Hanno spento le luci della strada e strisciano sotto il manto dell’oscurità tre uomini armati ed incappucciati nei viottoli di una baraccopoli di Manila
Tre uomini armati ed incappucciati si muovono furtivamente lungo una stradina di una baraccopoli, in una piccola municipalità nel cuore di Metro Manila. Il trio armato ha pianificato la propria azione alle tre della notte. Hanno spento le luci della strada e strisciano sotto il manto dell’oscurità.
Baracche strettamente aggrovigliate dal tetto in ferro battuto e assi di legno sottile rendono l’operazione suscettibile ad attrarre testimoni. Alcuni degli abitanti, che osservano furtivamente dall’interno delle case, sanno della presenza del gruppo. Nessuno si è mosso o avvisato la polizia. Perché dovrebbero? Gli uomini incappucciati sono la polizia.
Una serie di colpi scuote il silenzio prima dell’alba. Alcuni raccontano di aver sentito le suppliche e le urla. Poi nel giro di qualche minuto regna di nuovo il silenzio e gli uomini armati scompaiono nel manto dell’oscurità.
Al canto del gallo dell’alba, la stradina si fa densa di una folla incuriosita, che parla degli eventi che si sono svolti qualche ora prima. Due dei loro vicini, una coppia di marito e moglie, sono stati trovati uccisi in casa. Il marito con quattro colpi al petto mentre la moglie due al capo. Avevano una cinquantina di anni ed erano sospetti spacciatori di droghe illegali.
Secondo il figlio della coppia, uno dei tre figli sopravvissuti, i tre uomini sono entrati dalla loro camera. Uno ha sparato quattro colpi al padre che era appena uscito dal bagno. Questo ha allertato il resto della famiglia a gridare, ma gli uomini glielo hanno impedito, minacciando di ucciderli tutti se non avessero chiuso la bocca. La madre ha provato a scappare dalla porta sul retro, ma uno l’ha afferrata per i capelli, l’ha immobilizzata sul letto di legno piantandole due colpi in testa. Quando gli uomini se ne sono andati, le figlie hanno cercato aiuto gridando dai vicini, sperando di salvare i genitori. Ma nessuno ha trovato la volontà di portare la coppia all’ospedale per paura che sarebbe potuto costare loro la vita.
La polizia scientifica filippina, SOCO, giunge sul posto un’ora dopo l’incidente per condurre le indagini del caso. Appena due settimane prima, un altro presunto spacciatore era stato abbattuto nella stessa area e allora ci vollero oltre sette ore per arrivare sulla scena alla polizia del SOCO.
Sono solo due racconti dei tanti omicidi extragiudiziali non documentati che hanno luogo nelle Filippine da quando Duterte è salito sul podio presidenziale.
Secondo le ultime cifre dela polizia, dal primo di luglio alla terza settimana di ottobre sono state uccise 4726 persone nella campagna presidenziale contro la droga illegale. Di quelli, fino al 26 ottobre, 1725 presunte personalità della droga sono stati uccisi in operazioni di polizia, mentre 3000 sono quelle uccise in stile da vigilante.
Ma queste cifre sono ormai diventate vecchie mentre i corpi delle vittime continuano ad accumularsi a causa della politica di tolleranza zero contro le droghe illegali.
Il metodo non ortodosso di Duterte di trattare la piaga sociale delle droghe ha preso il posto principale quando si parla di diritti umani, allarmando chi si interessa dei diriti umani in patria e all’estero. L’amministrazione è stata fortemente criticata per minare il sistema della giustizia con gli ordini “spara per uccidere”. Il segretario dell’ONU Ban Ki-Moon ha rigettato queste violazioni accusando Duterte di sostenere queste pratiche. Gli USA, alleato storico e partner commerciale, ha fatto conoscere le proprie preoccupazioni invitando Duterte ad aderire agli standard dei diritti umani nel trattare con la criminalità della droga. Ma Duterte resta immobile giungendo a colpire i propri critici con parole dure, deciso a fare nelle Filippine ciò che ha fatto a Davao.
Un membro delle Squadre della Morte di Davao, Edgar Motabato ha affermato in un’audizione al Senato di Settembre di aver liquidato individui sospetti per ordine dell’allora Sindaco di Davao Rodrigo Duterte. Motabato affermò che aveva il compito di uccidere trafficanti, stupratori e piccoli criminali e che 1000 persone erano state uccise a Davao dal suo gruppo tra il 1988 e il 2013.
I componenti del governo di Duterte rifiutano il coinvolgimento del presidente in questi omicidi extragiudiziali. Il suo portavoce afferma che, per esempio, il presidente “non è capace” di ordinare tali omicidi, aggiungendo che quando Duterte era maggiore di Davao, la Commissione dei Diritti Umani aveva già condotto indagini in questi presunti omicidi, non trovando però solide prove che legavano Duterte a queste esecuzioni sommarie.
A settembre il ministro degli esteri Perfecto Yasay invitò l’ONU a non interferire nella guerra alla droga di Duterte poiché la nuova amministrazione è determinata a liberare il paese dalla corruzione e da altre pratiche stagnanti. Questa repressione del crimine, disse Yasay, era causato dal mandato senza precedenti di Duterte.
I critici dell’amministrazione sottolineano che Duterte e la Polizia hanno intrapreso azioni che si allontanano da quanto dichiarato. La strategia denominata Oplan Tokhang è diventata la norma nel trattare con lo smercio di droga a livello di strada. La strategia, basata sul concetto di arma a doppia canna che spara due colpi la volta con un solo tiro di grilletto, è mirata contro i grandi spacciatori, prima canna e ad aiutare chi si trova al fondo della seconda canna, che vogliono riformarsi e cercare di riabilitarsi.
Eppure questa operazione sembra non aver un chiaro protocollo sulle regole di ingaggio. Dubbi scontri a fuoco seguono i racconti di non resistenza da parte di spacciatori arrestati, spesso con sospetti, che sono per lo più piccoli spacciatori che finiscono uccisi. La ragione riportata è che sono state poste delle quote degli omicidi di criminali perché i poliziotti accettassero l’Oplan Tokhang. Il comandante della polizia De La Rosa lo nega, affermando che la quota imposta è sul numero di arresi e sugli arresti fatti, non sul numero di persone uccise durante le operazioni.
L’amministrazione afferma che responsabili degli omicidi extragiudiziali sono gruppi di vigilanti non la polizia. Deve essere ancora verificato, comunque, se questi cosiddetti vigilanti rispondano alla domanda del presidente di uccidere i criminali. Le fila degli apparati di sicurezza sono piene di corruzione come mostrato dall’arresto di poliziotti di basso rango corrotti, coinvolti nel traffico. Gli analisti affermano che questi vigilanti siano poliziotti corrotti che provano a cancellar le orme lasciate che conducono alla rete criminale e ad ufficiali di polizia coinvolti nella droga.
Duterte ha detto che ha solo sei anni per curare il paese dei suoi mali eterni. Con numero crescente di persone uccise nelle operazioni di Oplan Tokhang sembra che Duterte stia vincendo la sua crociata, ma è un approccio da vie spicce. Ignora le pratiche standard che valutano il diritto degli individui a vivere e ad avere uguale presenza nelle corti di giustizia.
Vincet Dublado, Thediplomat