Sin dal 2015, la violenza è cresciuta con la proliferazione dei gruppi dalle bandiere nere. Non esiste soluzione militare a questo problema. L’insorgenza in fin dei conti è una questione di governare. La legge marziale comporta solo un drastico declino del governo della legge e del governare sotto Duterte.
Rodrigo Duterte ha proclamato il 23 maggio la legge marziale a Mindanao dopo l’attacco del Gruppo Maute a Marawi. Ciò ha provocato preoccupazioni nei gruppi dei diritti umani e gruppi della società civile che hanno documentato una forte inversione del governo della legge da quando Duterte è presidente come le migliaia di omicidi extragiudiziali della guerra alla droga.
Sin dal 2015 la sicurezza è andata cambiando nelle Filippine Meridionali accelerandosi durante la presidenza Duterte. A metà 2014 una fazione del gruppo di Abu Sayaff dichiarò la propria appartenenza all’ISIS, seguito da altri piccoli gruppi come Anshar al Khalifa Philippines, AKP e il Gruppo Maute.
Si deve notare che si deve arrivare al gennaio 2016 per il riconoscimento dell’ISIS dei raggruppamenti del sudestasiatico, forse nella speranza di vedere quale gruppo sarebbe emerso meglio. Alla fine l’ISIS riconobbe Isnilon Hapilon come capo e invitò gli altri gruppi a fare da “battaglioni”. Di recente Hapilon scappò dalla sua base a Basilan unendosi alle forze del Gruppo Maute.
Il gruppo Maute è significativo per cinque ragioni. Prima cosa, crede come l’ISIS nell’utilità della violenza per rafforzarsi e farsi conoscere, come l’assedio a Marawi.
Seconda cosa, ha imitato la propaganda ISIS rilsciando a maggio 2016 il video di decapitazione di due “spie” vestite di arancio di fronte ad emiciclo di Jihadisti. Terza cosa si è dimostrato molto attivo con attacchi terroristici a Davao a settembre 2016, con attacchi alle prigioni liberando aderenti vecchi e nuovi e attaccando le città.
Quarta cosa, il gruppo Maute ha attratto militanti da tutta la regione. Le forze armate filippine affermano di aver ucciso otto militanti stranieri tra cui 2 malesi, due indonesiani, due sauditi, uno yemenita ed un ceceno nell’assalto a Marawi.
Infine il gruppo Maute detiene territori o almeno aree rifugio difficile da entrare per le forze armate. Questo è l’ultimo punto importante da comprendere.
Il nodo del problema
Nel dichiarare la legge marziale Duterte insistette nel fatto che era il modo per “aggiustare tutti i problemi di Mindanao”. I problemi sono tanti e interconnessi.
Ci sono molti gruppi armati con differenti obiettivi e mete.
Ma la legge marziale senza una strategia è controproducente e rischia di peggiorare tutto. E con le insinuazioni di Duterte, secondo cui potrebbe estendere il decreto aperto di legge marziale alle Visaya e forse a livello nazionale, potrebbe essere un grande impedimento per le Filippine dopo 31 anni dall’abbattimento della dittatura di Marcos.
La legge marziale non porterà alla sconfitta del Gruppo Maute o di un qualunque altro gruppo insorgente. Le insorgenze hanno dei torti radicali. Sono raramente sconfitte militarmente e richiedono soluzioni politiche.
Il nodo del problema a Mindanao è il processo di pace con il MILF, il più grande di tutti i gruppi che resta senza applicazione. Il governo era sul punto di un accordo di pace storico che avrebbe dato ai Moro una significativa autonomia politica ed economica. Un’incursione andata a male, senza alcun coordinamento col MILF, portò alla morte di 44 poliziotti nel gennaio 2015.
Le sedute del congresso sull’applicazione della legge necessaria per il processo di pace, che fino a quel punto sembrava certo di passare senza alcun emendamento, furono concluse e sostituite con audizioni su quello che fu classificato come “massacro”. Nel mezzo della campagna elettorale nazionale, quelle audizioni divennero l’opportunità per le tribune politiche: non meno di quattro senatori avevano l’occhio puntato alla presidenza o vicepresidenza. Nessuno vedeva nel difendere il MILF o il processo di pace un’opportunità di ottenere voti.
Un problema cresciuto in casa
La proliferazione dei gruppi dalla bandiera nera nel 2015-2016 non è stato il risultato della diffusione dell’ISIS. Fu dovuto al collasso del processo di pace col MILF, alla compiacenza del governo e alla rabbia e sfiducia verso il governo filippino che generò.
Duterte che viene da Mindanao è vicino al dolore dei Moro. Come tutte le persone di qui, si è irritato per la relazione coloniale interna di Manila con Mindanao. E’ restato nominalmente legato al processo di pace. Ma il suo circolo di consiglieri e aiutanti, politici cristiani di Mindanao, è stato tradizionalmente contrario al processo di pace.
Non ha voluto fare del processo di pace una priorità legislativa, focalizzando le sue energie sulla sua guerra barbarica alle droghe e alla restaurazione della pena di morte. Duterte ha persino provato di mettere da parte l’approvazione della Legge Fondamentale della Bangsamoro, spingendo invece per un emendamento costituzionale per creare il federalismo, per rimangiarselo quando si espresse il MILF. Duterte ha ulteriormente complicato la situazione cercando il suo amico, ex capo del MNLF Nur Misuari ed iniziando un processo di pace parallelo.
Il MILF è restato fedele al processo di pace dando anche la su assistenza nell’evacuazione dei rifugiati da Marawi. Ma la gestione delle aspettative tra le sue file non è facile. Le speranze di sviluppo economico, di pace e sicurezza si sono affievolite. Molti suoi militanti si sono uniti ai gruppi della bandiera nera che possono illustrare le continue mancanze di volontà dei governi a perseguire il percorso di pace, come pure alla sfiducia profonda di tanti filippini contro i musulmani di Mindanao.
La ragione per cui questo è importante sta nel fatto che il gruppo Maute opera in territori attigui a quelli controllati dal MILF. Se non vedono passi verso l’applicazione del loro accordo di pace, non hanno incentivi ad agire come partecipanti responsabili e ha tenere controllato il loro territorio.
Ancora più importante gli attacchi militari contro il gruppo Maute potrebbero metterli contro i combattenti del MILF come avvenne a Mamasapano nel 2015.
Infatti dovremmo attenderci che le forze di sicurezza filippine, la cui storia di diritti umani e di professionalità è macchiata, abuserà della legge marziale alienandosi ulteriormente la comunità locale. Questo farà solo ringalluzzire i gruppi della bandiera nera e far perdere militanti al MILF, la cui linea di comando mostra già segni di perdita di comando e controllo.
Il Comando Militare Occidentale di Mindanao ha detto pubblicamente che il decreto di legge marziale non colpirà il processo di pace a cui essi restano fedeli. Infatti le forze armate mal addestrate e equipaggiate non si possono permettere di allargare il conflitto. Il MILF si è impegnato in modo simile al processo di pace.
La legge marziale senza una strategia di un accordo politico durevole delle lamentele storiche Moro seminerà solo dello scontento futuro. Perché dovremmo attenderci che l’AFP, incapace di sconfiggerei Moro sin dagli anni 70, con e senza legge marziale, dovrebbe poterlo fare ora?
Se si guarda agli scontri di terrorismo, violenza politica e crimine a Mindanao, sono diminuiti solo quando la pace ha dato speranze.
Sin dal 2015, la violenza è cresciuta con la proliferazione dei gruppi dalle bandiere nere. Non esiste soluzione militare a questo problema. L’insorgenza in fin dei conti è una questione di governare. La legge marziale comporta solo un drastico declino del governo della legge e del governare sotto Duterte.
Zachary Abuza BenarNews.