Nel mondo intero ci sono stati, lo scorso anno, 214 milioni di nuovi casi di malaria con la morte di 438 mila persone per lo più bambini. L’Africa si porta il 90% delle morti, seguita dal sudest asiatico col 7%, dove dal 2000 le morti sono scese del 85%.
Oggi le quattro cliniche del SMRU, che si trovano lungo il confine birmano in Thailandia, non hanno molti nuovi casi di malaria e lo scorso anno furono 369.
Ma tre mesi fa ci fu un caso differente. Due dosi orali ed una iniezione di una combinazione di medicine a base di artemisina, seguiti da una dose di un vecchio rimedio come il Chinino, non sono riusciti a rimuovere il parassita dal sangue di un giovane uomo.
Era arrivato la mattina. “A cena quella sera stava bene” ricorda il dottore Aung. “Mangiò. Poi appena due ore dopo si fece confuso e poi morì”.
Pericolosamente lontana dall’attenzione pubblica
La malaria è una malattia tropicale mortale e negli ultimi anni è uscita dall’attenzione pubblica, mentre sono cresciute altre malattie tropicali, trasmesse da zanzare come la febbre di dengue e Zika.
Zika in particolare ha catturato l’attenzione globale con il suo scoppio in Brasile che si crede legato ad uno scoppio di casi di microcefalia tra i nuovi nati.
La Dengue è diventato un fatto di vita di ogni giorno nel sudest asiatico e nell’Asia Meridionale ed è legata al peggioramento delle condizioni che trasportano il virus, come gli ambienti sempre più urbanizzati, maggiore mobilità delle persone, una crescita più veloce delle zanzare a causa del riscaldamento del pianeta ed ad un maggior numero di zanzare.
Per contrasto la malaria ha visto un declino stabile. Eppure nascosta vi è la trappola mortale della resistenza alle medicine che si è andata costruendo e che, dovesse prendere piede, potrebbe uccidere milioni di persone.
Il temuto parassita resistente a varie medicine si diffonde in Birmania e Cambogia e ha fatto saltare dalla sedia chi nel campo scientifico e medico lavora nel campo. I ricercatori hanno trovato che il parassita resistente produce una mutazione particolare al gene K13 che produce la resistenza all’artemisina.
Se si stendesse il genoma del parassita come una mappa, la mutazione K13 sarebbe presente in una sua sezione.
Sempre più campioni di sangue estratti a pazienti con malaria o da portatori presentano la molecola della mutazione K13.
“Prima del 2008, la SMRU aveva dall’uno al due per cento di campioni di sangue con la mutazione K13. Nel 2013 erano 85%” dice il dottor Aung.
Inoltre appena ha inizio il trattamento i dottori misurano la Clearance del parassita dal sangue di un paziente infetto. Sulla frontiera thai birmana si è trovato che ci vuole sempre più tempo. Lo scorso anno, il tempo necessario perché il sangue fosse ripulito dal parassita convergeva con quello dei pazienti in Cambogia dove il parassita resistente era emerso prima.
“Nel 2012 si pensava che ci sarebbero voluti cinque anni per trovarsi allo stesso livello della Cambogia, la culla dei parassiti resistenti. Ma si è impiegato meno tempo”.
Uno studio dello scorso anno apparso nel giornale medico Lancet concludeva che la resistenza all’artemisina si estendeva attraverso tutto il paese.
Complessivamente il 39% dei 940 campioni avevano la mutazione K13. A Homalin, una zona della regione Sagaing a 25 chilometri dalla frontiera indiana, 21 su 45 campioni avevano la mutazione K13.
La Corsa per eliminare il parassita
Si stanno sviluppando due medicinali per contrastare il parassita e la SMRU è di aiuto nel testarli. Ma nella migliore delle stime si parla che i medicinali saranno pronti nel giro di quattro o cinque anni. Ci potrebbe pure volere di più per essere diffuse e impiegate, se tutto va secondo i piani.
“Sembra che va tutto bene” dice il dottor Francois Nosten, capo del SMRU. “Vedete che non ci sono casi di malaria nella clininca e credete che tutto va bene. Ma la storia ci dice che quando questo parassita diventa resistente, prima o poi, crescerà il numero dei pazienti. Siamo in una corsa, poiché la sola cosa di cui siamo abbastanza sicuri è che, se il parassita è troppo resistente alle medicine, allora i pazienti non miglioreranno, continueranno a trasmettere la malattia, ci saranno sempre più casi e alla fine sempre più persone moriranno”.
Storicamente la resistenza del parassita della malaria è sempre emersa nel sudestasiatico e si è diffuso nell’Asia Meridionale e da qui all’Africa. Lapaura è che la storia si sta ripetendo.
SMRU ha iniziato un programma pilota di eliminazione della malaria che coinvolge una faticaccia di vecchio stile tra le foreste infestate di zanzare, spostarsi tra le milizie delle etnie ribelli e conquistare la fiducia delle comunità rurali remote.
Il programma copre 300 mila persone in 1200 villaggi negli stati orientali della Birmania e nello stato Karen. La tattica è di trattare l’intera popolazione che abbia o meno i sintomi della malaria.
“Il ragionamento è che se si vuole fermare la diffusione della resistenza e controllare il programma dall’inizio, bisogna liberarsi dell’ultimo parassita” dice Lorenz von Seidlein che gestisce Targeted Malaria Elimination Programme a Moru a Bangkok, che lavora in collaborazione con SMRU sulla frontiera. “Nessuna trasmissione vuol dire nessuna resistenza”.
Il Dottor Nosten spera che, per la fine dell’anno, sarà chiaro se il programma ha funzionato o meno e perché, in modo da estenderlo in altre zone se ha avuto successo.
Ma gli scienziati nel campo, che vedono di prima mano la resistenza, sono frustrati per la mancanza di attenzione che ricevono al problema che si affaccia.
La nuova emergenza
“Siamo sull’orlo di un dirupo, ma dove sono la rabbia internazionale, la guida politica e il dinamismo?” si chiede il professore Nick White dei programmi di ricerca di medicina tropicale della Wellcome Trust per il sudest asiatico ed autorità per la malaria nel mondo.
“E’ la terza volta” dice riferendosi ai due precedenti di resistenza del parassita ai medicinali. “Ma non sono sicuro che vinceremo questa volta. Non c’è suficente interesse politico. Vediamo l’emergenza nascere ma finché non sarà reale giornali, politici, donatori, agenzie internazionali non reagiranno, sfortunatamente.”
Quello che vogliono gli esperti del MORU e del SMRU è “uno sforzo più concentrato” dice Von Deidlein. “Se la gente reagisse a quello che succede nel campo e seguisse i loro sforzi, andasse ai siti e provasse a rafforzare il controllo, forse si potrebbe controllarla.”
Nel suo ufficio semplice della clinica SMRU sulla frontiera, dove lavoratori e famiglie birmani attraversano il fiume per entrare in Thailandia a migliaia ogni giorno, Aung è diretto. Entra sul suo computer e tira fuori i dati del paziente che è morto a novembre. Le linee del grafico mostravano chiaramente come il parassita non è stato toccato dal trattamento di medicinali. Aung scuote di nuovo il capo. “Se abbiamo altri casi così, siamo spacciati.”
Nirmal Ghosh, The StraitsTimes
La resistenza all’artemisina, farmaco antimalarico, cresce
Si sta diffondendo in tutto il Sud Est Asiatico la resistenza contro i farmaci antimalarici più efficaci, una tendenza ricorrente che minaccia gli sforzi globali per contenere la malattia infettiva trasportata dalle zanzare.
La resistenza all’artemisina nella forma più pericolosa del parassita che trasporta il parassita della malaria, il plasmodium falciparum è certa nella Cambogia settentrionale e occidentale, Thailandia, Vietnam e Birmania Orientale secondo uno studio del New England Journal of Medicine
La ricerca coordinata dall’unità di ricerca di Medicina tropicale della Mahidol Oxford a Bangkok ha analizzato campioni di sangue di 1241 pazienti di malaria in 10 paesi asiatici ed africani tra il 2011 e 2013.
Cresce la paura che la resistenza si possa diffondere verso l’Africa, dove sono stai fatti progressi nel ridurre le morti di Malaria, neutralizzando i precedenti trattamenti. Finora i tre paesi inclusi nella ricerca, Congo Kenia e Nigeria, non presentano segni di resistenza.
“Non ci sono prove che si sia diffusa in Africa ma bisogna essere vigili. Potrebbe non aver raggiunto l’India, ma se ce la fa non potremmo fermarla.” dice Nicholas White che ha partecipato allo studio.
Nel solo 2012 la malaria ha ucciso 627 mila persone su 207 milioni di casi, per lo più bambini in Africa, dove secondo OMS muore un bambino al minuto di Malaria.
La mortalità tra i bambini africani è stata dimezzata dal 2000 per le misure di prevenzione e l’uso di terapie miste di artemisina. Questa è la terza volta che il parassita della malaria ha sviluppato una resistenza, e tutte le volte la resistenza è emersa dalla frontiera Cambogia Thailandia diffondendosi poi in altri paesi compreso l’Africa.
La resistenza alla clorochina si diffuse a partire dalla fine degli anni 50 fino negli anni 70 che comportò il risorgere di infezioni e di migliaia di morti. Poi fu introdotta la sufodoxina-pirimetammina prima che emergesse una nuova resistenza. Poi fu introdotta una combinazione di medicine di artemisina ed altri farmaci.
La resistenza all’artemisina è stata causata da un cattivo uso della medicina che ne ha minato l’efficacia. Secondo lo studio pubblicato, ci vogliono sei giorni di trattamento per pulire i pazienti del parassita sulla frontiera cambogiana invece dei soliti tre giorni.
I ricercatori hanno scoperto che quei pazienti in cui l’infezione era scomparsa più lentamente erano i più probabili a trasmettere il ceppo resistente agli altri.
Il Dottor Anthony White ha invitato ad azioni più radicali per prevenire la diffusione della resistenza. L’approccio richiede ai rappresentanti di identificare le persone che sono attualmente in salute ma che trasportano i parassiti della malaria specialmente sulla frontiera occidentale della Birmania
La artemisina è senza dubbio il migliore dei farmaci antimalarici che abbiamo mai avuto. Abbiamo bisogno di conservarla efficace in aree dove ancora funziona bene” dice Elizabeth Ashley, la responsabile della ricerca.
Si stanno sviluppando nuovi farmaci antimalarici e alcuni si dicono promettenti, ma per alcuni anni non potranno essere messi in circolazione.