Continua la guerra alla droga di Duterte, o meglio ai poveri che usano la droga.
1900 morti accertati, dichiarati dal Capo della Polizia De La Pena alla commissione di inchiesta del Sento Filippino sugli omicidi extragiudiziali, condotta dalla De Lima.
La Senatrice ha definito alcune uccisioni della polizia “esecuzioni sommarie”, perché alcuni uccisi si dirigevano alla polizia per costituirsi, o arrendersi. Tra le morti di innocenti che questa guerra annovera, c’è il caso di una bambina di cinque anni.
Ovviamente la bambina non è la vittima designata, ma una vittima collaterale della guerra alla droga. L’obiettivo era Maximo Garcia di 53 anni che si era già “arreso” alla polizia, dopo aver saputo di essere nelle liste di proscrizione della polizia. Tre giorni dopo gli si avvicina un uomo che spara mentre Maximo era con la famiglia a pranzare. Danica May, la bimba di cinque anni, resta colpita alla testa e muore, mentre il padre resta ferito allo stomaco. Il suo mestiere era guidare un rischiò a tre ruote.
Per il suo ruolo inquisitivo, la De Lima si è attirat le ire di Duterte che ha minacciato di svelare informazioni sui presunti legami tra la De Lima e i presunti grandi commercianti della droga, legati in una MATRICE insieme ai funzionari precedenti della grande prigione di Bilibid, a Marikina. Questa struttura carceraria è diventata famosa perché lì i grandi spacciatori godevano di condizioni speciali e perché da lì continuavano a dirigere le operazioni. Nel frattempo, come mostrato in un articolo precedente, le prigioni filippine sono al di là dell’immaginabile e dell’umano per il tipo di sovraffollamento delle carceri.
Questa ultima accusa alla De Lima, che già in passato aveva provato ad accusare Duterte per le squadre della morte a Davao, giunge all’interno di un tentativo di diffamazione che ha già preso risvolti personali di cui abbiamo parlato.
E’ il modo di operare di Duterte e del suo sistema di potere che probabilmente serve ad eliminare chi gli si oppone e premiare invece chi gli sta vicino, usando tutti i mezzi a disposizione, legali e illegali, tutti usati con estrema astuzia e acume politico.
E di mezzi il presidente Duterte ne ha chiesti: oltre 7 miliardi di peso, 350 milioni di Euro di fondi gestibili direttamente gestibili dal Presidente senza dover rispondere al parlamente al parlamento. Fondi che fanno paura se si considerano tutte le “scorciatoie e procedure extragiudiziali” tanto care al presidente. Possibile che parte di questi fondi non siano stati già promessi ed usati per pagare qualche esecuzione sommaria?
Di seguito pubblichiamo un bellissimo articolo del giornalista della BBC, Jonathan Head, “La donna che uccideva gli spacciatori per procurarsi da vivere”
La Guerra alla droga delle Filippine: la donna che uccide gli spacciatori per procurarsi da mangiare
Quando si incontra un assassino che ha ucciso sei persone, non ti aspetti di incontrare una giovane donna piccola e nervosa che porta con sé un bambino di pochi mesi.
“Il mio primo lavoro due anni fa in una provincia vicina, ero davvero impaurita e nervosa perché era la mia prima volta” dice la donna che chiameremo Maria che ora accetta omicidi a contratto, parte della guerra alla droga indetta dal governo.
Fa parte di un gruppo di fuoco che include tre donne che sono apprezzate perché possono raggiungere il loro obiettivo da vicino senza far sorgere i sospetti che un uomo farebbe sorgere.
Da quando il presidente Duterte è stato eletto ed ha invitato i cittadini e la polizia a uccidere spacciatori che resistono agli arresti, Maria ha ucciso altre cinque persone sparandoli tutti in testa.
Le abbiamo chiesto chi le ha dato gli ordini di questi assassini: “Il nostro capo, l’ufficiale di polizia”.
Nel pomeriggio stesso che ci siamo incontrati, la donna ed il marito avevano saputo che la loro casa rifugio era stata scoperta, e quindi se ne sono andati immediatamente.
Questa guerra alla droga le ha portato più lavoro ma anche rischi maggiori. Ha descritto come è cominciato quando suo marito ebbe la commissione di uccidere una persona che doveva dare dei soldi da un poliziotto, che era anche uno spacciatore.
“Ordinarono a mio marito di uccidere chi non aveva pagato quanto ordinato l’ordinazione” dice Maria. La cosa divenne una regolare commissione per il marito fino a quando non si presentò una situazione più forte.
“Una volta hanno avuto bisogno di una donna… mio marito mi indicò per il lavoro. Quando vidi l’uomo che avrei dovuto uccidere, mi avvicinai a lui e gli sparai”
La coppia proviene da una periferia povera di Manila senza entrate regolari prima di diventare dei sicari. Guadagnano fino a 400 euro a omicidio che è diviso tra quattro persone. E’ una fortuna per filippini poveri ma ora le sembra di non avere via di uscita.
I sicari non sono una cosa nuova nelle Filippine, ma le squadre di fuoco non sono mai state così piene di lavoro come ora: il presidente Duterte ha inviato un messaggio senza ambiguità.
Prima della sua elezione, ha promesso di uccidere 100 mila criminali nei suoi primi sei mesi di governo, mettendo in guardia gli spacciatori in particolare: “Non distruggete il mio paese perché vi ucciderò”.
Alcuni giorni fa ha reiterato quella chiara considerazione, mentre difendeva gli omicidi extragiudiziali di presunti criminali.
“Davvero importa la vita di questi dieci criminali? Se dovessi essere io a sopportare tutto il dolore, significherebbe qualcosa la vita di questi cento idioti per me?”
A spingere il presidente dal linguaggio duro a portare avanti questa campagna crudele è la proliferazione dello shabu come è conosciuta nelle Filippine la metanfetamina. Poco costosa, facile a farsi, capace di creare facilmente dipendenza, offre un picco istantaneo, una fuga dalla sporcizia e dalla durezza della vita nelle baraccopoli, un modo per far lavorare le persone in lavori estenuanti per tutto il giorno.
Duterte la descrive come una pandemia che colpisce i suoi cari cittadini. Crea anche molti profitti. Duterte ha indicato 150 rappresentanti, poliziotti e giudici legati al commercio. Cinque generali di polizia sarebbero i re degli affari della droga. Ma ad essere obiettivo delle squadre della morte sono chi si trova ai livelli più bassi del commercio.
Le fonti di polizia dicono che sono state uccise oltre 1900 persone negli scontri legati alla droga da quando è diventato presidente il 30 giugno, dei quali 756 sarebbero stati uccisi dalla polizia, tutti mentre resistevano agli arresti. Le morti rimanenti erano ufficialmente sotto indagine.
In pratica rimarranno tutti quanti senza spiegazioni.
Quasi tutti i corpi sanguinanti scoperti ogni notte nelle baraccopoli di Manila e di altre città sono poveri.
Tassisti di risciò a tre ruote, operai precari, disoccupati. Spesso sono stati ritrovati al loro fianco dei cartoni che mettono in guardia altri a non farsi coinvolgere nella droga. Questa è una guerra che si combatte quasi esclusivamente nelle parti più povere del paese.
Gente come Maria è usata come combattente.
Ma è una guerra popolare. A Tondo, l’area di baraccopoli vicina al Porto di Manila, gran parte dei suoi residenti applaude alla dura campagna del presidente Duterte. Accusano il flagello dello Shabu per il crimine maggiore e per distruggere le loro vite, sebbene alcuni siano preoccupati che la campagna possa sfuggire di mano e che siano intrappolati degli innocenti.
Uno di quelli ricercati dalle squadre della morte è Roger.
E’ diventato un tossicomane da giovane quando lavorava come operaio precario, dice. Come molti tossicomani per sostenersi è diventato spacciatore, anche perché è un lavoro migliore e meno duro. Ha lavorato moltissimo insieme a poliziotti corrotti, talvolta prendendo porzioni di merce che avevano sequestrato nelle incursioni per rivenderle.
Ora deve scappare spostandosi da un posto all’altro dopo qualche giorno per evitare di essere rintracciato e ucciso.
“Non riesco a togliermi di dosso questa paura ch vivo ogni giorno in ogni ora. E’ davvero stancante e fa paura doversi nascondere tutto il tempo.Non sai se la persona che ti sta di fronte darà delle informazioni o se quella che guardi è un killer. Difficile dormire di notte. Un piccolo rumore e mi sveglio. E la parte più dura è che non so di chi fidarmi, quale direzione prendere ogni giorno, cercare uno posto per nascondersi.”
Prova sensi di colpa per aver avuto un ruolo nel commercio di questa droga distruttiva.
“Lo credo davvero di aver peccato. Grandi peccati. Ho fatto tante cose brutte. Ho fatto del torto a tanta gente perché è diventata dipendente, perché sono uno dei tanti che vendono loro la droga. Ma posso dire che non tutte le persone che si drogano sono capaci di commettere quei crimini, o di rubare e talvolta uccidere. Sono anche io un tossicodipendente ma non uccido, non rubo”.
Ha mandato i figli a vivere con la famiglia della madre nella provincia, per impedire che siano esposti all’epidemia della droga. Stima che ci siano nel suo vicinato dal 30 al 35% di tossicodipendenti.
Quando Duterte ha detto varie volte nella sua campagna elettorale che ucciderà gli spacciatori, che getterà i loro corpi nella Baia di Manila, come l’ha presa Roger?
“Pensavo che avrebbe attaccato i grandi criminali che la fanno, non i piccoli spacciatori come me. Magari potessi portare indietro l’orologio. Ma è troppo tardi per me. Non mi posso arrendere perché la polizia mi ucciderà probabilmente”.
Anche Maria si pente della scelta fatta. “Mi sento colpevole e mi colpisce nei nervi. Non voglio che i familiari di chi ho ucciso mi vengano a cercare”. Si preoccupa di quello che penseranno i suoi figli. “Non voglio che tornino da noi e dicano che devono vivere perché abbiamo ucciso per soldi”
Il suo figlio maggiore le domandano perché guadagnano così tanto.
Ha un altro da colpire, un altro contratto da soddisfare, e sembrerebbe essere l’ultimo. Ma il suo capo ha minacciato di uccidere chiunque abbandoni il gruppo. Maria si sente in trappola. Chiede al suo prete di assolverla ma non osa dirgli cosa ha fatto.
Prova qualche giustificazione che ha portato la campagna del presidente Duterte a terrorizzare il commercio della droga fino a sottomettersi?
“Parliamo solo della missione, di come portarla avanti” dice Maria. “Quando è finito non ne parliamo più”.
Ma mentre parla si contorce le mani e tiene gli occhi chiusi con forza, perseguitata da pensieri che non vuole condividere.
JONATHAN HEAD, BBC