A dicembre 2015 l’agenzia indonesiana contro il terrorismo, BNPT, ha dichiarato che circa 800 indonesiani sarebbero partiti verso la Siria e l’Iraq e di questi 169 sono stati fermati sulla frontiera turca e poi deportati dal governo turco.
Resta comunque sconosciuto il numero di indonesiani radicali di ritorno in patria prima della salita alla presidenza di Joko Widodo il 20 ottobre 2014, poiché l’amministrazione precedente non riuscì a tenere traccia di chi era partito per unirsi all’ISIS, dopo l’annuncio del gruppo di voler restaurare il governo di Allah sulla terra attraverso la Sharia.
Nel fine settimana scorso, la squadra antiterrorismo indonesiana Densus 88 sequestrò quanto necessario per costruire una bomba arrestando nove persone a Giava, sospettate di fare parte dei presunti sostenitori dell’ISIS che pianificavano un attacco verso il governo e la minoranza sciita.
Ad essere una minaccia reale c’è il gruppo Mujahidin dell’Indonesia orientale guidati da Santoso nella zona di Poso nelle Sulawesi Centrali. Nel 2015 il gruppo si è reso responsabile di vari attacchi alla polizia e a contadini del luogo e si è alleata all’ISIS.
Gruppi terroristici locali e radicali di ritorno
La storia di gruppi islamici radicali locali risale agli anni 40 quando Kartosuwiryo guidava il movimento dello Stato Islamico dell’Indonesia, NII, che portò poi nel 1993 alla formazione dei gruppi affiliati ad Alqaeda Jammah Islamiya che colpirono nel 2002 con le bombe a Bali.
Sin dall’arresto del capo di JI Abu Bakar Ba’asyir nell’agosto 2010, gli esperti ritengono che i giovani militanti abbiano preso le distanze dai membri anziani che non ritengono più l’Indonesia terra per una Jihad. La conseguenza è la nascita dei Mujahidin dell’Indonesia Orientale, MAO, che, guidati dagli ex della JI, sarebbe stato al centro di vari attacchi mortali a Poso ed ora sotto pressione da parte di 1500 persone della sicurezza.
“Per la sicurezza umana, il gruppo più pericoloso è quello locale” dice Rakyan Adibrata che puntualizza come, con l’aumento dei militanti islamici tornati a casa nei mesi scorsi, siano i gruppi locali ad aver diffuso l’ideologia radicale e a creare la base di militanti partiti per combattere con IS e tornare come una minaccia a casa.
MAO condivide con l’ISIS la visione di creare un califfato islamico. Però per Rakyat c’è ancora in certo romanticismo tra i membri del gruppo sul creare un proprio califfato a Poso, poiché era il luogo dove, in precedenza, erano stati addestrati da Al Qaeda e dove Santoso gestiva un campo di addestramento.
Un altro esperto Taufik Andrie dice che quelli che tornano pongono una minaccia maggiore al paese perché possono dare un proprio contributo alla costruzione delle capacità, alla rete e a persuadere gli altri a sostenere l’ISIS.
I militanti locali come MAO, sebbene condividano l’uso della violenza per raggiungerei loro fini, a differenza dell’ISIS che odia tutti i sistemi influenzati dall’occidente, vedono come nemici principali la polizia e organi di sicurezza. “A Poso sono legati alle vicende locali perché il gruppo è coinvolto nei conflitti ed hanno subito ingiustizia e violenze” dice Taufik.
In modo simile, Al-Chaidar, esperto ed ex appartenente a NII, dice oltre a lottare a proprio modo per la formazione di un califfato, MAO si formò per vendicare chi li ha preceduti attaccati dalle forze di sicurezza durante i conflitti tra cristiani e musulmani a Poso che fecero almeno mille morti tra il 1998 e il 2002.
“I membri dei Mujahidin hanno ancora odio verso i cristiani. Non sono andati in Siria ma sostengono l’ISIS che si diffonde in Indonesia” dice Al-Chaidar.
L’Indonesia che ospita vari gruppi radicali ha vissuto, per oltre un decennio, attacchi terroristici che hanno colpito posti pubblici. Dall’attacco mortale a Bali, la polizia ha lavorato per contrastare e neutralizzare le cellule militanti locali. Ma la nascita dell’ISIS ha portato nuove sfide per il miglioramento delle strategie antiterrorismo.
Ripensare nuovi approcci alla contro radicalizzazione
Con la presidenza di Jokowi, il BNPT ha adottato un approccio più dolce di deradicalizzazione per contrastare il terrorismo, sottolineando il dialogo con terroristi catturati o potenziali affinché cambino il loro pensiero radicale, perché si pensa più efficace nel contrastare l’ideologia radicale.
Secondo Rakyan comunque il governo deve provare un nuovo approccio adottando prospettive psicologiche e mediche per valutare meglio i combattenti di ritorno, poiché condividono cose simili ai militari che tornano dalle zone di conflitto e soffrono di disordine post traumatico.
“Mentre i soldati possono uccidere un amico o se stessi, un jihadista che soffre di disordine post traumatico può pensare che il suo paese è territorio nemico e tutto davanti ai suoi occhi deve essere distrutto.”
In modo simile Taufik dice che i militanti di ritorno che sono stai deportati e sostenitori che non sono potuti partire per unirsi all’ISIS forse viveno la frustrazione per non aver avto la possibilità di lottare per la Jihad in Siria con una conseguente maggiore diffusione di ideologia o attività radicali.
“Diventano una minaccia perché si possono muovere liberamente”
Un approccio simile lo si deve applicare da parte del BNPT per contrastare la diffusione della propaganda estremista attraverso internet e i media sociali, poiché le misure attuali di contro narrazione fatte dal BNTP, con la sua piattaforma online “Anno di pace nel Cyberspazio”, sono sembrate deboli e inefficaci per prevenire la radicalizzazione. Secondo Ryakan le misure di contro narrazione contro la campagna dell’ISIS in Indonesia erano state attivamente prese da altri gruppi radicali che sono contrari alla formazione di un califfato islamico dell’ISIS, come Jabhat l Nusra e membri anziani del JI, che sono contrari all’ISIS ma vogliono comunque un califfato islamico in Indonesia. “Alla fine si avrà lo stesso risultato. O la gente che simpatizza con ISIS non crederà più al gruppo o si uniranno a Jahbat al Nusra o ad altri gruppi ribelli differenti”.
Secondo Ryakhat l’Indonesia deve spingere i gruppi moderati a proporre contro narrazioni nelle loro aree, mentre con i provider di internet affrontano la radicalizzazione attraverso internet.
L’Australia ha adottato questo metodo ed il governo ha contattato tutti i gruppi moderati nel paese a misure di contrasto al discorso radicale in cooperazione con la stessa Google, con un risultato efficace nell’impedire la diffusione del discorso radicale. “Quando si ricercano parole chiavi legate all’ISIS e altri gruppi radicali, le prime due pagine di Google espongono le pagine dove sono presenti le misure di contrasto a questi gruppi piuttosto che le informazioni su questi gruppi”
Sidney Jones dell’IPAC sostiene che vari media radicali hanno diffuso la propaganda dell’ISIS traducendo i video o le dichiarazioni in Indonesiano e diffondendo ogni giorno i link usando appieno la grande diffusione di Facebook o twitter nell’arcipelago.
Il responsabile del BNTP per le relazioni internazionali, Petrus Golose, ha detto di aver affrontato la questione e che il suo corpo era disponibile alla cooperazione internazionale per monitorare siti e tagliare al diffusione del discorso radicale.
Con la presenza diffusa di sostenitori dell’ISIS e di altri gruppi radicali, dicembre 2015 potrebbe trovarsi sotto una minaccia differente per gli attacchi terroristici rispetto agli anni precedenti.
Taufik dice che mentre gli obiettivi principali del passato erano ancora gli stessi, chiese e gruppi cristiani, le minacce di quest’anno sono poste da più gruppi diversi con diversi nemici percepiti, come rappresentanti del governo e minoranze sciite.
Il controterrorismo ha arrestato nove militanti che pianificavano un attacco con bombe in varie città di Giava e quttro di loro erano membri della JI. La polizia ha detto però che si tratta di membri di sostegno della rete dell’ISIS. Taufik dice che forse quelli che sono sfuggiti possono essere più pericolosi perché potrebbero portare a compimento quello che gli altri hanno iniziato.
“Ora le minacce sono i sostenitori dell’ISIS e chi è legato a Aman Abdurahman” dice Taufik. Per Rakyat l’ISIS potrebbe lanciare attacchi sporadici invece di porre bombe con possibili azioni che creino paura nei posti pubblici o in luoghi religiosi.
Citando l’attacco di Parigi, Rakyan sostiene che attacchi simultanei potrebbero essere un metodo preferito per distrarre le forze di sicurezza.
“Immaginate cinqu cecchini nei cinque grandi magazzini di Giacarta che sparano contemporaneamente. E’ un pericolo maggiore e creerebbe una paura di massa simile all’attacco di Parigi e all’attacco a Bali.”
Nonostante la discussione in corso sul baratto tra sicurezza e diritti umani, Rakyat sostiene che per rafforzare le misure di sicurezza, si potrebbe sottoporre la gente che entra nei grandi magazzini a metodi di ricerca completi.
A Poso Al Chaidar dice che i MAO potrebbero lanciare attacchi terroristici a Natale anche se di scala piccola per evitare le forze di sicurezza alla caccia del capo Santoso. Secondo Al Chaidar la minaccia del MAO al quartier generale della polizia e al palazzo presidenziale sono un diversivo.
“Nel passato MAO minacciarono di attaccare Makassar finendo però per attaccare la polizia a Poso”
La polizia nazionale ha messo in campo 150 mila persone per proteggere chiese e posti pubblici come pure per rafforzare la sicurezza e la sorveglianza e prevenire attacchi terroristici.
“Le misure del governo sono sufficienti ma dobbiamo ancora incoraggiare la gente a denunciare qualunque cosa sospetta alla polizia”