L’operazione chirurgica di Marawi è ancora in corso e si contano 11 morti tra i militari, 2 poliziotti morti ed una trentina di militanti del Gruppo Maute. Tra questi ultimi ci sarebbero militanti indonesiani e malesi anche, stando quanto ha dichiarato il ministro della difesa.
Questa presenza di combattenti stranieri è preoccupante.
L’operazione chirurgica di Marawi andata a male
Doveva essere l’operazione chirurgica per catturare uno dei terroristi più ricercati al mondo che si nascondeva ferito in una città delle Filippine Meridionali. Purtroppo è finita veramente male.
Tre giorni dopo Marawi, il centro dell’Islam nella nazione essenzialmente cattolica dell’Asia brulicava di carrarmati, elicotteri d’attacco e migliaia di truppe per combattere i militanti dello stato islamico asserragliati in case ed edifici.
Per fermare la crisi il presidente Duterte aveva dichiarato la legge marziale per l’isola di Mindanao mentre gran parte dei 200 mila cittadini erano scappati. Allo stesso tempo le forze di sicurezza perdevano il loro obiettivo: Isnilon Hapilon.
La sicurezza aveva all’inizio la fiducia di riuscire a catturare o uccidere Hapilon che è considerato dagli USA uno dei terroristi più pericolosi con una taglia di 5 milioni di dollari. A gennaio si era andati vicini ad ucciderlo durante un’incursione.
Avendo ricevuto un’intelligence secondo cui Hapilon era giunto a Marawi per cercare un trattamento medico e si nascondeva in una casa, le forze di sicurezza organizzarono un piccolo gruppo che avrebbe dovuto condurre l’operazione chirurgica per prenderlo.
Ma le truppe furono prese di sorpresa quando decine di uomini armati uscirono fuori a difendere Hapilon per lanciarsi poi in una furia generale per la città.
“Li bombardavamo sulle montagne ma siamo stati presi di sorpresa quando sono entrati a Marawi” ha detto il ministro della difesa Lorenzana in un’intervista mercoledì.
Ad aggravare il problema si è messo il sostegno da parte di gente del posto attraverso legami di clan. “Il problema qui è che hanno tanti parenti dentro la città di Marawi”…
Se Hapilon dovesse farla franca, sarebbe un colpo grande per le autorità filippine nel loro sforzo di cancellare quello che Duterte definisce una minaccia crescente da parte del gruppo dello stato islamico.
Hapilon è considerato un punto cardine per il tentativo di riunire, sotto la bandiera nera dell’ISIS, varie formazioni armate musulmane che operano in aree del meridione filippino e nelle aree contigue dei paesi confinanti.
Hapilon stesso era uno dei capi del Gruppo di Abu Sayaff fondato negli anni 90 e legato ad Al Qaeda, che è stato attivo nelle isole a sud di Mindanao, da dove ha lanciato attacchi con il sequestro di tanti filippini e stranieri a scopo di estorsione.
Nel 2014 Hapilon produsse un video Youtube in cui promise fedeltà all’ISIS e fu uno dei primi militanti islamisti a farlo.
Sidney Jones di IPAC sostiene che Hapilon fu sostenuto dall’ISIS come un suo emiro o comandante per il sudestasiatico.
Secondo il ministro della difesa Lorenzana, Ad Hapilon fu ordinato di spostarsi dall’isola di Basilan verso aree popolate delle Filippine meridionali, come Marawi, per accrescere la propria base di massa.
La fuga di Hapilon da Marawi ha delle implicazioni più generali nelle Filippine perché Duterte ha citato la violenza come una giustificazione per la giustificazione della legge marziale a Mindanao con la prospettiva e la minaccia di estenderla nel paese intero.
Alcune voci contro la legge marziale
Proprio sulla legge marziale, sui suoi pericoli insiti per la democrazia ed i diritti umani e per la gestione di tale legge, da parte di un personaggio niente affatto democratico che ha già sulle spalle oltre 7000 omicidi extragiudiziali per la guerra alla droga, sono intervenute molte voci contrarie in un coro generale che vede come inevitabile una tale proclamazione.
Una di queste è Fidel Ramos, già presidente delle Filippine ed uno degli eroi della cacciata di Ferdinando Marcos, ha attaccato Duterte per la legge marziale, e la sua possibile estensione al paese, a causa degli inevitabili abusi dei diritti umani sotto il governo militare.
Già in passato Duterte, che sembra essere amico di tutti da Marcos figlio al CPP di Maria Sison, aveva lodato la legge marziale del dittatore Ferdinando Marcos, dimenticando però che proprio sotto Marcos scoppiò l’insorgenza armata del MNLF.
Ramos, che al tempo di Marcos comandava la polizia militare per poi divenire colui che contribuì fortemente all’abbattimento della dittatura, convoca una conferenza stampa in cui dice alcune cose.
“Non parliamo di diffonderla (la legge marziale) nel resto delle Filippine. Parliamo di confinarla a quella parte di Mindanao e renderla sempre più piccola” ha detto Ramos che è stato uno degli alleati di Duterte. Duterte ha infatti esteso la legge marziale in tutta Mindanao dove ci sono 20 milioni di persone e dove la minaccia dell’ISIS non è assolutamente presente ovunque, ma solo in aree limitate.
“Siamo tutti vittime della legge marziale. Saremmo in una posizione come nazione molto più elevata, nell’apprezzamento delle altre nazioni, se non avessimo avuto la legge marziale” ha detto Ramos riconoscendo tutti i problemi che creò e gli abusi che i Marcos fecero nei confronti delle casse statali, nei confronti delle migliaia di persone torturate, scomparse o messe al muro.
Altra voce critica è quella dei vescovi cattolici di Mindanao che, per bocca del cardinale Orlando Quevedo, dicono che “la legge marziale deve essere temporanea” e che vigileranno contro i possibili abusi dei diritti. “Condanneremo ogni abuso della legge marziale e come nel passato la condanneremo con forza se va verso la via del male. Saremo vigili”. https://www.rappler.com/nation/171066-mindanao-bishops-martial-law-temporary-quevedo
Altra forza da considerare è il Partito Comunista Filippino che, da quasi 50 anni, conduce una guerriglia in tutte le Filippine ma che in Mindanao trova uno dei punti di forza.
Non ci vuole molto a capire che anche CPP, NDF e NPA sono nel mirino in questa legge marziale, proclamata contro il Gruppo Maute e Abu Sayaff a Marawi, ma che opera anche nelle zone dove è presente la guerriglia. Si deve ricordare che sono ancora in piedi i colloqui di pace tra il governo Duterte e la guerriglia con la quale Duterte vorrebbe un cessate il fuoco.
Si legge tra l’altro su Philippinesrevolution.info, dopo che il caponegoziatore Silvestre Bello ha affermato che è lontano da ogni intenzione di Duterte perseguire la guerriglia con la legge marziale:
“Non solo la legge marziale di Duterte è contro NPA, è contro la popolazione in generale. Taglia i diritti civili e politici della gente, la loro libertà di movimento e le altre libertà. La legge marziale trasferisce queste libertà ai militari e rende soggetti tutti agli abusi. Sotto la legge marziale sono i militari, noti violatori di diritti umani, a governare.
A Davao, con la fervente sostenitrice della legge marziale Sindaco Sara Duterte si cominciano ad arrestare persone nelle loro comunità. Quasi 300 persone sono state arrestate in modo arbitrario perché non conformi alle regole imposte dai militari e dai burocrati militaristi. La legge marziale di Duterte è destinata ad essere peggio della sua Oplan Tokhang (la guerra alla droga).
Con queste politiche strette Duterte dimostra che sotto la sua legge marziale chiunque è sospettato finché non prova il contrario. Come tutti i filippini sanno, specie i poveri, provare la propria innocenza con i militari è quasi impossibile.”
Ci si dovrebbe aspettare che i prossimi negoziati di fine maggio avranno qualche contraccolpo in un campo che si è già dimostrato difficile.
Altra forza interessata direttamente potrebbe essere il MILF, Fronte di liberazione islamico Moro , che ha già sottoscritto un accordo col governo filippino e che attende che la legge di istituzione Bangsamoro sia presentata in parlamento.
Giustamente qualcuno ha detto che gli eventi di Marawi potrebbero significare un’altra sconfitta per la ricerca dell’autogoverno della popolazione Moro a Mindanao.
Il MILF è preoccupato che i meccanismi di controllo che custodiscono il cessate il fuoco attualmente in atto siano rispettati e che le operazioni militari per Marawi non accendano altri scontri in altre aree.
“La mobilitazione dei militari a Mindanao deve ancora rispettare i meccanismi che si sono dimostrati efficaci per ridurre i conflitti armati tra i militari e le Forze armate Islamiche Bangsamoro. Di contro recenti eventi hanno mostrato che quando si tralasciano questi meccanismi si hanno effetti disastrosi sulle nostre comunità e sugli sforzi di portare la pace dopo decenni di conflitti.. Il MILF condanna con forza la violenza a Marawi fatta da un gruppo o più gruppi il cui unico scopo è disseminare il terrore. Non si giustifica un’offensiva contro i civili e la distruzione di infrastrutture che servono alla gente”.
Il MILF ricorda, in modo implicito, poi una cosa che Duterte sembra non voler guardare: senza la risoluzione della Bangsamoro, tutte le problematiche che esistono troveranno un altro modo per manifestarsi alimentando così tutte le forme di estremismo che userà la mancata istituzione della Bangsamoro come un altro pretesto per la violenza.
E’ passato un anno dall’insediamento di Duterte e le cose sembrano complicarsi per la Bangsamoro, nonostante esista un accordo quadro che Duterte stesso ha detto di voler rispettare.
Tanti sperano che Marawi non diventerà un’altra storia come quella di Mamasapano quando la legge della Bangsamoro fu affossata in parlamento durante l’amministrazione Aquino. Tra quelli che furono i fautori di questo affossamento vi è Peter Cayetano, prima candidato vicepresidente per Duterte ora ministro degli esteri di Duterte.
Un altro fu proprio Bongbong Marcos che forgiò un’alleanza politica nascosta con Duterte. Poi la vittoria di Robredo impedì l’accoppiata.
Non va neanche dimenticato Nur Misuari, capo di una fazione del MILF, per cui Duterte stesso ha trovato una formula esclusiva per farlo rientrare nei colloqui di pace.
Ne uscirà qualcosa? Ci sono molti dubbi. Si deve solo sperare che qualcuno a Manila si ricordi che più si attende e si diluisce la Bangsamoro, più crescerà la base di massa per lo stato islamico e l’estremismo islamico.
Sono state fatte tante nefandezze contro Mindanao Musulmana nella storia filippina, ma non si intravede ancora il momento in cui sarà data giustizia a questa terra, come per altro promesso dallo stesso Duterte.