Nel periodo elettorale c’è stata un’attenzione ovvia su Aung San Suu Kyi e il suo ruolo politico futuro in Birmania. Tanti articoli e commenti sono stati molto critici sia del suo stile di guida politica che delle sue dichiarazioni, o dell’assenza di sue dichiarazioni, su tante questioni gravi di diritti umani di fronte a cui si trova il paese. In particolare è stata oggetto di critica sostenuta per non aver affrontato seriamente la persecuzione dei Rohingya e la decisione di non avere un solo candidato musulmano nel NLD.
Alcune critiche sono giustificate. E’ di profonda delusione che Aung San Suu Kyi sia stata per lo più silenziosa sulla più grande crisi di diritti umani in Birmania, i crimini commessi contro i Rohingya e gli abusi commessi dall’esercito birmano negli stati Kachin e Shan.
Il suo non aver sfidato l’ondata crescente di pregiudizio antimusulmano e di nazionalismo buddista ha permesso a Ma Ba Tha ed altri di portare avanti senza sosta la loro agenda di odio, ed è stata una opportunità mancata di scontrarsi con bigottismo ed offrire una visione alternativa basata su principi in favore di un paese etnicamente e religiosamente differenziato.
D’altro canto, c’è qualcuno che pensa seriamente che un governo del NLD non sarà un grande passo in avanti rispetto a quello guidato da Thein Sein? La critica a Aung San Suu Kyi deve essere esaminata in prospettiva e non deve far dimenticare le cause reali dei problemi birmani.
Aung San Suu Kyi non ha commesso violazioni di diritti umani. Non sostiene gli attacchi contro i musulmani o non diffonde odio anti musulmano. Non è responsabile per un esercito che ha usato stupro e tortura come armi di guerra prendendo di mira deliberatamente i civili delle varie etnie. Non sta tenendo in prigione i prigionieri politici per il loro attivismo pacifista. Non ha presieduto alla repressione sistematica dei Rohingya né è stata implicata in pulizie etniche, crimini contro l’umanità e quello che l’Università ha definito un potenziale genocidio.
Di tutto questo comunque è alla fine responsabile Thein Sein. Perciò sorprende non aver sentito una frazione delle critiche ad Aung San Suu Kyi lanciate invece contro TheinSein. Nonostante anni di vuote promesse di riforma e alla guida di un regime responsabile per alcuni delle peggiori violazioni di diritti al mondo, a Thein Sein si dà il beneficio del dubbio. Ci possono essere alcune critiche del governo sostenuto dai militari ma Thein Sein sembra essere stato risparmiato di tale indagine. E’ ancora presentato come un riformatore che prova a controllare i duri del regme, un uomo di stato che guida il paese attraverso tempi duri.
Eppure non ci sono prove a dire che sia così. Thein Sein rimase nel cuore della dittatura militare per decenni. Presiedette alla stesura della costituzione del 2008 che assicura il controllo militare ad ogni livello di governo. L’eredità di Thein Sein è chiara.
E’ naturalmente essenziale tenere d’occhio le guide politiche e farle rispondere, ma nel caso birmano, sembra esserci un discorso che emerge il quale accusa la vittima e non l’oppressore. Aung San Suu Kyi è essa stessa una vittima delle politiche dei dittatori militari birmani. Vinse le lezioni nel 1990 ma le fu negato il potere. Passò anni agli arresti domiciliari, spesso descritta come inflessibile, dura e quasi responsabile della sua propria prigionia. Ha subito attentati contro la propria vita, e le è impedito costituzionalmente di essere Presidente, nonostante il fatto che sia la chiara volontà popolare.
Aung San Suu Kyi deve ancora avere la opportunità di far diventare azione l’impegno verso i diritti umani della Lega Nazionale Per la democrazia. Con l’elezione vinta a man bassa ci saranno grandi attese di un cambio fondamentale dopo così tanti anni di governo militare. Ma con questa costituzione ci saranno spazi molto limitati per prevenire il prosieguo alcuni dei più gravi abusi dei diritti umani.
Imilitari manterranno il controllo di aree chiave come la polizia, la sicurezza e la giustizia. L’esercito sarà al di là di ogni controllo civile e libero di continuare gli attacchi contro le varie etnie, come è stato il caso del giorno dopo il voto quando l’aviazione birmana ha bombardato il quartiere generale dell?esercito dello Stato Shan del Nord a Kyethi. I militari continueranno a mantenere il veto sugli sforzi per rendere più democratica la costituzione.
Certo il governo del NLD deve essere responsabile per le decisioni e le politiche che fa, ma deve essere bilanciato dal fatto che sarà un governo che è fortemente costretto in quello che può raggiungere.
Si accuserà Aung San Suu Kyi per la camicia di forza creata da Thein Sein e i militari?
Mentre prende forma il nuovo panorama politico, è importante ricordare che è davvero responsabile per il fatto che la Birmania non è ancora una genuina democrazia che rispetta i diritti umani.
Anna Roberts, Executive Director of Burma Campaign UK. Irrawaddy.org