L’ abisso repressivo con una stampa libera illegale sembra sempre di più come la destinazione finale preferita dalla giunta per la Thailandia.
Nell’immaginario più fecondo di un dittatore ci saranno solo giornalisti amichevoli che si comportano come megafoni di fatto della propaganda e che occasionalmente vanno a karaoke insieme. I critici dello stato dittatoriale sarebbero messi al bando dall’attività giornalistica.
Un sogno così non è solo fantasia ma si fa sempre più reale per la Thailandia. Se l’ingannevole “legge di riforma dei media” è approvata dal governo la prossima settimana e poi dall’Assemblea Legislativa Nazionale, un parlamento fantoccio, tutti i giornalisti thailandesi dovranno possedere una licenza di pratica giornalistica. Un comitato, fatto di ufficiali del governo e di giornalisti amici dello stato, deciderà chi si qualifica per una licenza professionistica e a chi devono essere rinnovate.
Il “consiglio nazionale dei professionisti dei media”, formato da 13 persone ancora da essere nominate, conterrà quattro membri che provengono dai ranghi elevati della burocrazia ministeriale, vale a dire i segretari permanenti del ministero dell’economia digitale, della finanza, della cultura e dell’ufficio del primo ministro.
In termini semplici, se la legge è approvata, i giornalisti che mettono in dubbio la legittimità del potere della giunta o dei regimi prossimi eletti potrebbero trovarsi nella posizione di ottenere una licenza, mentre chi riesce a sufficienza ad adulare la gente al potere non avrà alcun problema.
Persino giornali come il Thai Post, che è il faro del giornalismo a favore della giunta da quasi tre anni, si è dovuta svegliare. Giovedì il giornale denunciava la legge proposta, nel suo titolo di apertura, come un tentativo di sopprimere la libertà di stampa. Forse è troppo poco e giunge troppo tardi. Chi ha scritto la legge e chi alla fine la prenderà in considerazione sono tutti dei nominati dal capo della giunta generale Prayuth che guidò il golpe del maggior 2014.
Nel citare uno dei posti peggiori al mondo in quanto a libertà di stampa, il maresciallo dell’aviazione Kanit Suwannate, che presiede il sottocomitato della riforma dei media dell’Assemblea per la riforma nazionale dove è stata scritta la bozza di legge, ha guardato a Singapore come un modello da emulare.
Kanit sembra abbia detto: “Dare le licenze secondo questa legge terrà in ordine la stampa come a Singapore”.
La scorsa notte Human Rights Now ha detto:
“Questa mal nominata legge dei diritti e delle libertà dei media è l’ultimo tentativo della giunta di accrescere l’interferenza del governo ed il suo controllo di qualunque giornalismo indipendente.” ha scritto Brad Adams. “L’approvazione di questa bozza di legge significa che i giornalisti in Thailandia si dovranno sempre guardare alle spalle verso il comitato nominato dal governo che li potrà fare arrestare.”
Secondo l’ultimo resoconto annuale sull’indice di Libertà di stampa di Giornalisti Senza Frontiera per il 2017, Singapore si trova ad una posizione persino più bassa della Thailandia della giutna, al 151° posto su 180 nazioni. La Corea del Nord è giunta all’ultimo posto.
La Thailandia ha perso sei posizioni ponendosi al 142°, nove posizioni prima di Singapore, ma forse non per molto ancora.
Così Giornalisti Senza Frontiera descrive la libertà di stampa, o la sua mancanza, a Singapore, che invece Kanit sembra ammirare ed emulare:
“Il governo del premier Lee Hsien Loong risponde vigorosamente alla critica dei giornalisti e non esita a querelare i suoi detrattori e a fare pressioni per farli licenziare, o persino a costringerli a lasciare il paese. L’Autorità di Sviluppo Dei Media ha il potere di censurare il contenuto giornalistico, sia nei media tradizionali che online. Nella città stato sono comuni le denunce per diffamazione e talvolta si accompagnano con l’accusa di sedizione che è punibile con sentenze fino a 21 anni di prigione. Crescono sempre di più le questioni e le figure pubbliche vietate ai media. I giornalisti si riferiscono alle linee rosse da non attraversare come segnaposto del proibito”
Da decenni la Thailandia ha i propri segnaposto del proibito dalla sua legge di lesa maestà che rende ogni critica della monarchia, per quanto gentile e ben intenzionata sia o la condivisione di contenuti critici, un crimine punibile fino a 15 anni di carcere. Sin dal golpe del 2014 la giunta ha fatto della Legge sul Crimine Informatico persino più dura. Ora la Legge di Riforma dei Media dal nome così falso potrebbe segnare la fine.
La legge proposta controllerà non solo la stampa ma i media online che tradizionalmente non sono considerati dei media veri e propri.
Forse ci vorrà molto tempo, se mai avverrà, perché i media Thai recuperino il terreno perduto portato via dalla Giunta NCPO.
La Thailandia, o anche la terra della giunta, sta di certo muovendosi all’indietro, in modo regressivo, quando si parla di libertà e di libertà di espressione.
L’abisso repressivo con una stampa libera illegale sembra sempre di più come la destinazione finale preferita dalla giunta per la Thailandia.
Pravit Rojanaphruk, Khaosodenglish