Chi governa la Thailandia oggi ha fatto del linguaggio ambiguo una strategia centrale del proprio governo trasformandola nell’arte dell’assurdo.
Nel primo anno seguito al colpo di stato NCPO del 22 maggio, la giunta militare ha convocato 751 persone tra i quali un vasto numero di intellettuali, di esponenti delle varie reti politiche e tutti coloro che la giunta considerava propri oppositori. Questa gente è stata detenuta in modo vario, interrogata, intimidita o semplicemente avvisata a smettere la propria attività di opposizione al golpe. Di conseguenza alcuni sono stati accusati formalmente ma la gran parte è stata rilasciata dopo aver firmato un documento dove si affermava che non avrebbero più partecipato ad attività politiche contro la giunta.
Lo scopo di queste convocazioni, ha detto la giunta, era quello di “un aggiustamento di attitudini”.
Durante il primo anno sotto la giunta, la critica nazionale è stata rapida e spesso pubblicamente punita. Gi intellettuali e i forum pubblici di politica sono stati interrotti o cancellati, o per lo meno sorvegliati. Avvengono con poca attenzione al giusto processo le persecuzioni fortemente politicizzate contro le persone accusate di lesa maestà e politici associati col governo precedente. E’ diffuso l’accaparramento delle risorse in tutto il paese a spese della terra e del sostentamento dei cittadini di tutto il paese, e tutto questo accade in nome della “riconciliazione”.
“Riforma” è un’altra parola fondamentale usata dal regime per descrivere i cambiamenti apportati dagli ordini della giunta o previsti nella bozza di costituzione. Queste misure, piuttosto che miglioramenti sono un riportare indietro di 30 anni l’orologio politico rispetto alla democrazia, alla decentralizzazione e al ruolo dei militari nella politica.
Si pinge avanti la “riforma” sotto lo slogan “far avanzare la Thailandia” per “ridare la felicità alla gente” nonostante la soppressione continua, l’ingiustizia e le notizie tristi dell’economia.
Per la NCPO riconciliazione significa eliminazione del chiaro conflitto sociale o politico. Aggiustamento delle attitudini vuol dire accettare con obbedienza l’indottrinamento della giunta. Riforma significa ritornare ad un tempo prima della democrazia. Il linguaggio ambiguo orwelliano è rampante nella Thailandia del NCPO.
Il linguaggio ambiguo non è né nuovo né specifico della Thailandia. Nel 2010 il governo di Abhisit ordinò la repressione violenta delle dimostrazioni delle magliette rosse nel centro di Bangkok riferendosi ad esso come “riprendersi lo spazio”. Durante il regime dell’Ordine Nuovo in Indonesia negli anni dal 1965 al 1998, decine di migliaia furono spediti nelle isole prigione sotto il “progetto Umanitario”. Allora come allora, dietro il bisogno di rendere confuso tutto, le parole eloquenti non riescono a mascherare la violenza.
L’attuale linguaggio ambiguo differisce comunque dai precedenti in vari modi.
Il linguaggio ambiguo della giunta, in primo luogo, è efficace perché i loro sostenitori, i settori potenti e ricchi del paese, condividono la comprensione di questi concetti chiave. Alla giunta e ai suoi sostenitori, democrazia significa governo da parte di persone virtuose e senza corruzione che possono portare “armonia”, un termine diffuso in Thailandia. Credono nella unicità della democrazia in salsa thailandese con il governo della “gente morale” che governa in nome di una monarchia benevole. Il mezzo con cui si raggiunge questo tipo di governo è meno importante della integrità morale. Mettono a contrasto questo con la democrazia occidentale che dicono porta all’elezione di politici corrotti da parte di gente ignorante.
E’ il retaggio dell’era passata della politica del Dharma buddista. Dopo tutto “buon governo” in Thai si traduce letteralmente come “Governo secondo il Dharma”, o governo per via divina. “Armonia” che significa mantenere l’ordine sociale e l’assenza di seri conflitti, è il marchio del governo secondo il Dharma. All’interno di questo quadro, riconciliazione non coinvolge la verità o la giustizia quanto piuttosto l’apparenza di armonia mentre si butta sotto il tappeto il dissenso.
In secondo luogo, c’è una differenza immensa nella comprensione di questi termini fondamentali tra i sostenitori interni della giunta da un lato e i suoi dissidenti e la comunità internazionale dall’altro. La giunta sa che un vasto settore della popolazione si oppone al loro governo e non si fa, neanche per un secondo, ingannare dal linguaggio ambiguo.
La giunta è conscia di questo fallimento ma continua ad impiegare il linguaggio ambiguo per consolidare i sostegno interno, e deve quindi trattare questa differenza tra i sostenitori e gli oppositori particolarmente la comunità internazionale. I critici locali affrontano la discriminazione, l’arresto e la detenzione.
In risposta alla critica dell’ONU, di Amnesty Internationale, HRW ed i governi democratici nel mondo, la giunta nega del tutto di fare violazioni di diritti umani, di restringere la libertà e di manomettere la democrazia. La soppressione pesante a livello nazionale e il disprezzo delle critiche della comunità Internazionale serve allo stesso scopo di riaffermare e rafforzare il sostegno nazionale.
In terzo luogo, e cosa più importante, la ripetizione ed estensione del linguaggio ambiguo nel tempo, insieme alla criminalizzazione della giunta, negano la verità e producono impunità per la violenza di stato. Quando il regime confonde la detenzione e la tortura come “aggiustamento di attitudini” seguono una strada ben consumata. Ci sono stati tanti precedenti in cui la violenza dello stato ha represso i propri cittadini compreso gli omicidi senza alcuna preoccupazione di essere chiamato a rispondere.
Più di recente, quando uno storico processo chiedette l’incriminazione in una corte penale di Abhisit e compagnia alla fine del 2013 per omicidio premeditato per il ruolo sostenuto nella repressione sanguinosa del 2010, essi affermarono che non ordinarono una repressione ma miravano a “riprendersi lo spazio occupato” dai manifestanti. In condizioni che restano dubbie, le accuse contro di loro furono lasciate cadere dopo il più recente golpe.
L’attuale giunta continua ad insistere che sono dei riformatori che lavorano senza sosta alla riconciliazione per ridar la felicità alla gente e non dei dittatori. Sanno bene che il sistema giudiziario o è fermamente dalla loro parte, oppure a loro disposizione per legalizzare il linguaggio ambiguo e assolverli delle loro malefatte.
Ma mentre l’opposizione cresce, ne sono il segno le più recenti manifestazione pacifiche durante il primo anniversario del golpe che hanno portato all’arresto e detenzione di oltre 50 studenti, cominciano ad apparire delle crepe nella facciata di normalità creata dal linguaggio ambiguo della giunta. Sebbene siano stati rilasciati senza accuse formali, la convocazione ritardata di almeno 11 studenti per comunicare loro le accuse il giorno 8 giugno è un altro esempio di linguaggio ambiguo in azione. Forse la giunta spera di superare lo scontento, che la storia dell’impunità assicurerà che il tempo è dalla loro parte.
L’attuale giunta ha fatto del linguaggio ambiguo una strategia centrale trasformandola nell’arte dell’assurdo. Incombe su tutti noi che siamo preoccupati del popolo thai l’obbligo di chiamare “la democrazia in salsa thailandese” con un nome più corretto di dittatura di vecchio stampo.
Thongchai Winichaikul – Tyrel Haberkorn, New Mandala