Il lato più oscuro della ideologia monarchica thailandese
La Thailandia vestita di nero piange la morte di Re Bhumibol scomparso all’età di 88 anni il 13 ottobre. I suoi 70 anni di regno ne hanno fatto il monarca regnante più longevo ed una figura che ha dominato tutti gli aspetti della vita thailandese. Era considerato da alcuni un semidio.
Tra le dicerie che giravano su internet, un documento del palazzo che confermava la sua morte è apparso sui media locali. E’ seguito qualche tempo dopo un annuncio ufficiale sui canali televisivi, letto da un annunciatore che sedeva davanti ad un fondo nero, vestito in un costume nero, cravatta e camicia bianca. In modo solenne informava che il “RE ha raggiunto i cieli” prima di introdurre un discorso del primo ministro Prayuth.
Il giorno seguente il compianto re faceva il suo viaggio finale dall’ospedale Siriraj di Bangkok, che gli è stata casa per tanto tempo del suo crepuscolo, al Palazzo Reale, dove il corpo riceverà i riti tradizionali. Larghe folle di thai vestiti di nero erano lungo le strade, seduti nel caldo oppressivo del pomeriggio per ore nell’attesa del suo arrivo. Alcuni piangevano sommessamente asciugandosi le lacrime dai volti. Altri portavano ritratti del re con loro, tenendoli stretti ed alzandoli sulla testa. Quando passò il convoglio lentamente, un silenzio di morte cadde sulla folla, il pianto collettivo e la gravità storica che si univano a dare a quel momento una dignità sobria ma pacifica.
Ma non tutti si sono comportati con lo stesso livello di decoro da quell’annuncio. Mentre la maggioranza piange la morte con calma, nel loro intimo, altri hanno trasformato il dolore in rabbia colpendo chi accusano di non dare sufficiente rispetto al monarca scomparso. Tali incidenti accadono quasi ogni giorno intristendo il periodo di lutto e rivelando un lato più oscuro dell’ideologia monarchica Thailandese
Il 14 ottobre col calo della notte sul paese che piange, una grossa folla arrabbiata si radunò all’esterno di un piccolo negozio di Phuket. Vestiti di nero chiedevano l’arresto di un giovane lì dentro che accusavano di mancanza di rispetto per la famiglia reale sui social media. A tenere la folla arrabbiata lontano dal negozio c’era una linea folta di poliziotti. Ci vollero varie ore per calmare la folla che si disperse alle tre del mattino. L’uomo accusato fu poi accusato di aver diffamato il re per essere poi rilasciato per mancanza di prove. Chi organizzò la caccia alle streghe rimase insoddisfatto promettendosi di perseguire la questione dopo.
La dura legge di lesa maestà punisce i reati contro la monarchia con pene fino a 15 anni di carcere. Si possono fare anche accuse multiple contro la stessa persone e, nel 2015, un uomo accusato di sei crimini di lesa maestà fu condannato a 60 anni. La pena poi fu dimezzata perché l’uomo ammise la colpa come accade in questi casi. La legge è definita in modo vago ed è interpretata molto largamente. I processi sono condotti a porte chiuse.
La notte dopo quella a Phuket accadde la stessa cosa a Phang Nga, dove una folla arrabbiata vestita di nero circondò il negozio di pane chiedendo le scuse dal figlio del proprietario accusato di mancanza di rispetto del re. Il giovane sui media sociali aveva detto che il dolore mostrato per il re scomparso era eccessivo. Si domandava anche se la gente aveva espresso lo stesso amore per il proprio padre come avevano fatto per il re, il quale è spesso descritto come il padre della nazione. Per placare la folla e poi disperderla fu necessaria un forte cordone di polizia.
Altri incidenti simili scoppiarono successivamente. A Koh Samui una donna di 43 anni accusata di insultare la monarchia fu costretta dalla polizia a prostrarsi davanti al ritratto del re, mentre una folla irata e strafottente la sorvegliava. Anche lei probabilmente sarà accusata di lesa maestà.
A Bangkok una donna anziana fu buttata fuori da un bus dagli altri passeggeri che l’accusavano di mancanza di rispetto per la monarchia. Dopo che scese, un passante vestito di nero le diede un forte ceffone rimproverandola. Quando giunsero militari e polizia, tutti chiesero l’arresto della donna che, come dopo si scoprì, soffriva di problemi mentali.
A Chonburi, un giovane fu preso da monarchici vigilanti dopo che il giovane aveva fatto un post su facebook considerato offensivo sulla monarchia. Fui preso dalla casa dalla folla, picchiato e costretto a inginocchiarsi davanti al ritratto del re per essere poi preso a calci in faccia.
Le reazioni a questi eventi sono state differenti. Per alcuni questi sono degli indicatori della pressione estrema a conformarsi alle nozioni del nazionalismo reale. Per altri le folle sono interamente giustificate e chi manca di rispetto deve essere punito con severità. Quando sono messi online i video, le foto e le riprese dal vivo, i commenti scritti sono scioccanti.
Migliaia di utenti hanno incitato le folle alla violenza, ad attaccare le vittime della caccia alle streghe. I vari post usavano un termine “esso” per riferirsi ai perseguitati, termine non solo rude ma disumanizzante, pericoloso. Alcuni incoraggiavano ad assaltare e bruciare i luoghi dove le vittime si rifugiano. Altri dicevano di costringerli a lasciare il paese per vivere altrove.
Questa miscela tossica di nazionalismo ultrarealista e mentalità da linciaggio non è cosa nuova per la Thailandia. Il 6 ottobre si sono tenuti degli eventi per ricordare il quarantesimo anniversario del massacro degli studenti alla Thammasat. L’atrocità, uno dei periodi più neri della Thailandia, fu accesa dalle dicerie che gli studenti avevano mancato di rispetto alla monarchia. Forze di sicurezza armate e gruppi paramilitari di destra attaccarono e distrussero il campus nel quartiere storico di Bangkok.
46 sono gli studenti riconosciuti morti ufficialmente sebbene la cifra reale possa essere oltre cento. Alcuni furono sparati nel campus, altri scapparono buttandosi nel fiume per essere sparati nell’acqua dalle navi della marina. Altri furono picchiati fino alla morte mentre provavano a scappare, i corpi brutalizzati e accesi. Le atrocità continuarono per ore interrotte solo dalle nuvole scure che mandarono giù un grosso temporale.
Una foto diventata icona del massacro mostra il corpo senza vita, martoriato, penzolante da un albero per il collo allungato di uno studente, mentre un uomo si accinge a colpirlo con una sedia. Una folla li guarda e molti hanno un grande sorriso sulle facce. Per troppi thai l’immagine grottesca è diventato un simbolo potente di una violenza latente che sta appena sotto la superficie della società.
Questa violenza scoppia particolarmente quando la gente crede che l’ideologia della Nazione, Religione e Re sia minacciata. Nel 2006 un uomo mentalmente malato distrusse una statua di Brama nel tempio di Erawan con un martello. Fu attaccato dalla folla di passanti e picchiato a morte.
Nazionalismo e monarchia furono sfruttati dalle magliette gialle contro Thaksin Shinawatra. L’ex premier fu criticato “per aver venduto la nazione” quando vendette le azioni della famiglia della compagnia di telecomunicazioni Shin Corporation ad un’impresa di Singapore. Fu anchelui accusato di aver mancato di rispetto per il re, giustificazione usata dai militari per lanciare contro di lui il golpe che lo esautorò dal potere.
Quando emerse anni dopo il movimento delle magliette rosse, anche loro furono criticate per nutrire sentimenti antimonarchici. L’accusa, che era troppo grossa anche se aveva dei presupposti, fu usata per vilificare il movimento e alimentare una ritorsione contro.
Nel punto di vista normativo thailandese monarchia e nazionalismo sono così legate profondamente che chiunque non sia entusiasta monarchico è considerato non thai. Le magliette rosse furono perciò tacciate come “altri”, nemici esterni da reprimere. Circa 90 di quel movimento furono uccisi durante le operazioni militari per disperderli nel 2010. Molti morirono per singoli proiettili in testa sparati da cecchini, senza che ci fosse un grido di dolore da chi non era allineato col movimento.
Nel 2014 si mobilitarono le proteste monarchiche nazionaliste contro il governo eletto di Yingluck Shinawatra. I monarchici gialli dei movimenti precedenti furono rimpiazzati dal tricolore thai che adornava magliette, bandiere e parafrenia. Il movimento lanciava gli stessi appelli dei precedenti movimenti ed era sostenuto da uno stesso settore di società. In quello che seguì la violenza di vendetta prese la vita a 28 persone da entrambi gli schieramenti.
La scomparsa di Re Bhumibol è giunta dopo un decennio di lotta politica intensa e senza soluzioni. Il ruolo ella monarchia e la natura dell’ideologia monarchica sono aspetti importanti del conflitto. Questo è un fatto impossibile da discutere apertamente non solo per la legge di lesa maestà ma anche per il fervore troppo carico degli ultra monarchici.
La giunta militare sembra attenta a proteggere i vigilanti, mettendo in guardia le persone a non farsi giustizia da solo ma a denunciare i reati contro la monarchia. I segnali comunque sono confusi. Il ministro della giustizia sembrava dare la propria benedizione alla folla affermando che chi insulta la monarchia deve accettare le sanzioni sociali. Raccomandava anche di attaccare i thai che vivono all’estero considerati anti monarchici.
E’ estremamente pericolo so che tali azioni ricevano l’approvazione di qualcuno che una una posizione di autorità.
La retorica di questi ultra monarchici è sempre più allarmante. Un uomo ha messo in linea una foto bucata con proiettili di un dissidente famoso, Aum Neko, che vive in esilio in Francia. Un gruppo che fa caccia alle streghe da tanto tempo, “Organizzazione di raccolta della spazzatura” ha lanciato la richiesta di dare la caccia ad Aum Neko. Il nome del gruppo implica che chi manca di rispetto alla monarchia è spazzatura da essere messa in discarica. Aum è scappata in un altro paese per salvarsi.
E’ stato messo online un video, registrato da un uomo che guida nella sua auto che piange per la morte del Re Bhumibol e che minaccia di uccidere chi manca di rispetto alla monarchia. Aveva due pistole al suo fianco ed un ritratto del re e della regina sul sedile posteriore.
Il conflitto politico codificato con dei colori dei 10 anni passati ha distrutto le comunità, amicizie e famiglie. Nelle file di appartamenti e negozi per il paese, i Thai si preoccupano nel vedere i vicini lasciare le case per andare alle manifestazioni, vestite in rosso o in giallo. Le amicizie si sono avvelenate e finite per dei post su facebook. La gente sa chi delle proprie comunità è un rosso o un giallo e sanno cosa significa.
La tempesta politica di tanto tempo è stata caricata troppo, ha causato moti danni, buttato giù governi e preso vite. Vecchi rancori non si dimenticano in fretta particolarmente quelli che si credono nutrire cattivi sentimenti contro la monarchia.
Col paese ora vestito di nero e con le emozioni accese c’è forse il pericolo che la Thailandia si accinga a rivisitare alcuni dei propri momenti più oscuri
James Buchanan, Department of Asian and International Studies, City University of Hong Kong, TheDiplomat