L’Europol, agenzia internazionale europea, ha detto che questa forte azione è stata “l’operazione di polizia internazionale più grande di sempre che ha colpito il traffico clandestino di specie in via di estinzione”.
Ma c’è una grande omissione in questa operazione che è durata quattro mesi e ha portato alla luce oltre 13900 zanne di elefante. Non c’è stata alcuna cooperazione né alcun arresto in Laos, il paese dove il carico era destinato. Il Laos, paese del sudestasiatico poco popolato, condivide le frontiere con la Thailandia ed è diventato di recente un punto di ggrande transito per vari animali e cose esotiche.
Molti paesi nel mondo hanno rafforzato le loro campagne contro il traffico delle specie selvatiche che prosiugano le giungle asiatiche e la savanna africana degli elefanti, rinoceronti e altri animali, molti dei quali sono considerati alimenti importanti in Asia. Ma il Laos che è guidato da un regime segreto e autoritario, si erge come il bastione dell’impunità, dicono le persone che combattono il traffico.
Molti gruppi criminali si avvantaggiano del debole governo della legge vigente in Laos, dice Steven Galster di Freeland, organizzazione di base a Bangkok che combatte il traffico in collaborazione con le agenzie di sicurezza per tracciare la rete di smercio degli animali in tutto il mondo.
“E’ molto chiaro che criminali vietnamiti e cinesi usano il Laos come piattaforma e luogo di transito” dice Steven.
Il parlamentare repubblicano USA Ed Royce ha sponsorizzato di recente una legge intesa ad aiutare i paesi africani a lottare il traffico e ad indagare la cooperazione dei governi nella lotta al traffico.
“Il Laos non ha al suo attivo un solo sequestro di specie selvatiche illecite da quando si è cominciato a registrare i dati nel 1989, cosa che lo rende un paradiso dei contrabbandieri” scrive Royce in una email. “Il governo del Laos trova come scusa la mancanza di risorse ma è chiaro che i suoi rappresentanti fanno profitti sul contrabbando di avorio e di animali selvatici”.
Phonesavanh Sophakhamphanh, vicedirettore del dipartimento dell’spezione delle foreste, nega che rappresentanti laotiani traggono profitti dal contrabbando e sostiene che il suo paese è una destinazione di transito involontaria: “Il Laos non è i lpaese dove si uccidono gli animali, sono uccisi nei paesi africani”. Ed aggiunge: “Siamo pronti a coordinarci con tutti. Se gli USA o i governi internazionali hanno buone informazioni passatele. Siamo pronti ad affrontare la questione”.
Ma nei paesi vicini, rappresentanti della legge e gruppi che combattono contro il contrabbando di avorio e di specie selvatiche sostengono di aver dato al Laos in varie occasioni informazioni specifiche, ma nulla è stato fatto.
Uno dei contrabbandieri più ricchi e noti, secondo gli USA, è un laotiano, Vixas Keosavang, che ha così poca paura di essere preso da farsi inviare direttamente corni di rinoceronte, secondo dei documenti sottoposti in un processo in Sudafrica contro uno dei suoi associati ora condannato a 40 anni di carcere. Un analogo carico di 600 chili di zanne di elefante, diretto sempre all’impresa di Vixar, era stato intercettato nel 2009 dalle autorità di lotta al contrabbando del Kenia.
Gli Usa offrirono nel 2013 una ricompensa di 1 milione di dollari a chiunque aiutava a smantellare la rete del traffico di animali selvatici di Vixay. Ma liui resta un uomo libero.
Vatanarak Suranartyuth della rete di polizia della fauna selvatica dell’ASEAN ha detto che il coordinamento tra paesi come Cambogia e Vietnam è fortemente migliorato. Ma trattare col Laos è laborioso e coinvolge l’ottenimento di permessi da rappresentanti ufficiali per cose persino basilari.
Tuttavia in una regione dove si è spesso riluttanti nel criticare apertamente i propri vicini, Vatanarak è stato diplomatico nella sua critica: “Vorremmo che il Laos sia più attivo nell’affrontare la questione della protezione ambientale”.
Dei tre carichi diretti in Laos intercettati di recente dalla polizia Thailandese, un sequestro di aprile è stato il più grande con 700 zanne di elefante disperse in un carico di soia proveniente dalla repubblica democratica del Congo, per un valore stimato di 6 milioni di dollari.
Le autorità thai avevano ricevuto informazioni sulla spedizione da fonti di intelligence straniere secondo un progetto di polizia congiunto Cobra III che prende di mira il contrabbando di specie in vie di estinzione.
Il contenuto della spedizione ha fatto sollevare le bandiere rosse, ha detto Chamroen Photiyod dell’autorità di frontiera. “Questo carico era particolarmente sospetto perché dichiarato come soia. Da quello che ne sappiamo il Laos ha tanta soia. Non capivamo perché dovevano importare soia dal Congo. Sembrava improbabile”
Un’indagine ai Raggi X ha fatto apparire le zanne nascoste all’interno.
In precedenza la Thailandia non avrebbe potuto ispezionare spedizioni dirette che attraversavano il paese senza un permesso dal paese di destinazione, permettendo così a tante spedizioni di sfuggire al controllo. Ma una legge del 4 marzo del governo militare ha dato agli ufficiali un maggior potere.
Il dipartimento thailandese delle dogane ha contattato l’ambasciata laotiana per pura “etichetta diplomatica”, ma l’ambasciata ha con forza detto che la spedizione doveva proseguire seza induigi verso il Laos.
“Erano davvero arrabbiati con noi” h detto Chamroen. “Non volevano darci il permesso di aprirlo”.
Gli ufficiali thailandesi hanno ignorato ed hanno aperto la spedizione scoprendo 90 quintali di zanne di elefante. I rappresentati laotiani di fronte a questa situazione hanno detto che avrebbero fatto indagini.
Benché il governo repressivo del Laos mantenga un intenso scrutinio sui suoi cittadini mediante agenzie di sorveglianza del ministero, le indagini sui sequestri di avorio finora non sono giunti a nulla.
Phonesavanh delle autorità laotiane si è recato all’indirizzo indicato sulla spedizione e ha trovato solo gente delle campagne che non avevano alcuna idea dell’avorio.
“Non ci sono proprio prove. Non possiamo arrestare nessuno. Non abbiamo idea”
Thomas Fuller, NYT