Al Harry Bar, a Pak Beng, sulla riva del Mekong, la cassetta di Bob Marley inizia sempre alla stessa ora ogni notte, dopo che approda la barca con i turisti. Il reggae si aggira sulle giungle della montagna, stanca eppure rassicurante col loro messaggio positivo di pace e amore.
Non ti preoccupare proprio, canta Bob col sottofondo del rumore delle bottiglie della BeerLao, perché ogni piccola cosa si aggiusterà.
I cittadini però sono preoccupati per la costruzione di una diga immensa a 14 chilometri a monte da Pak Beng. Si discute di questa diga dal 2007, quando la ditta cinese ed il governo laotiano firmarono un Memorandum di intendimenti, e questo anno si deve cominciare a costruirla.
Ma mentre anni fa furono lanciati vari studi e lavori preparatori, in una loro visita a gennaio, Mongabay viene a sapere che poche persone attorno alla diga conoscono del progetto.
“C’è pochissima trasparenza sullo sviluppo di questi progetti” ha detto a Mongabay Maureen Harris, direttore del programma del sudestasiatico per International Rivers. “C’è pochissima informazione per le comunità e gli altri interessati prima del processo di consultazione prioritario. E sappiamo per esperienza che, a questo punto del progetto, si sono fatte le decisioni e molti degli accordi importanti vanno avanti, se non sono stati conclusi tra le imprese coinvolte”.
Pak Beng, locata nella provincia laotiana nordoccidentale di Oudomxay, è un punto di passaggio della notte di un viaggio di due giorni verso la capitale culturale del Laos, Luang Prabang, e moltae delle attività economiche sono legate ai turisti stranieri.
Le compagnie turistiche attirano i visitatori promettendo una vista idilliaca delle montagne coperte di foreste, di rive immacolate, rapide e burroni, ma la valutazione di impatto sociale per la diga appena pubblicato è ottimista sull’impatto che la trasformazione di un vasto tratto di fiume in una riserva avrà sull’industria. Il documento ammette che lo sviluppo comporterà “una perdita dello scenario di spiagge di pietre e sabbia”, sostenendo però che “il sito della diga sarà il nuovo posto per imparare e il nuovo sito turistico del Laos”
Pak Beng è anche uno dei centri di distretto con un mercato ed un sistema di trasporti affollato. Guidatori di barche veloci con elmetti antiurto percorrono la superficie del fiume ad una velocità esasperata con imbarcazioni fuoribordo in fibra di vetro trasportando la gente del posto tra la città ed i villaggi. Fanno il loro lavoro lungo il percorso turistico, 130 chilometri verso la città di confine con la Thailandia di Huay Xai e 180 chilometri a sud verso Luang Prabang.
Non è chiaro se lo potranno fare anche dopo che la diga sarà costruita. Si accenna nei documenti di valutazione di impatto ad un passaggio adatto per permettere alle piccole imbarcazioni di continuare, ma non se ne parla nei progetti dettagliati.
I documenti ammettono che la diga “disconnetterà il fiume a valle” ed avrà numerosi impatti simili a monte e a valle. Perdita di terre per gli allagamenti, perdita di pesce anche a valle, ridotta migrazione dei pesci, cambiamenti al flusso dei sedimenti e alla qualità dell’acqua, alla fluttuazione stagionale dei livelli e all’ecologia, e alle possibili contaminazioni del fiume durante la costruzione.
Sembra che subirà un impatto la vita di chiunque nell’area. Gli operatori degli alberghetti, dei ristoranti, dei gestori delle barche, dei pescatori, di chi coltiva gli orti lungo il fiume. Tutto dipende dal pesce, dai sedimenti o dai turisti che il fiume porta. Nei documenti del progetto tutto è considerato gestibile con misure di mitigazione, incluse il monitoraggio, risarcimenti e l’istituzione di sistemi di lavoro alternativi”.
A novembre 2016, il governo laotiano notificò alla Commissione del Mekong dell’intenzione di andare avanti con la diga di Pak Beng, dando inizio ai sei mesi dei processi di consultazione e negoziazione richiesti dall’accordo del 1995 sul fiume Mekong.
La commissione a gennaio pubblicò il faldone dei progetti richiesto dalla legge laotiana. Sebbene quasi tutti siano ormai datati ed alcuni troppo vecchi e contraddittori, compresi il costo stesso del progetto che passa a quasi tre miliardi di dollari, rivelano che la diga sarà alta 69 metri, svilupperà una potenza di 912 megawatt, allagherà la valle del fiume fino ad un’altezza di 340 metri sul livello del mare. La riserva risultante da 7659 ettari si estenderà per 97 chilometri e allagherà 4000 ettari di foresta, di villaggi e terreni agricoli. Il progetto include un bypass per i pesci lungo 1.8 km ed una chiusa che permetterà a navi da 500 tonnellate di passare la diga.
La diga di Pak Beng sarà costruita sulla base di un Build Operate Translfer, BOT, dalla China Datang Overseas Inv, che detiene 81% della speciale entità istituita per il progetto, mentre il Laos controlla il 19%. Il 90% dell’energia sarà esportata in Thailandia ed il resto offerto all’ente laotiano dell’energia elettrica, EDL.
Il documento chiarifica che permettere la navigazione commerciale tutto l’anno è una motivazione significativa per costruire una cascata di dighe sulla parte superiore del Mekong in Laos. Il processo di consultazione forse è appena iniziato, a pochi chilometri dal sito dall’altra parte del fiume gli scavatori di Pak Beng fanno un taglio profondo nella foresta.
In un villaggio vicino dove è andata Mongabay, la terra comune è stata presa senza risarcimento per costruire la strada alla diga. Gran parte degli abitanti pesca e coltiva riso e verdure per sostenersi, come anche coltiva un po’ di mais per il contante negli orti lungo il fiume.
C’era disamore per la diga, dice il capo villaggio, che ha già privato la gente della terra su cui campavano minacciando di prendersene ancora. La gente del progetto non aveva discusso degli impatti della diga stessa, ed il capo villaggio aspetta ancora di sapere se alcune famiglie dovranno essere risistemate altrove.
Secondo Ian Baird della università Wisconsin Madison, i problemi delle persone spostate sono appena la punta di un iceberg.
L’attenzione quasi esclusiva da chi ha progettato la diga sulle zone allagate “sottostima del tutto lo scopo del progetto” il cui impatto “si estenderà a centinaia o migliaia di chilometri” dice Baird. La gente che vive a valle, che subirà i grandi impatti della diga “non avranno assolutamente nulla”
Potrebbe essere il caso del progetto di Pak Beng che ha identificato 26 villaggi con 4726 persone come “direttamente colpiti”, ma che ha posto appena 10 milioni di dollari sui 2.7 miliardi del costo del progetto per i risarcimenti in 25 anni, gran parte dei quali per risistemare le 203 famiglie che dovranno allontanarsi.
I documenti del progetto non danno informazione dei progetti di sostegno previsti nella cifra del valore di 1.4 milioni di dollari.
Nessuna risposta è stata data dal Governo Laotiano e dalla China Datang a Mongabay che ha chiesto informazioni.
Pak Beng appartiene alla frenesia di costruzione di dighe del governo laotiano. Definendosi Centrale elettrica dell’Asia, il Laos spera di trasformare il potenziale idroelettrico in entrate di esportazione con il troppo proclamato obiettivo di sfuggire alla definizione di paese meno sviluppato per il 2020.
Mentre la forte crescita economica degli ultimi anni ha visto un calo della povertà, è tuttavia al 23% il valore più alto nella regione, mentre resta al 44% il numero di bambini colpiti dalla malnutrizione.
“L’occidente ama quello che il Laos ha ottenuto con una crescita media che viaggia tra il 7 e 9% annuo” dice Baird. “Ma ha un costo. Tutto ciò che faceva parte del sostentamento della gente senza essere monetizzabile è stato disintegrato”.
Il numero, la grandezza e la localizzazione dei progetti idroelettrici che si pensano in Laos, e la chiara mancanza di considerazione dei loro impatti cumulativi sul bacino del Mekong hanno allarmato scienziati, ONG, governi e banche di sviluppo nella regione ed oltre.
Mentre la Banca Mondiale e la ADB hanno pubblicamente preso le distanze dalle dighe sul corso del Mekong, continuano indirettamente a sostenersi promuovendo politiche regionali come una griglia di energia alimentata da grandi progetti idroelettrici. Lo sostiene Maureen Harris.
Secondo alcune fonti, il commercio dell’energia e l’ambizione di raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio non sono i soli fattori che spingono a costruire le dighe e alla agenda di sviluppo laotiano. Fonti anonime del governo, in un rapporto del 2009 di Radio Free Asia, sostenevano che la corruzione era comune tra i grandi progetti infrastrutturali laotiani. “Negli appalti con molte imprese, pagano i rappresentanti del governo. Io ho i soldi, tu i progetti. Andiamo a pranzare insieme. Così funziona in Laos” diceva una fonte anonima.
Un rapporto di Global Witness afferma che la corruzione è tanta nelle acquisizione di suoli in Laos dove “le elite e grandi affari la fanno franca quando ignorano le leggi nazionali che salvaguardano i diritti delle comunità e dell’ambiente”.
A scoppiare in Laos non sono solo le dighe, ma anche gli investimenti stranieri in generale e con essi la rete dei trasporti. Il ponte di Pak Beng, apertosi a marzo del 2016, oltre ad essere utile per il trasporto dei materiali e dei lavoratori per la diga, è descritta da chi l’ha costruito come “un importante punto di connessione” nella via di trasporto che va dallo Yunnan cinese al Laos al Nord della Thailandia.
Poi c’è anche il piano di trasformare il medio Mekong in un grande canale navigabile a colpi di dinamite, e permettere a navi da 500 tonnellate di viaggiare tra Simao nello Hunan a Luang Prabang e forse Vientiane in tutte le stagioni.
A 50 chilometri a monte da Pak Beng, i militanti in Thailandia hanno lanciato la protesta contro la distruzione di rocce e passaggi a Chiang Kong previsto dal Progetto di Miglioramento della navigazione del Canale guidato dalla CIna. Il progetto ha ricevuto l’approvazione di principio da parte del governo thai, generando però controversie in Thailandia, dove si afferma che tale progetto distruggerà l’ecologia del fiume, le comunità rivierasche a beneficio soltanto della Cina.
“Sarà la funzione del Mekong soltanto economica, per l’energia elettrica e la navigazione delle grande navi?” si chiede Jirasak Inthayot il quale afferma che nel giro di tre o quattro anni le specie locali dei pesci scompariranno e le conoscenze storiche della gente sulla pesca tradizionale saranno inutili.
Nello stato autoritario del Laos non ci sono proteste.
In un altro villaggio a monte di Pak Beng, oltre passi di foreste monsoniche dalla bellezza sconvolgente che si arrampicano sulle montagne avvolte dalla foschia, le reti da pesca sono stese per terra per essere ammendate ed una donna siede davanti a casa sua ad intessere col bambù.
Il capovillaggio dice che la gente qui ha una vita confortevole e facile. Pescano dal fiume, crescono il mais ed altre verdure nei loro orti, e coltivano cocco, mango ed alberi di tamarindo.
Hanno saputo dal 2013 della diga e sono rassegnati che qualcuno dovrà esser spostato altrove. Lui è pronto ad accettare di essere spostato se il processo è ben pianificato e sostenuto. Ha suggerito di ripiantare nelle nuove aree gli alberi da frutta in tempo utile per dare i frutti quando la gente si sposterà.
Anche qui la terra comune è stata presa senza alcun risarcimento per fare posto alla strada della diga, e la gente del villaggio non è contenta degli accordi di ricollocazione loro mostrati. Le cifre del risarcimento discusse sono basse, e non si parla di rimpiazzare la terra da coltivare che sarà persa. Questa questione del suolo agricolo è stata dibattuta molto per gli effetti duri sulla gente ricollocata per la diga a Xayaburi, dice Harris.
I documenti della diga di Pak Beng riconoscono che la terra adatta per la gente da ricollocare è molto limitata in Laos ed acquisirla in molti casi genera altri impatti sociali e ambientali. Notano anche che il 69% delle entrate medie delle famiglie deriva dall’agricoltura. Eppure chi ha scritto i documenti dice di “attendersi di spostare la gente da un’economia di sussistenza ad un’economia volta al mercato”.
Dei sette villaggi che sono stati identificati come soggetti a ricollocazione parziale o totale, sembra che solo chi può andare ad una elevazione maggiore sulle proprie terre avrà accesso sufficiente ad aree agricole. Il piano di azione di ricollocazione mostra che in tre luoghi dove si pensa di ricollocare persino le particelle segnate per le case sono già in uso. Ma in due di queste comunità ospitanti che non hanno alcun titolo per le aree la gente si è dimostrata disposta a ridare le aree solo se riceveranno un risarcimento e se saranno inseriti nei programmi di sostegno.
Un vecchio di un villaggio lungo il fiume dice di sperare che la diga darà più opzioni per i giovani portando elettricità ed una strada operativa. Ma ha chiesto ansioso cosa farà la comunità, una volta persi la terra e il loro sostentamento, se il governo non li aiuterà più come promesso? Il villaggio è già povero.
Jenny Denton, mongabay.com