Dall’indagine condotta da tre giornalisti per il PCIJ sulla guerra alla droga, emerge che Duterte non ha mai firmato un ordine esecutivo sulla guerra alla droga, e dice di assumersi le responsabilità che un domani saranno difficili da verificare, mentre la polizia genera dati caotici e mutevoli.
Oltre venti anni fa, Davao diventò un laboratorio per la guerra alla droga del suo sindaco Rodrigo Duterte. Ora che è presidente ha dato inizio alla ripresa di quella guerra per tutta la nazione, per la quale dice di essere disposto a giocarsi l’onore, la vita e la presidenza.
Questa volta Duterte comanda un contingente armato che è cento volte più forte di quello che era a Davao, ed il suo “nemico” migliaia di volte più numeroso. “Le “conquiste” e i costi umani di questa guerra sono quindi molto maggiori, anche se sono appena 80 giorni da quando ha assunto l’incarico.
La settimana scorsa al Senato, Edgar Matobato, reo confesso sicario per le Squadre della Morte di Davao, SMD, disse che sugli ordini dell’allora sindaco di Davao, le SMD uccisero, torturarono e buttarono in fosse comuni non identificate un migliaio di persone a Davao tra il 1993 e il 2013. Matobato disse che un gruppo di ufficiali di polizia e membri di unità di sicurezza civile, I Lambada Boys, portarono avanti le esecuzioni sommarie di presunti stupratori, sequestratori, ladri, tossicomani e altri civili.
Gli uomini di Duterte hanno negato le accuse di Motabato che il ministro della giustizia Vitaliano Aguirre ha definito vecchie bugie. Eppure non si nega che i regno di Duterte a Davao sia stato segnato da numerosi omicidi extragiudiziali, sul cui numero i media di Davao parlano di almeno 150 morti dal 1995 al 2001 soltanto delle SMD e poi la guerra alla droga di Duterte.
La guerra estesa di Duterte ha comportato un tasso di morti dieci volte maggiori in un periodo molto più breve: una media di 38 morti al giorno, 3200 negli ultimi 80 giorni.
Cionondimeno, tutte queste cifre producono un quadro confuso di più casi di omicidio e un numero minore di stupri, furti e simili. Questo si abbina con i risultati confusi della Polizia Filippina che ha prodotto, per proprio auto-riconoscimento, una migliore efficienza di liberazione dal crimine e di efficienza nella soluzione di crimini, ma anche un maggiore Volume di Crimini nel paese da maggio a luglio 2016.
Il numero dei morti nelle operazioni di polizia sembra avere numeri differenti variando a zig zag dai primi 1506 poi ridotti a 1105 del 14 settembre ai 1445 de 8 settembre, ai 1140 del 18 settembre dai dati della polizia. Il numero di chi è stato ucciso da persone non identificate o da vigilanti si è dimostrato incerto, e varia da 1391 ai 2073, secondo i dati della polizia.
All’audizione del 14 settembre al Senato il capo della polizia Ronald De La Rosa citò 1506 uccisi in operazioni di polizia, cifra poi validata a 1105 morti.
Da un rapporto della polizia inviato a PCIJ, Philippine Center for Invetsigative Journalism, il totale dei morti in scontri legittimi con la polizia, dal 1 luglio a 8 settembre, sono 1445; gli arrestati sono 15762, di cui 6948 tossicomani e 8814 spacciatori; 704074 persone consegnatisi di cui 652,309 tossicomani e 51,765 spacciatori; le case perquisite sono 859,299 secondo il Progetto Tokhang.
Eppure il rapporto della polizia del 18 settembre 2016 dava i seguenti numeri: 1140 uccise dalla polizia e 1391 sotto indagine o persone uccise da sicari non identificati; 17428 tossicomani arrestati; 714803 consegnatisi di cui 661,737 tossicomani e 53,066 spacciatori, e 1041429 case perquisite.
Qualunque sia il valore corretto della Polizia Filippina, sono numeri che superano quelli conseguiti durante 14 anni di legge marziale di Ferdinando Marcos; dal 1972 a gennaio 1981 Amnesty International aveva registrato 3240 persone uccise, 34 mila torturati e 70 mila arrestati.
I “risultati” della guerra alla droga di Duterte, per il numero dei morti, degli arrestati e degli arresi come anche del presunto scivolamento del volume dei crimini, è stato esaltato o criticato da sostenitori e non della amministrazione.
Ultimamente Duterte e i suoi uomini insieme al suo candidato vicepresidenziale sconfitto nelle ultime elezioni Senatore Alan Peter Cayetano, hanno criticato i media per il continuo restare sul numero crescenti di morti senza preoccuparsi di paragonare questi numeri con i dati totali dei crimini sotto la precedente amministrazione.
Il governo però deve solo biasimare se stesso per una presentazione supposta di parte della guerra di Duterte. Sono passate 10 settimane dal suo dispiegamento vigoroso e questa guerra si è dimostrata una guerra con una debole trasparenza e responsabilità.
Infatti questa è una guerra definita largamente dalle ripetute e noiose direttive di Duterte e De La Rosa, rilasciate quasi ogni giorno alla stampa e negli eventi pubblici, anche mentre Duterte stesso non è sembrato firmare qualunque atto ufficiale sulla guerra alla droga.
Duterte come presidente presiede il Comitato per le Droghe Pericolose, l’agenzia dello stato che fa la politica sulla droga che è sostenuto dal suo braccio di applicazione della PDEA.
Restano segrete le linee guida scritte sulle regole di ingaggio, protocolli e altri documenti sulla guerra, nonostante una richiesta formale di accesso all’informazione di tre settimane fa fatta da PCIJ e il FLAG, Gruppo di assistenza legale libera, degli avvocati di diritti umani.
La polizia filippina emette rapporti periodici sulle presunte “conquiste” quantitative che sono però decreti con numeri e concetti che cambiano sempre. Sfortunatamente questi rapporti della polizia che illustrano solo i numeri restano la fonte unica di informazione dei media e dati sulle presunte conquiste della guerra alla droga.
La Circolare di De La Rosa
Il 1 luglio 2016, nello stesso ordine di insediamento come capo della polizia, De LaRosa firmò ed emise una circolare memorandum 16 del 2016 sulla “Piano di campagna contro le droghe illegali della Polizia Filippina: Project Doppia Canna. Il primo dei 12 riferimenti è la “dichiarazione del Presidente Rodrigo Duterte per liberarsi delle droghe illegali durante i primi sei mesi della sua presidenza”. Gli altri 11 sono circolari, ordini esecutivi, lettere di istruzioni, rapporti e manuali della polizia che risalgono dal 2012 alla fine di Dicembre 2015.
La circolare di 18 pagine afferma che la “mission” è di “applicare” la guerra alla droga della Polizia Filippina “per pulire tutti i barangay colpiti dalla droga nel paese .. condurre operazioni senza cedimenti contro personalità della droga e smantellare la rete criminale della droga.” La campagna sarà applicata in un approccio duale, progetto Tokhang e Progetto HVT, obiettivi di alto valore”.
Sul progetto Tokhang si legge che “è un mezzo pratico e realistico di accelerare la spinta contro le droghe illegali”. Sarà fatta in cinque stadi: raccolta e validazione delle informazioni, coordinamento, perlustrazione casa per casa; processo e documentazione e monitoraggio e valutazione.
Neutralizzazione
La cosa inquietante è il testo sotto “Esecuzione”.
“La polizia Nazionale Filippina intende ugualmente affrontare il problema della droga illegale nei barangay e allo stesso tempo perseguire la neutralizzazione delle personalità della droga illegale come pure dell’ossatura dell’operazione delle droghe nel paese”.
Il termine neutralizzazione non compare in nessun manuale della polizia filippina. Secondo il linguaggio legale neutralizzare potrebbe anche significare uccidere o mutilare o immobilizzare un’altra persona.
Tutti i comandanti di unità della polizia ricevettero l’ordine di “applicare rigidamente il protocollo sulla condotta delle operazione antidroga”, proporre un piano di applicazione entro cinque giorni dal ricevimento della circolare e “valutare periodicamente ogni settimana” sulla condotta della circolare. La cosa più importante è che la circolare afferma che “la prestazione dei comandanti sarà rivista e valutata dal Comitato di Supervisione ogni mese”
Se si escludono le due sezioni iniziale e finale, la circolare prende copiosamente a prestito gli altri piani antidroga emessi dai precedenti capi polizia sotto la presidenza Aquino.
Duterte non ha mai firmato un singolo ordine esecutivo sulla guerra alla droga
Nel frattempo, Duterte stesso non ha firmato, e l’ufficio del presidente non ha rilasciato alcun ordine esecutivo per definire il ruolo del presidente e la responsabilità per la guerra alla droga.
Fino al giorno 18 settembre il segretario alla comunicazione del presidente, martin Andanar diceva al PCIJ di non sapere di alcun ordine esecutivo emesso sulla guerra alla droga. “Finora nessuno, nessuno che conosca. Ma fatemi controllare, forse mi è mancato”
Un vicesegretario esecutivo Salvador Medialdea ha anche confermato che non esiste alcun ordine esecutivo per l’intensa campagna contro la droga: “Niente ancora, non mi è stato detto di prepararne ma forse lo hanno ricevuto altri”. Quando gli si dice che sul sito della Gazzetta Ufficiale non c’è nulla l’avvocato ha detto: “Niente ancora, deve essere lì se ne sta uno”
In questa situazione Duterte ha persino proclamato con una delle sue bravate caratteristiche che è pronto ad andare in carcere da solo, al posto di poliziotti e soldati che potrebbero essere denunciati per tutte l infrazioni legali che possono commettere per la guerra alla droga.
“Vi proteggerò” disse Duterte ai poliziotti ancora all’ultimo fine settimana nella provincia di Isabela. “Non permetterò che nemmeno un poliziotto o soldato vada in galera”.
Nel riferirsi a se stesso come “sindaco” invece che come presidente della repubblica ha detto: “Tutto quello che fate, quelli sono gli ordini del Sindaco Duterte … E’ lui che deve essere messo in galera. Mi offrirò di andare dietro le sbarre”.
Eppure senza una regola scritta che porti la firma di Duterte e che lo ritenga passibile per i possibili errori o gli eccessi della sua guerra sarà una grande sfida.
La super agenzia della guerra?
Lo scorso 13 luglio De La Rosa parlò a PCIJ in un’intervista di un ordine esecutivo in via di stesura per creare un corpo tra agenzie dello stato che supervisioni la guerra alla droga.
Dodici giorni dopo, nel suo primo messaggio alla nazione, il 23 luglio il presidente stesso echeggiò questo quando disse: “Creeremo un comitato interagenzia sulle droghe che integrerà gli sforzi e rafforzerà la partnership di tutti gli attori”.
Finora questo comitato non esiste ancora né è stato firmato un ordine esecutivo di riferimento.
Lo scorso 4 settembre Duterte ha firmato il Proclama 55 in cui si “dichiara uno stato di Emergenza Nazionale per la situazione di Violenza Illegittima a Mindanao” e comandava alle Forze Armate Filippine e alla Polizia di “intraprendere tali misure che sono permesse dalla costituzione e dalla legge per soppriere tutte le forme di violenza illegittima a Mindanao e per prevenire che tale violenza si diffonda e aumenti in tutte le Filippine, tenendo in dovuto conto i diritti civili e politici fondamentali dei cittadini”. Ma questo documento che fu causato dalla bomba mortale a Davao, non si riferisce né copre la condotta della sua guerra alla droga.
I regolamenti del Comitato delle Droghe Pericolose
Visto l’assenza di un ordine esecutivo firmato da Duterte esistono solo le linee guida e i rapporti dell’agenzia, cioè di De La Rosa, del CDP e degli uffici regionali di polizia come pure gli aggiornamenti del Centro di Azione della polizia su Tokhang.
Il CDP, che ha le segreterie di circa 12 dipartimenti, ha emesso il 3 agosto 2016 tre regolamenti collegati alla guerra alla droga. Questi regolamenti coprono il premio in denaro a poliziotti e unità di polizia sulle operazioni antidroga; rivedono le linee guida per la condotta delle Operazioni di ripulitura della droga del Barangay ed emettono le linee guida e le domande per “la gestione delle personalità della droga che si consegnano volontariamente”
Difficile avere altri dati importanti come i risultati delle indagini del servizio egli affari interni della polizia e del SOCO su morti errate e omicidi che la polizia aveva addossato a sicari. Tali rapporti sono chiusi a chiave a doppio mandato per ora.
Nascosti o meno conosciuti sono anche finora i risultati delle conquiste della polizia su “riduzione dei rifornimenti” e la pulizia interna delle forze di polizia. Vari ufficiali di polizia hanno detto che solo 141 sono risultati positivi alle droghe mentre fino a 300 sono stati indicati come protettori della rete criminale.
BY MALOU MANGAHAS, KAROL ILAGAN, VINO LUCERO, AND DAVINCI MARU Philippine Center for Invetsigative Journalism