La sola cosa che risolverà la violenza nel profondo meridione è il dialogo di pace; una affermazione che potrebbe apparire ovvia. Ma merita profondo rispetto questo dichiarazione amaramente proferita da chi vive tra le lotte ideologiche e fisiche delle province più meridionali in Thailandia, dove quasi 7000 persone sono morte negli scorsi 12 anni.
Mentre continua il conflitto nel futuro incerto, il 28 febbraio è il terzo anniversario del dialogo di pace iniziatosi durante l’amministrazione di Yingluck Shinawatra, la cui seconda fase iniziò lo scorso anno con il governo militare.
“La gente ha vissuto molte cose. Sa che la violenza nutre altra violenza diventando un fenomeno ciclico. Allora perché non ci incamminiamo lungo il percorso dei colloqui? Altre aree di conflitto come Aceh e Irlanda del Nord lo hanno fatto. Perché non possiamo farlo noi?” dice Muhammad Ayub Pathan, un militante importante della pace e della società.
Ayub come lo chiamano tutti è il nono figlio di dodici bambini di una famiglia mercantile con il padre di etnia Pashtun e madre Malay. Si è formato nella militanza politica degli anni 70 e 80, quando era uno studente della Khanarassadorn Bamrung Yala School. Come molti altri dell’area cresciuta negli anni 60, Ayub fu testimone di come il Profondo Meridione era un luogo di scontri ideologici, dai ricordi del sultanato perso nel tempo di Patani alle insorgenze comuniste in connessione con l’allora Partito Comunista di Malaya. Ebbero la loro influenza le forze islamiche esterne come la rivoluzione iraniana del 1979 e il conflitto sunniti sciiti.
Per chi è nato nella regione, tutto questo ha formato il loro punto di vista del conflitto attuale. Ayub è cresciuto nell’area Talad Kao di Yala, chiamata per scherzo West Bank da alcuni, a causa della prevalenza della violenza dagli attacchi in grande scala alla sfida simbolica contro lo stato buddista. Ayub è stato scosso e formato da queste interazioni.
Il nativo di Yala non ha alcuna forma di maggiore istruzione ma ha ricevuto una laurea onoraria in comunicazione di massa dalla università di Rajabhat di Yala nel 2009 ed ha un certificato di alto livello dal programma di costruzione della pace dell’Istituto di Re Prachadipok.
Ayub ha partecipato alla fondazione di Deep South Watch nel 2006 ed è stato eletto di recente presidente del Consiglio ella Società Civile della Thailandia Meridionale che comprende 23 ONG attive che lavorano sull’istruzione, sviluppo di comunità, donne ed aspetti culturali del Profondo meridione.
La sua autorità nello sforzo di costruzione della pace non si mostra attraverso la retorica potente o il carisma religioso; eppure si è guadagnato la fiducia e rispetto poco a poco a partire dalla sua istruzione che si è motivata, dalla rete e dall’espandersi della collaborazione con media locali e di Bangkok come pure dei circoli musulmani.
Agli occhi degli scettici Ayub si è trovato nel posto giusto al momento giusto. Agli inizi del 2000 era un freelance per i grandi media come Mathicon, Lhao Sod, bangkok Post ed altri. In precedenza negli anni 80 ha lavorato per Thang Nam, un giornale progressista di Bangkok su questioni islamiche.
Quando scoppiò nel 2004 la nuova insorgenza, Ayub ebbe il compito di seguire la situazione da IsraNews di cui fu voce del posto. Presto Ayub divenne il cofondatore di Deep South Watch, DSW, qualche anno dopo insieme a Srisompob Jitpironmsri, direttore del campus di Pattani per la Songkla University e un giovane Romdon Panjor.
Il gruppo DSW è stato considerato come un promotore fondamentale del dialogo di pace schiusosi durante l’amministrazione Yingluck. Coinvolse i movimenti separatisti malay che erano guidati dal BRN e facilitati dalla Malesia. Dopo l’ultimo golpe il processo si fermò sebbene si ritenga che ci siano colloqui segreti.
I critici sminuiscono lo stile della militanza sociale e politica di Ayub dicendo che il suo messaggio di pace e partecipazione con lo stato hanno addolcito, se non messo da parte del tutto, le concessioni delle ali militanti dei movimenti separatisti il cui scopo è molto più grande di quello di una foto pubblicitaria.
Ma i suoi sostenitori lo considerano un onesto narratore di come è cambiato il meridione thai. Un altro contributo significativo sta nel modo in cui entra in rapporto con gli altri attori del conflitto, non solo l’apparato dello stato, ma anche gruppi della società civile e le reti buddiste in particolare. Ha aiutato a minimizzare la parte dei guastatori ed ha messo insieme differenti parti nelle discussioni e azioni principali.
“Di fatto lavoravamo al processo di pace da prima del lancio del dialogo di pace tre anni fa. Dare informazioni e saggezza fa parte del nostro lavoro nel promuovere la pace e diffondiamo pezzi di conoscenza legate alla pace nelle comunità meridionali.” dice Ayub.
Non ha mai visto la partecipazione di Srisompob ai dialogi di pace come un ostacolo per il lavoro di DSW o per la pace. “E’ un momento inevitabile e necessario. Dopo tutto chiunque sia pronto a partecipare e comunicare a quel livello deve coinvolgersi e linaciarsi con altre voci”
DSW ha guadagnato in statura nel forgiare le narrazioni del problema meridionale incanalando gli altre parti del conflitto per avere maggior spazio. Il loro sito web è una fucina di notizie, informazioni ed analisi che sono assenti nei media centrati su Bangkok.
Sono stati presenti le voci di dissenso da parte di alcuni gruppi locali perché DSW ha agito come un luogo dove esuli, simpatizzanti dei gruppi separatisti potevano esprimersi. “Il nostro blog permette alla gente di esprimersi più liberamente e quindi i flussi di informazione e le interazioni” dice Ayub.
L’essere stato dentro la prima fase del processo di pace è diventato un vantaggio. Alcuni dei membri di DSW sono persone fidate e contattate dal governo militare attuale e dalle loro controparti, il MARA Patani, un nuovo organismo della seconda fase del colloquio di pace.
“E’ un’interazione e processo di mutuo apprendimento per tutti noi della regione, per comprendere meglio e perseverare, per non essere sviati da ogni operazione distruttiva o psicologica di tutte le parti” dice Ayub che ammette che in qualche punto era stato considerato “a favore del governo”.
“Nelle aree di conflitto abbiamo bisogno di lavorare con tutte le parti. Una collaborazione sbilenca o con una parte sola non sosterrà mai la pace” dice Ayub che vive nel distretto Yaha di Yala con la moglie e tre figli.
Non gli interessa che alcuni lo considerano come un indeciso non strategico che è anche confrontazionale e polemico.
“Finché riesco a dare un ambiente utile per le discussioni e il dialogo, è naturale che le persone sfidano le mie idee e proposte. E’ di fatto un bene avere uno specchio per non diventare arroganti e presuntuoso.”
Da presidente del Consiglio della società civile della Thailandia meridionale, Ayub ha viaggiato molto per discutere con capi religiosi, uomini di affari, studenti e giovani a preparare il terreno per lanciare la Confederazione della Pace a metà anno.
“Lo spazio politico è importante e sia il governo che i gruppi in esilio capiscono che il percorso ufficiale non è adeguato. Rivolgersi alla gente attraverso la società civile aiuta a chiarire le incomprensioni e rende viva la conversazione”
Ora potrebbe vantare di aver accesso a tutti i gruppi persino le ali armate, sebbene non direttamente ma attraverso delle connessioni. Mentre il nuovo dialogo di pace si aggira intorno a lui come una possibilità, Ayub crede che i possibili contrattempi e il ribaltamento dei tavoli del negoziato non spegneranno il fuoco della ricerca della pace e della autodichiarata stabilità perché in fin dei conti è quello che tutti vogliono.
ACHARA ASHAYAGACHAT, BANGKOKPOST