E quando il Re è scomparso la scorsa settimana, erano in milioni a condividere il dolore ed il lutto.
I monarchici hanno osannato i suoi 4000 mila progetti che hanno aiutato a migliorare le vite di tanti thailandesi negli oltre settantanni di regno. Gran parte dei thai non hanno conosciuto un altro monarca nella loro vita se non Bhumibol.
Decenni di esposizione mediatica a storie positive del re significano che i monarchici sono convinti che il Re sia un angelo che cammina, e lo venerano come semidio. Le lacrime e lo sfoggio pubblico estremo di dolore da parte dei monarchici thai nei giorni scorsi attorno al Palazzo Reale a Bangkok, dove giace la salma del Re, ed ad altri posti sono genuini. Alcuni avrebbero preferito di essere morti purché non lo fosse il loro amato monarca. Altri pregano di poter continuare ad essere i suoi sudditi leale nell’infinito ciclo delle reincarnazioni.
A rigore, non esiste un dio nel buddismo che è la religione della vasta maggioranza dei quasi 70 milioni di thai. Forse molti desideravano il conforto di una figura divina che sia perfetta e al di là di ogni dubbio.
Perciò chiunque, particolarmente i thai, metta un dubbio sulla relazione ideale tra il re e i suoi sudditi leali è considerato non patriota e ingrato.
Per loro essere thai significa esser leale verso il Re.
La Thailandia del XXI secolo, comunque, è in realtà una società pluralistica e questo comporta che sia impossibile attendersi che tutti i Thai condividano la stessa ideologia monarchica. La lotta per rompere l’egemonia su ciò che costituisce esser thai va avanti sin dai tempi dell’insorgenza comunista nella Guerra Fredda. L’ideologia liberale si è radicata tra i thailandesi, alcuni dei quali vogliono vedere una monarchia più trasparente e soggetta ad indagine insieme al realismo tradizionale. . Sarebbe inaccurato dipingere i thai come monarchici. Al di là del genuino dolore espresso dai milioni che hanno dato il loro ultimo saluto, la vita va avanti quasi normalmente per molti.
Quelli che hanno passato il confine criticando o diffamando il monarca, violando così la draconiana legge di lesa maestà, si trovano davanti a pene pesanti con il massimo di 15 anni di carcere. Oltre 60 persone sono state portate in tribunale dal golpe militare del maggio 2014. Una delle ragioni, per cui quelli che credono che chi la pensa diversamente sulla monarchia debba essere censurato, messo al silenzio o processato, è poiché essi sfidano il discorso dominante che tutti i thai amano e riveriscono il re.
I thai monarchici amano immaginare che il regno della Thailandia sia unico e considerano il compianto re come “il Re dei Re”. E’ in qualche modo come credere che la propria squadra di calcio sia la migliore al mondo. Si devono sopprimere tutte le sfide.
Tre giorni dopo la morte del re, il quotidiano di lingua inglese Khaosod English riportava che il principale fornitore di accesso televisivo, True Vision, aveva ammesso di aver censurato la BBC e Al Jazeera per le loro trasmissioni sulla morte del Re e le ripercussioni per la Thailandia, al fine di adeguarsi alle linee guida sul giornalismo nel periodo di lutto emesse dall’ente regolatore delle trasmissioni di stato.
Il giornalista di Khaosod English Sasiwan Mokkasen ottenne quello che sembrava un messaggio di reclutamento per i giornalisti non di testata affinché monitorassero le notizie. “Il lavoro è guardare Al Jazeera e BBC. Se trasmettono cattive notizie sul re, ditelo alla persona che vi siede al fianco perché la escluda dalle trasmissioni.” dice il messaggio. “Quando termina la notizia, riaccendete”.
Come se non fosse sufficiente, il regolatore ha anche chiesto ai fornitori di servizio internet di istituire centri di monitoraggio continuo alla ricerca di “contenuti inappropriati” per le piattaforme dei media sociali tra i quali Youtube, Facebook e Twitter, secondo quanto scritto su Prachatai.
Oltre alla sfera dei media, la pressione vigilante dei monarchici affinché tutti vestano di nero per lutto cresce fino al punto in cui il portavoce del governo militare ha invitato la gente a tollerare quelli che non vestono in nero. Uno delle mie amiche ha chiesto a suo padre, un ex diplomatico, se non dovessero vestire di nero per un anno. Temendo ripercussioni negative le fu detto “statti zitta”.
“Se non possiamo chiedere delle questioni fondamentali come il vestire non possiamo più fare domande serie” mi ha detto. Chiaramente alle voci che non rientrano nel discorso utopico non deve essere permesso di disturbare la visone monarchica del re compianto e del regno della Thailandia.
Pravit Rojanaphruk, TheGuardian