potenze con cui è in sintonia. Gli autori notano che la Cina, diversamente dagli USA, sembra sia una grande potenza che non vuole trasmettere il suo sistema di valori agli altri alleati ed è capace di accettare la diversità e la differenza in modelli politici e di sviluppo. Di converso la promozione dell’occidente della democrazia in situazioni come la rivolta della Primavera Araba non ha portato a chiari risultati.
Tra la retorica sulla democratizzazione ed i benefici reali materiali come l’investimento straniero, gli autori sembrano più inclini verso i secondi e notano che gli investimenti cinesi in Asia e Africa hanno portato a risultati materiali tangibili.
Quindi indipendentemente dalla dipendenza militare strategica che Giacarta ha avuto con i suoi alleati occidentali nel passato, gli autori svoltano in direzione del pragmatismo e notano che nel decennio prossimo i partner economici indonesiani saranno probabilmente asiatici e che il paese avrà bisogno di battersi da sola nell’assicurarsi l’energia, gli alimenti e la sicurezza delle risorse.
Consci della crescita delle nuove grandi potenze gli autori affermano che l’ASEAN resta importante ma ha bisogno di sviluppare non solo una modalità di relazioni interne, ma anche una modalità per accomodare la presenza di grandi paesi nella regione.
Ancora, a dominare la discussione qui sono il pragmatismo e gli interessi nazionali.
L’Indonesia apprezza la pace e la stabilità che l’ASEAN ha creato, ma ora desidera che l’ASEAN si adatti all’ambiente globale che cambia dove le grandi potenze cominceranno a giocare un ruolo più visibile nella regione, in modo notevole la Cina, che “continua a registrare la più alta crescita economica”.
Di fronte a queste realtà e conscia del bisogno di investimenti nel paese da paesi vicini, gli autori affermano che il paese ha bisogno di promuovere per primo i suoi propri interessi economici e guardare verso la sicurezza alimentare, energetica e di sicurezza di risorse nel futuro, dal momento che sarà una delle più importanti basi di risorse al mondo.
Mentre Giacarta ha bisogno di mantenere i propri legami di amicizia con i vicini e gli alleati, si sottolinea “la protezione degli interessi nazionali tra gli altri affari dei paesi”
Gli autori accettano il fatto che l’Indonesia andrà di fronte a sviluppi imprevedibili che sono nuovi per il paese. “La mappa dei rischi” è larga: la rivoluzione di internet, la crescente urbanizzazione, l’ascesa di forme etniche e religiose di solidarietà locale, e la minaccia dell’estremismo religioso tutti pongono sfide al mantenimento e perpetuazione dell’idea di una repubblica indonesiana singolare.
Si possono trattenere queste spinte centrifughe solo con un apparato dello stato eccezionale che raccoglie e soddisfa le crescenti domande e attese di una popolazione sempre più esigente politicamente.
E’ a quel fine che gli autori insistono che è fondamentale assicurare i bisogni economici del paese affinché l’Indonesia debba raggiungere il decollo e affinché sia uno stato autosufficiente per rimanere insieme.
L’Indonesia non solo deve superare la trappola del paese a medie entrate, ma la sua elite politica ha anche bisogno di assicurare che la sua ricchezza rimanga nelle mani degli indonesiani e non nelle mani di capitali esteri predatori. E’ in quel contesto che si discutono le politiche marittime, agricole ed energetiche, legate ad un obiettivo più vasto della costruzione della nazione e del consolidamento del potere dello stato.
Nel complesso la pubblicazione di questo libro è sia tempestiva che importante. Tempestiva perché giunge all’inizio del periodo di presidenza Jokowi Kalla e dà ai lettori qualche sguardo profondo nei punti di vista, valori e ambizioni della elite tecnocratica del paese.
E’ anche importante ricordare a noi stessi che la direzione politica che questo nuovo governo prenderà sarà probabilmente attento ai bisogni nazionali e agli interessi nazionali sopra ogni cosa.
Farish Noor TodayOnline