Era il 23 marzo quando Rodrigo Duterte con il proclama 216 pose Mindanao sotto la legge marziale sospendendo anche l’obbligo di portare i sospetti davanti al tribunale. Durerà per 60 giorni.
La legge marziale di Marcos non prese solo Mindanao ma tutte le Filippine dopo l’emanazione del proclama 1081 del 21 settembre 1972. La legge marziale fu sospesa dieci anni dopo. Il regim dittatoriale di Marcos termino nel 1986 con la sua fuga nelle Hawai abbattuto dalla rivolta popolare pacifica di EDSA.
La dichiarazione di Duterte seguì all’attacco del califfato islamico dei Gruppi Maute e Abu Sayaff a Marawi; quella di Marcos fu dichiarata per una presunta ribellione comunista in tutto il paese.
foto Bong Sarmiento
Differentemente dal periodo di Marcos sembra che la dichiarazione a Mindanao non sia particolarmente temuta o odiata dalla popolazione. E’ anche chiaro il perché.
“Finora non si sono visti arresti indiscriminati contro gli oppositori del governo. Le varie branche del governo funzionano ancora, quindi la costituzione non è stata messa da parte” dice Elpidio Peria di un centro politico di Mindanao, il quale conferma l’assenza di denunce di diffuse violenze militari nella gran parte di Mindanao. Persino ai posti di blocco c’è molta gentilezza da parte di polizia e militari.
Nonostante questo però questa dichiarazione secondo Peria manca di basi reali sufficienti per la sua dichiarazione. “Lo scontro con i Maute è stato caratterizzato come ribellione quando in realtà era terrorismo”. …
Sono state fatte richieste alla Corte Suprema che mettono in dubbio la legalità della dichiarazione di legge marziale di Duterte e la Corte Suprema dovrà decidere entro la prima settimana di luglio.
Chi critica la legge marziale ha citato denunce di perquisizioni senza mandato condotte dai soldati alla ricerca di terroristi nelle case di civili a Marawi. Ma al di fuori di questa città, non si sono sentito molto.
Mentre la dichiarazione si applica su tutta Mindanao le operazioni militari sono concentrate a Marawi e quidi le aree urbane di Mindanao godono di una pace relativa.
Un cittadino di Mindanao Emer Fermil dice di essere felice che Duterte abbia dichiarato la legge marziale. “Mi sento sicuro per me e la mia famiglia. Il nostro posto è diventato pacifico per la dura applicazione del coprifuoco. I cittadini sono diventati più disciplinati e vanno a casa quando cominci il coprifuoco”
Il vescovo di Mindanao Orlando Quevedo la legge marziale deve essere una cosa temporanea.
“Condanneremo tutti gli abusi della legge e come nel passato lo condanneremo apertamente se andrà per il peggio” dice Quevedo in una dichiarazione sostenuta dagli altri vescovi di Mindanao. “Esortiamo chiunque ad essere calmo, obbediente dei comandi giusti delle autorità legali e a non provocare violente reazioni”
La dichiarazione di legge marziale ha avuto il sostegno dell’Unione delle Autorità Locali delle Filippine, ULAP, organizzazione che raccoglie tutte le unità di governo locale e rappresentanti eletti. “La dichiarazione del presidente è nel migliore interesse del paese. E’ necessaria per la sicurezza pubblica e restaurare l’ordine e la pace. Sul fronte dei servizi locali la dichiarazione è un modo integrale di affrontare i bisogni urenti dei fratelli e sorelle nell’area”.
L’organizzazione degli avvocati filippini sostiene anche la dichiarazione della legge marziale a Mindanao. “In considerazione di quanto avvenuto a Marawi, il pericolo imminente di diffusione delle ostilità a Mindanao e l’esistenza di altri gruppi terroristi che operano nell’isola che possono avvantaggiarsi del disordine e causare atti criminali, la guida nazionale del gruppo non vede ragioni per mettere in dubbio la legge marziale”.
Contrario alla legge marziale è Ryan Lariba, militante della Nuova Alleanza Patriottica a Mindanao che ha chiesto la fine del governo militare nell’isola. “la legge marziale ha portato all’intensificazione della militarizzazione nelle lontane comunità marginali”.
Durante la legge marziale di Marcos, furono denunciati diffusi abusi con arresti indiscriminati di militanti non solo a Mindanao m in tutto l’arcipelago. Migliaia sono state le vittime.
Nel libro “Trasformando la rabbia in Coraggio: Mindanao nella legge marziale”i militanti contro la dittatura di Marcos arrestati e torturati narrarono quello che soffrirono per mano militare.
“Persi conoscenza molte volte e fui risvegliato molte altre volte. Ricordo vagamente che non riuscivo più a stare seduto, il copro era come una massa gelatinosa, ma loro mi costringevano a stare in piedi e continuavano a colpirmi” racconta Macario Tiu, autore del libro, militante ed ora professore di lettere all’università.
Con la dichiarazione di legge marziale di Marcos furono chiusi giornali e radio e televisioni critiche della sua amministrazione, permettendo solo alle organizzazioni statali di diffondere informazioni.
Irene Santiago, che editava Mindanao Tribune ora scomparso a Davao, ricorda nel libro che i media privati che volevano operare dovevano avere il permesso del governo.
“Mi rivoltava l’idea di chiedere un permesso. Equivaleva alla censura” dice Irene Santiago ora nel gruppo di pace dell’amministrazione Duterte.
Finora sotto l’amministrazione Duterte non ci sono stati attacchi alla libertà di stampa e nessun media privato è stato censurato o chiuso.
Nonostant le proteste iniziali non sono diventate routine le grandi manifestazioni a Mindanao differentemente dai tempi di Marcos.
Gli orrori di quel decennio sotto Marcos continueranno ad infestare le menti delle miglia idi persone torturate e abusate dal regime. Ma per molti a Mindanao Duterte non è la reincarnazione del dittatore e l’esperienza ancora dolorosa resterà nel passato, come oscuro ricordo in un periodo molto differente.
Bong Sarmiento, Asiancorrispondent