Una nuova normalità si creerà nelle relazioni diplomatiche filippine con gli USA per la ricerca di Duterte di un cambio della politica estera filippina
Il presidente Duterte ha ordinato alle forze speciali americane di abbandonare Mindanao e le Filippine, dove hanno avuto il ruolo di consiglieri delle truppe nella lotta contro gli estremisti musulmani.
Ad una settimana dalla famosa frase di Duterte, che apostrofava il presidente degli USA con “figlio di puttana” per il rifiuto di voler subire una lezione sui diritti umani da chi non ha chiesto neanche scusa per le stragi che le truppe americane hanno fatto durante il periodo coloniale, Duterte vuole dimostrare di voler perseguire una politica estera differente da quelle precedenti e più autonoma.
Il periodo coloniale americano iniziò nel 1898, quando gli USA comprarono le Filippine dalla Spagna, e terminò nel 1946 dopo la liberazione dai giapponesi nella II guerra mondiale.
Nel suo discorso alla platea dell’ASEAN, Duterte, chiamando ipocrita il proprio alleato americano, aveva mostrato le immagini del massacro di Bud Daju in cui un migliaio di corpi di civili uccisi erano ammassati nel cono di un vulcano nell’isola di Sulu. “Guardate i corpi qui .. Finché staremo con l’America non avremo mai pace in quella terra, potremo pure lasciarla perdere”.
Duterte, che proviene dalla città di Davao a Mindanao, ha ripreso gli sforzi di pace conseguendo una prima significativa conquista con un cessate il fuoco provvisorio con la guerriglia maoista del CPP e NDF. Poi ha ripreso con il MILF e MNLF i colloqui di pace per definire la legge di creazione della Bangsamoro.
Resta in piedi la guerriglia dei gruppi estremisti minori ma anche più sanguinari, tra i quali il gruppo di Abu Sayaff, molti dei quali hanno promesso fedeltà allo Stato Islamico.
La presenza americana a Mindanao dovrebbe assommare a 500 militari americani che non possono combattere direttamente se non in caso di autodifesa. Questi militari hanno dato assistenza alle truppe filippine durante le operazioni contro Abu Sayaff e il terrorismo islamico, e secondo Duterte non hanno mai avuto una buona ricezione a Mindanao.
Scrive Richard Heydarian, dopo aver ricordato come in molti abbiano considerato la rottura di Duterte incapace di intaccare seriamente le relazioni diplomatiche filippine con gli USA, dure come la roccia:
“Tale ottimismo è prematuro, perché il bisticcio potrebbe segnalare l’inizio di una riconfigurazione dolorosa nelle relazioni con gli USA sotto Duterte. Le relazioni diplomatiche filippine con gli USA sono troppo istituzionalizzate per essere rotte da un contrattempo diplomatico, ma non sono più sacrosante e speciali come lo erano prima.
Duterte rappresenta colui che per la prima volta ha fatto qualcosa. E’ il primo presidente che viene dalla martoriata Mindanao, piena di insorgenze dove si giocano molte delle operazioni di contrinsorgenza assistite dagli USA e che soffre di un cronico sottosviluppo.
E’ il primo presidente filippino che si definisce socialista con legami forti con la sinistra che ha avuto un accesso senza precedenti alla scala del potere dentro l’amministrazione Duterte. Ed è il primo presidente la cui agenda è quasi esclusivamente attenta alla legge e all’ordine, particolarmente la lotta alla droga. Si aggiunga a questo il suo amore per le dichiarazioni improvvise, le invettive spontanee e le tirate prolisse che imbarazzano la bella società ma lo fanno amare alle classi inferiori disilluse.
E’ anche il primo presidente ad aver esplicitamente detto nella sua campagna elettorale “disegnerò un nuovo corso tutto nostro per le Filippine e non sarà dipendente dagli USA. Una dichiarazione politica audace e sfrontata in una società profondamente proamericana, dove tanti degli intellettuali come delle forze di sicurezza sentono una profonda affinità per gli USA.
Duterte, iconoclasta affidabile, ha in modo consistente incoraggiato un ravvicinamento alla Cina, profondamente impopolare nelle Filippine, particolarmente dopo le dispute nel Mare Cinese Meridionale. Per Duterte uno scontro con la Cina non è solo futile ma stupido. Lui è interessato a ravvivare i legami bilaterali danneggiati per invitare di nuovo il grande investimento infrastrutturale cinese.”
L’autore ricorda anche come Duterte abbia adottato una posizione intransigente contro chi lo critica per la sua politica sulla guerra alla droga sia filippino che straniero.
Ad Obama il quale aveva fatto sapere che nel suo incontro avrebbe sollevato la questione degli omicidi extragiudiziali, Duterte ricorda la strage di Bud Dajo e la polizia nelle strade americane che spara alla popolazione nera. Come dire: se lo fai tu va bene, perché non lo posso fare io?
Al segretario dell’ONU che aveva osato fare qualche critica minacciando un’indagine sulla guerra alla droga, Duterte aveva minacciato di fare uscire le Filippine dall’ONU e non ha voluto incontrare il segretario generale Ban Ki Moon durante i colloqui dell’ASEAN in Laos.
Scrive Richard Heydarian:
“… La sua decisione di cercare un dialogo pacifico sulle dispute del mare cinese meridionale e di non anteporre la decisione arbitrale de L’Aia contro la Cina ha colpito positivamente molti capi di stato dell’ASEAN che non vogliono assolutamente una collisione diplomatica con Pechino.
Molti capi di stato accettano di buon grado il fatto che il nuovo presidente filippino adotti un approccio più conciliatorio e pragmatico verso la Cina in opposizione all’amministrazione di Aquino che pressava costantemente gli amici dell’ASEAN a schierarsi contro Pechino. Duterte qui è visto come una colomba diplomatica”
Va poi detto che nessun capo dell’ASEAN ha mai attaccato Duterte per i diritti umani, dato che quasi tutti hanno quegli stessi problemi.
“Cionondimeno l’amministrazione Duterte, che si trova a combattere su più fronti con il terrorismo e le minacce in mare dalla Cina, non può alienarsi del tutto gli USA.”
Duterte ha detto chiaramente che i trattati sottoscritti saranno mantenuti perché fondamentali per il minimo della sicurezza delle Filippine. I colloqui con la Cina potrebbero non essere del tutto soddisfacenti, oppure la contropartita cinese non essere adeguata.
Cosa succederebbe se la Cina dovesse fare proprio davanti alla provincia di Zambales, a Scarborough Shoal, un’altra isola artificiale militare? Quali sarebbero i contraccolpi per Duterte?
Il rischio di un ritorno ad una posizione di confronto aspro con la Cina non è affatto da escludere e la presenza USAsi dimostrerebbe indispensabile.