Il ministro dell’ambiente malese si dice sicuro che, nel 2017, non si assisterà al ripetersi di quello smog del sudestasiatico soffocante, che prendeva gli occhi, che ha coperto parte del suo paese, Singapore e varie aree dell’Indonesia per circa due mesi nel 2015.
“Molto probabilmente non avremo smog quest’anno. Anche se dovesse giungere, non sarà così preoccupante come nel passato” dice il ministro dell’ambiente malese Wan Junaidi Tuanku Jaafar.
Lo smog del Sudestasiatico, che è generato per lo più dal bruciarsi dei terreni torbosi e delle foreste a causa della ripulitura delle piantagioni in Indonesia, è da trent’anni una ricorrenza annuale che rende l’aria delle due metropoli della penisola malese, come Singapore e Kuala Lumpur, quasi irrespirabile e danneggia anche la produzione economica.
Scoppi prolungati di smog nel 1997 e 2015 causarono tensioni diplomatiche quando Singapore si scagliò contro la vicina Indonesia per l’impatto dell’inquinamento sui cittadini e sul loro vita.
Una nuova alleanza, sostenuta dal governo indonesiano, fatta tra ambientalisti, uomini di affari, contadini e cittadini mira a prevenire i fuochi più debilitanti nel Borneo indonesiano e a Sumatra Occidentale dove ci sono i settori più floridi della produzione di olio di palma e di carta.
“Il governo indonesiano è molto attento ad affrontare gli incendi nelle foreste” ha detto Prabianto Wibowo del ministero delle foreste indonesiano quando ha parlato al Forum Dell’Industria responsabile a Giacarta il 15 marzo. Oltre ai danni diplomatici con Singapore il costo degli incendi del 2015 sono stati valutati dalla Banca Mondiale attorno ai 16 miliardi di dollari.
Al Forum è stato annunciato che gli operatori malesi Sime Darby e IOI Group, impegnati in una questione annosa sui diritti dei suoli a Sarawak, aderiranno alla Fire Free Alliance, FFA,una collaborazione che “è attenta alla prevenzione degli incendi mediante l’intervento delle Comunità”.
FFA è costituita da gruppo ambientalisti e imprese del legno ed agricole tra le maggiori come anche grandi compagnie di produzione di olio di palma.
Il suolo torboso infiammabile costituisce 11% dell’area dei suoli indonesiani e può bruciare per settimane con effetti mortali. Si valuta che siano centomila le persone morte per malattie legate allo smog nel 2015, causato anche da una siccità inasprita dal periodo secco del El Nino, che è un percorso climatico dell’oceano pacifico che talvolta porta caldo e siccità.
I governi controbattono a questa cifra dicendo che non è possibile attribuire questa mortalità in ogni caso ai fuochi. Resta il fatto che i livelli di inquinamento raggiungono valori intollerabili quando bruciano le foreste indonesiane, fino a 10 volte i limiti raccomandati che OMS, come in Malesia, dice causare morti premature.
“Ha un impatto sulla salute delle persone e sull’economia ed il turismo” dice Aurelie Charmeau di movimento ambientalista di Singapore. “Evito di uscire durante lo smog, lo senti, lo odori, è difficile respirare”.
Ma ci vorrà molto prima che l’Indonesia potrà essere descritta come libera dagli incendi. FFA infatti copre 200 villaggi dispersi su 1.5 milioni di ettari, appena un quarto della cifra stimata dal governo di 731 villaggi in 7 province indonesiane, dove avvengono gli incendi.
“Sarà un successo se riusciremo a coinvolgere molte altre imprese” dice Lucita Jasmin direttore degli affari di sostenibilità ed esterni presso APRIL. Riconosce però che “non esiste una data obiettivo per coinvolgere gli oltre 700 villaggi”.
Usanze difficili da rompere
Sarà davvero importante coinvolgere tutti, poiché accendere i fuochi nelle foreste, modo moderno per la pratica ancestrale di taglia-e-brucia, è considerato il modo più economico di ripulire le nuove piantagioni.
“Incontrare le comunità e cambiare i comportamenti richiede tempo” dice Jasmin. In Indonesia ci sono migliaia di piantagioni gestite da piccoli proprietari con poche risorse per ripulire il loro appezzamento per raccolti annuali.
Secondo un rapporto del 2012 di PricewaterhouseCoopers, i piccoli proprietari producono il 38% della produzione di olio di palma. “Non si può semplicemente vietare una pratica senza dare un’alternativa” sostiene Jasmin.
Per venire incontro al cattivo uso del suolo nell’arcipelago, il governo indonesiano sta preparando una nuova legge del suolo, stando a quanto dice il ministro dell’agricoltura Sofyan Djalil.
Nel forum di Giacarta il ministro non affrontò la questione dello smog causato dai fuochi perché le foreste riguardano un altro ministero e le piantagioni sono ancora considerate area forestata.
“Quanta foresta ha bisogno il paese?” chiede Djalil. “Dobbiamo affrontare questa questione e promuovere lo sviluppo economico per i piccoli proprietari”.
Nel tentativo di affrontare l’impatto dei fuochi, nel 2016 il governo creò l’Agenzia del Restauro dei Terreni Torbosi, che mira a restaurare 2 milioni di ettari di terreni torbosi degradati in sette province su un periodo di cinque anni.
Joko Widodo incontrerà i capi delle comunità delle foreste indigene a Sumatra il 7 marzo dove ci s i attende che si chieda al presidente di applicare la promessa di ridare 12,7 milioni di ettari di terra alla proprietà delle comunità, cosa che aiuterà a proteggere le foreste e a tagliare l’inquinamento.
Ma la richiesta di olio di palma ha visto un’espansione grande negli ultimi due decenni. Ci si attende che la crescita continui, ponendo ulteriore pressione sui suoli e le foreste oltre ad aggiungere incentivi ai contadini bisognosi o ai proprietari a bruciare e tagliare e poi coltivare olio di palma.
L’analisi di mercato per l’olio di palma pubblicato lo scorso anno stima il mercato globale ad un valore di quasi 66 miliardi di dollari nel 2015 e 93 nel 2021. Un tempo era usato per la cucina, l’olio di palma è un ingrediente vitale in tantissimi prodotti dallo sciampo, ai rossetti, alla cioccolata e gelati. Indonesia e Malesia producono 80% del prodotto al mondo e per l’Indonesia rappresenta il terzo maggiore prodotto di esportazione dopo carbone e gas.
Benché utilissimo e comune, l’olio di palma è stato descritto come il prodotto agricolo più odiato al mondo per i legami con la deforestazione e l’inquinamento. Se FFA riesce a tagliar i fuochi delle foreste indonesiane, sarà un bel contributo contro la cattiva reputazione a favore dell’ecologia e biodiversità dell’arcipelago.
La foresta pluviale indonesiana è la terza maggiore al mondo dopo quella brasiliana e quella congolese, ma la sua grandezza è stata drasticamente ridotta dagli incendi. Un rapporto del 2014 calcolava che l’Indonesia ha perso oltre 6 milioni di ettari tra il 2000 e il 2012, superando la perdita dell’Amazzonia brasiliana, un’area di giungle quattro volte maggiore.
Tali distruzione rende la vita difficile ad alcuni degli animali più rari in quanto sono distrutti i loro habitat per fare strada alle piantagioni tanto che l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura classificava gli orangutan del Borneo come criticamente in pericolo.
Oltre a persuadere i piccoli agricoltori a fermare la loro pratica, potrebbe servire la pressione pubblica sulle maggiori compagnie. La crisi dello smog del 2015 fece lanciare la campagna “Respiriamo quello che compriamo” a Singapore che individuava i prodotti legai alle foreste indonesiane. La campagna invitava le persone a comprare solo olio di palma e prodotti di carta da fonti sostenibili e ponendo al centro le imprese che partecipano al FFA come APRIL, Wilmar International e Musim Mas che hanno il loro quartiere nella città stato.
Simon Roughneen, http://www.simonroughneen.com/asia/seasia/indonesia/jakarta-takes-steps-toward-haze-free-southeast-asia-nikkei-asian-review/