A dare la spinta risolutiva è stata proprio la battaglia di Marawi a cui partecipano decine di militanti stranieri che giungono probabilmente attraverso le frontiere porose e mal controllate del Mare di Sulu.
L’iniziativa era stata richiesta con forza da Malesia ed Indonesia le cui navi erano state oggetto di attacchi dalla banda di Abu Sayaff che aveva rapito moltissimi marinai di cui ha chiesto poi il riscatto.
Si deve ricordare anche che durante l’amministrazione Aquino ci fu l’invasione di centinaia di Tausug il cui obiettivo politico era la riconquista di Sabah, o Sarawak malese, al sultanato di Sulu e quindi alle Filippine. Da qualche settimana i Tausug arrestati in malesia sono stati condannati e rischiano la condanna a morte.
Proprio questa estrema volatilità del Mare di Sulu aveva causato un crollo del commercio transfrontaliero nella regione oltre a creare un enorme patrimonio a disposizione della criminalità e dei gruppi estremisti.
Il Mare di Sulu era diventato il centro più pericoloso della pirateria
Il pattugliamento tripartito per la sicurezza del mare di Sulu avverrà sia in mare che in cielo “di fronte alle minacce reali non tradizionali come pirateria, rapimenti, terrorismo ed altri crimini transazionali nelle acque regionali.”
All’incontro tripartito hanno partecipato come osservatori il Brunei e Singapore, anche essi interessati a non far espandere l’insorgenza jihadista nei propri paesi.
Non far diventare il mare di Sulu il percorso dei topi che permetta a terroristi e membri dell’ISIS di infiltrarsi nelle tre nazioni, ha detto il ministro degli esteri malese.
Ci volevano prima l’incursione di Abu Sayaff a Bohol, poi la battaglia di Marawi e l’uccisione di vari terroristi stranieri a dare una svolta al pattugliamento tripartito nel mare di Sulu.
Meglio tardi che mai. Scrive in un suo commento su Benarnews, Zachary Abuza, dal titolo:
Pattugliamento tripartito nel Mare di Sulu un primo passo importante
“… Era una cosa che si sarebbe dovuta fare da molto tempo ma potrebbe rivelarsi anche non all’altezza delle aspettative.
L’accordo originale fu firmato dai capi di stato il 9 settembre 2016 ma non è stato applicato per varie ragioni.
La spinta per l’accordo di settembre fu un’ondata di rapimenti in mare da parte del Gruppo Abu Sayaff, GAF, che iniziò nel marzo 2016. GAF attaccavano pescherecci e barche a traino lente con un impatto immediato sul commercio marittimo. L’Indonesia sospese unilateralmente l’esportazione di carbone verso le Filippine del valore di 700 milioni di dollari che somma al 70% dell’energia di Mindanao.
L’Indonesia minacciò azioni militari unilaterali per salvare i propri ostaggi con pressioni molto forti, non degne dell’ASEAN, da parte di figure militari e politiche indonesiane verso le Filippine che rapidamente accettarono la questione dell’inseguimento in mare.
Gli attacchi in mare comunque, nonostante l’accordo continuarono in modo costante. Tra marzo 2016 e maggio 2017 GAS lanciò 17 attacchi di rapimento in mare catturando 70 marinai di sei paesi. Molti sono riusciti a scappare, altri cinque furono uccisi. A peggiorare la situazione furono gli attacchi del GAS verso navi più grandi contro due cargo regionali diretti in Corea e Vietnam.
Ma lo sforzo finale per applicare l’accordo é stata la battaglia di maggio a Marawi contro l’ISIS. Le forze armate filippine devono ancora riprendere il controllo di Marawi a cinque settimane dall’inizio di quella battaglia.
Sono stati uccisi combattenti stranieri provenienti dall’Indonesia, Arabia Saudita, Yemen e Cecenia. L’antiterrorismo indonesiano valuta che ce ne sono almeno altri 40 a Marawi tra i quali si pensa ci siano i membri più importanti dell’ISIS malese. E questi continueranno a crescere….
Ed il successo delle forze dell’ISIS a Marawi continuerà ad attrarre altri seguaci. Il 16 giugno le autorità malesi arrestarono un malese e due indonesiani che si dirigevano a Marawi. Altre operazioni antiterroristiche a Sabah hanno dissolto cellule logistiche a Darul Islam Sabah tra i quali c’erano due bangladeshi.
Ancora più importante è il fatto che le cellule legate all’ISIS a Mindanao controllano un territorio. Dopo la sconfitta dei Mujahidin dell’Indonesia Orientale nelle Sulawesi nessun altro gruppo affiliato all’ISIS controlla un territorio. Non si può essere una provincia del califfato islamico senza un territorio.
Questa è la ragione per cui i combattenti stranieri continueranno ad arrivare a Mindanao rendendo estremamente importante il pattugliamento marittimo. Fermare questo flusso dei combattenti è obbligatorio per la sicurezza della regione.”
Sembrerebbe così un buon passo in avanti, ma bisogna guardare un po’ nel profondo e tener conto della storia della regione del Mare di Sulu, fatto di confini non demarcati e di una regione, Sabah, contesa dalle Filippine alla Malesia.
“Nonostante tutta la celebrazione, ci sono ragioni per essere preoccupati.
I tre stati coinvolti hanno capacità navali e di politica limitate. Mentre la Malesia ha fatto grandi investimenti negli scorsi tre anni per migliorare la sicurezza di Sabah aggiungendoci importanti capacità marittime, l’Indonesia e Filippine in particolare hanno mezzi molto inferiori.
Se lo si vuol fare in modo efficace avranno bisogno di una presenza costante e robusta nel mare. La cosa richiede un aumento delle risorse dei tre stati se non si fanno investimenti significativi. Strano a dirsi, ma le due nazioni che sono grandi arcipelaghi non hanno fatto della sicurezza in mare una propria priorità.
L’ambiziosa Strategia Marittima del presidente Joko Widodo è ancora non applicata e la creazione di una Guardia Costiera è ostacolata da lotte burocratiche e problemi di risorse.
Un’altra ragione. A rendere efficace la politica marittima multilaterale negli stretti della Malacca fu la creazione di un centro regionale a Singapore. Militari indonesiani, malesi, singaporeani e thailandesi sedevano nello stesso centro, capaci di condividere informazioni ed intelligence e darli in tempo reale al comando operativo. Gli USA davano anche la propria assistenza nell’intelligence.
Non esiste un tale centro di fusione per il pattugliamento tripartito nel Mare di Sulu. Sono stati infatti creati tre centri differenti nei tre stati tra i quali non c’è stato modo di assicurare una condivisione di intelligence.
Il ministro della difesa di Singapore ha offerto una tale assistenza e la condivisione dell’esperienza con la speranza che si crei un centro unificato. Nel caso dello Stretto della Malacca Singapore decise di prendere l’iniziativa a cui dedicò delle risorse. Non si vede nulla del genere per il Mare di Sulu…
Terza ragione, restano indefiniti o contestati i confini in mare. Tecnicamente non c’è confine marittimo tra Malesia e Filippine perché Manila continua a reclamare Sabah. C’è anche un confine in mare conteso tra Malesia e Indonesia legato alla disputa Sipadan Ligitan. C’è solo un confine in mare demarcato tra Indonesia e Filippine. Mentre Malesia ed Indonesia hanno chiesto il diritto di inseguimento nelle acque filippine, è difficile immaginarsi che Malesia ed Indonesia diano un simile diritto l’un l’altro.
Infine i servizi di sicurezza finora tendevano ad avere una considerazione di sfiducia l’un nell’altro.
Con l’applicazione del pattugliamento tripartito nel mare di Sulu è un primo passo importante. Trasferir la situazione della sicurezza nelle Filippine Meridionali ha implicazioni per la sicurezza regionale. Ma richiederà la continua assistenza di partner esterni, l’impegno politico sostenuto della politica nazionale e l’immissione di risorse.”
Zachary Abuza, Benarnews