Dopo l’attacco al Resorts World Casino di Manila del 2 giugno, sarebbe bene capire perché questo evento non sia legato allo stato islamico. L’ISIS, da parte sua, provò a rivendicare questo attacco definendolo l’attacco di un lupo solitario, ma non è così.
Le telecamere a circuito chiuso individuarono l’uomo, Jessie Carlos, da quando scese dal tassì e creò panico sparando in aria e accendendo l’incendio che portò la morte a 37 impiegati e clienti per asfissia. Nel muoversi recuperò i gettoni da gioco riempiendosi una borsa e commettendo poi alla fine un suicidio. Apparve chiaro immediatamente che nessuno degli atteggiamenti somigliava a quelli di un militante dell’ estremismo violento.
La presidenza del Congresso Filippino, Pantaleon Alvarez, comunque, insistette nel dire che dovesse essere considerato “terrorismo”. Tale iperbole ha creato scetticismo sull’importanza degli eventi di Mindanao portando ad alcuni a domandarsi se non sia piuttosto un piano per promuovere la paura dell’ISIS e giustificare l’estensione della legge marziale.
Mentre non si possa accusare gli oppositori di Duterte per questo sospetto, è importante non farsi distrarre o sminuire l’importanza dell’allarmante conflitto che si svolge nella Città Islamica di Marawi.
Gli scontri finiranno prima o poi, gli estremisti saranno cacciati, le forze della sicurezza e i rappresentanti del governo civile riprenderanno il controllo e i rifugiati interni torneranno alla città il cui centro è stato devastato. Le conseguenze saranno durature: si tratta di un punto di svolta secondo le parole dell’analista Sidney Jones.
Proprio la ricostruzione fisica e la ripresa delle infrastrutture saranno difficili, persino peggio della riabilitazione di Zamboanga City, dopo quell’assedio del settembre 2013 che rase al suolo cinque poveri villaggi urbani. I dislocati interni di quell’attacco, oltre tre anni dopo, sono spostati nelle case di altri villaggi. Oggi a Marawi la gran parte degli scontri accade nelle aree costruite, dentro alle costruzioni commerciali e alle residenze in cemento armato, questa una delle ragioni per cui la cacciata degli estremisti richiede tanto tempo. I militari filippini usano bombe e forti esplosivi contro le strutture occupate causando una diffusa distruzione.
Un’altra notevole differenza rispetto a quella di Zamboanga del 2013 è che la vasta maggioranza delle persone dislocate internamente hanno case con amici e parenti; solo il 5% sono ospitati in campi ricostruiti in fretta. Le importanti agenzie di aiuto del governo nazionale, del ARMM, le organizzazioni della società civile si mobilitano per dare sostegno alle famiglie ospitate in case e a quelle dei campi, e quindi la situazione non è così terribile come potrebbe essere.
Si comincia a riparlare di piani di riabilitazione, ma mentre continuano gli scontri non è possibile né una valutazione né tanto meno una pianificazione.
Siamo fortunati ad avere una buona quantità di analisi e giornalismo di qualità pubblicato nelle Filippine che, di recente, è stata presente nei titoli dei media per la dura guerra alla droga e le sue migliaia di morti. Il retroterra delle reti estremiste internazionali è stato esaminato dal IPAC di Giacarta, mentre lo sfondo locale è stato reso esplicito sul sito di The Rappler.
In un pezzo apparso su Philippine Daily Inquirer, ex capo del gruppo di pace del governo Miriam Coronel Ferrer ha spiegato come il processo di pace per la Bangsamoro si interseca con il problema dell’estremismo, e come il MILF sta cooperando col governo sia per salvare i civili intrappolati a Marawi e per contattare gli estremisti che restano per creare un epilogo meno distruttivo. Continueranno a prodursi mentre emergono i nuovi dettagli fino alla fine dell’assedio nuove notizie e fonti di commenti nazionali ed internazionali. Ci possiamo comunque chiedere cosa accadrà, al di là della ricostruzione fisica.
Sfortunatamente si può prevedere con sicurezza che un risultato di questo episodio è un problema continuo, forse canceroso, con l’estremismo violento per almeno tre ragioni.
La prima almeno in Mindanao, è che il terreno più fertile del reclutamento è tra chi ha perso parenti negli scontri, i figli dei martiri o altri membri sopravvissuti. Questa organizzazione di clan del conflitto si riflette spesso in scontri persistenti tra clan, i rido, ma è stata sfruttata dall’estremismo violento. Dal momento che è probabile che molti si siano uniti agli scontri senza alcuna militanza precedente in gruppi estremisti, si è rapidamente espanso la base di reclutamento.
La seconda ragione è che la dimostrazione di capacità militari da parte dei gruppi legati al ISIS ispirerà senza dubbio chi è suscettibile ad essere arruolato. L’analista francese Olivier Roy ha parlato di una “islamizzazione del radicalismo”. Si intende con ciò che chi è influenzato dalla rivolta generazionale o dall’opposizione ai paradigmi sociali dominanti è più probabile generi narrazioni dalla loro comprensione dell’Islam. Quindi le generazioni precedenti forse adottarono un’ideologia marxista, come il CPP nelle Filippine, o l’etno-nazionalismo del MNLF o MILF. Ora lo stato islamico ha dato una visione persuasiva di un califfato mondiale come ideologia possibile.
E’ importante notare in questa connessione che la conoscenza profonda islamica o persino l’adesione ad un’interpretazione fondamentalista dell’Islam, non deve essere vista come fattore motivante. Basti pensare all’acquisto da parte delle nuove reclute del libro Islam per Dummies.
La terza ragione è che questo incidente rinforza l’invito che l’ISIS fece in un video con un Malese, un Filippino ed un Indonesiano nel giugno 2016, in cui diceva che chi non poteva andare in Siria o Iraq avrebbe potuto andare a Mindanao. L’ISIS aveva nominato Isnilon Hapilon emiro della regione, e fu il tentativo di arrestarlo a Marawi il 23 maggio che scatenò gli scontri attuali.
Molte fonti attestano la presenza e morte di combattenti stranieri a Marawi, e l’attuale battaglia è certa che attrarrà altra gente per provare ad attraversare le frontiere.
Chiaramente è un problema a più facce con radici che risalgono indietro di decenni. Dobbiamo quindi pensare al di là dell’azione delle forze di sicurezza verso un’agenda più vasta.
Le incapacità di governare nelle aree del conflitto del ARMM contribuiscono alla disillusione dei sistemi formali per i servizi sociali e le assicurazioni. Certamente l’economia illegale è un problema. Il focus spesso i rapimenti a fini estorsivi, particolarmente da quando gli stranieri sono portati a Sulu per la taglia o le esecuzioni. Duterte ha ripetutamente citato la droga in questo cotesto, sebbene troppe volte usi questo argomento in modo largo. Si pensi a quando ha detto che i fratelli Maute erano ex poliziotti di Manila nel commercio della droga quando chiaramente non lo erano. C’è bisogno che i rappresentati locali siano responsabili per la persistenza di attività illegali nelle loro circoscrizioni. In generale c’è bisogno di applicare la legge ed in modo più professionale.
Malesia, Filippine ed Indonesia hanno accelerato la cooperazione nel controllo navale nell’area delle Celebes Sulu, un’area descritta come la Somalia del Sudestasiatico. Questo è utile di fronte alla pirateria di mare che ha portato al rapimento in questa zona di molti marinai, ma non è la sola rotta che i combattenti stranieri possono usare. Molti entrano attraverso voli di linea normali e quindi va rinforzato il controllo all’immigrazione, ma questo va contro la disputa lunghissimo sulle paghe di quei ufficiali che ha portato ad una diminuzione di personale.
Mentre alcuni sostengono che l’azione del ISIS Ranao e dei fratelli Maute o della fazione di Isnilon Hapion di Abu Sayaff siano motivate dal denaro o dalle rivalità politiche, l’ideologia radicale che sostiene l’ISIS è chiaramente al centro della loro ideologia.
Nel 2008 Abu Sayaff di Basilan inviò una lettera ai Cristiani: “Il Corano dice che i non musulmani che stanno in aree musulmane devono convertirsi o pagare la tassa islamica oppure trovarsi di fronte alla lotta armata”. A Marawi gli estremisti hanno bruciato una mosche a sciita ed hanno posto un video in cui profanano e bruciano una chiesa cattolica. L’Islam così dà un veicolo emotivo per le azioni estremiste.
Quindi non dobbiamo prendere di mira l’Islam come causa dell’estremismo violento, un punto dimostrato molto bene a Marawi quando membri devoti del Tagbligh che si erano radunati aiutarono a salvare i cristiani intrappolati negli scontri.
Comunque il reclutamento in gruppi estremisti inizia con l’offerta di educare all’Islam e l’istruzione può aver luogo attraverso i media sociali o di persona. Le comunità musulmane locali hanno riconosciuto la minaccia. Fortunatamente alcuni musulmani stessi vogliono confrontare la lettura dell’Islam diffusa dagli estremisti, e gli Ulama si stanno organizzando, con le dichiarazioni che il terrorismo è haram, vietato.
In aggiunta a questa esplicitazione del perché l’ideologia del ISIS non porta al consenso degli studiosi, altri sforzi provano a tracciare il percorso verso la radicalizzazione individuale.
Nelle aree più povere di Sulu il fascino di questi gruppi specie tra i più giovani vulnerabili, viene dalle lotte economiche e dalla ricerca di una vita migliore. Nel caso di Marawi dove il reclutamento può avvenire all’università o nei posti di lavoro, le reti dei socials e gli sforzi individuali possono avere un impatto maggiore dei messaggi degli anziani rispettati formalmente.
Alla fine si deve incoraggiare ad una maggiore resilienza le comunità se devono contrastare l’estremismo violento. Miglior accesso al lavoro, alla preparazione dei disastri, al social networking e all’istruzione daranno alternative agli individui potenzialmente vulnerabili.
Dobbiamo capire i percorsi al reclutamento e le questioni personali coinvolte, e non permettere che le nozioni preconcette di dominare il pensiero, come il considerare le reti dominate dai maschi piuttosto che comprendere il ruolo delle donne in questa dinamica.
Soprattutto, si devono cogliere i frutti bassi sull’albero, vale a dire la completa applicazione degli accordi pace del 1996 con il MNLF e quella del 2014 col MILF.
La narrazione dei Moro nelle Filippine non è la stessa di quella del Califfato Islamico, e le vecchie narrazioni potrebbero essere molto producenti per le vite e futuri a Mindanao e nelle Filippine.
Come hanno sottolineato in molto di recente, il progresso vigoroso su questo fronte è l’argomento politico migliore contro l’estremismo violento.
Steven Rood, New Mandala