Era solito stare dietro un podio e a malincuore leggere parti di discorso scritti per lui. Poi procedeva a braccio sull’enormità del problema della droga, che c’erano 4 milioni di tossicomani senza però dare alcuna prova a sostegno; sulla minaccia dei tossicomani verso le comunità, perché la droga li rende animali, senza un minimo sostegno scientifico; o sul denaro della droga che alimenta la politica ed il crimine, e la sua nemesi politica Leila De Lima è ancora in carcere per accuse di traffico di droga.
In modo semplicista Duterte ha descritto la droga come motore di problemi complessi della corruzione e del terrorismo, rendendo popolare i termini narcoterrorismo, narcopolitici e narcoliste, quest’ultimo un documento segreto su rappresentanti legati presumibilmente al commercio.
Mentre è incurante delle migliaia di persone morte nella sua guerra alla droga, ha pianto per le morti giornaliere di poliziotti nonostante che i dati della polizia ne avessero registrato pochissimi.
Una ricerca di Philstar.com mostra che Duterte ha citato le droghe illegali in 247 dei suoi 304 discorsi pubblici da quando è diventato presidente. Nel suo messaggio alla nazione durato un’ora ha fatto 23 riferimenti alla droga.
Nel corso dei suoi primi dodici mesi da presidente Duterte ha parlato a vanvera sulla piaga della droga senza alcuna ragione ripetendo le stesse idee. Lo ha fatto all’estero davanti ad alti rappresentanti. Ed ha fatto lo stesso mentre parlava ai filippini eccellenti, alle vittime del tifone o a giovani atleti. Dopo tutto è ciò che lo ha fatto eleggere.
Perpetuare miti cambiando le definizioni
Duterte dichiarò che il paese si trovava nella morsa di una crisi della droga le cui soluzioni urgenti sono nella sua promessa della campagna elettorale di una guerra sanguinosa.
Il sociologo Nicole Curato dell’Università di Canberra sostiene che la visione distopica del populista Duterte ha spostato la discussione durante la campagna elettorale. Ha reso muti le piattaforme di quei suoi concorrenti, come Jejomar Binay e Grace Poe per dignità personale.
Per Curato lo stile politio di Duterte fa uso di “il linguaggio di crisi” estratto dalla paura pubblica dell’ Altro reale ed immaginato, in questo caso del tossicomane.
“Credo che parte della ragione del successo della sua narrazione abbia a che fare con l’ansia latente già esistente nella sfera pubblica”
Questa ansia latente è lo stress delle comunità sull’uso comune delle droghe illegali. Vedono da vicino il problema, sebbene forse non tanto grave a livello nazionale. Ma questo stress restava nel sottofondo, “Mondano ma ancora preoccupante, pubblicizzato ma non politicizzato”. Finché Duterte non si è candidato vincendo.
Quello che ne è seguito sono state le operazioni di polizia che finora hanno ucciso oltre 5000 sospetti, in prevalenza giovani maschi poveri, senza il beneficio di un processo, e migliaia di altri uccisi da vigilanti che il governo dice di non aver sostenuto.
Duterte ha avuto una pletora di critiche dalle organizzazioni internazionali di diritti umani, dall’Europa per culminare con la Revisione Periodica Universale dell’ONU a Ginevra dove gli stati invitarono ad un fermo degli omicidi e chiesero indagini complete.
Col sostegno popolare, Duterte e i suoi uomini sono rimasti sulle proprie posizioni accrescendo l’ansia generale sostenendo che la difesa dell’ONU degli obiettivi dei folli della droga è un attacco dei diritti umani delle loro vittime che potrebbero essere stuprate e massacrate.
I diritti umani che per definizione devono essere applicati a tutti hanno finio di esser universali per l’amministrazione. Le soluzioni scientificamente sostenute proposte per la soluzione del problema non sono riuscite a radicarsi.
“Mentre alcuni critici hanno sollevato il problema dei diritti umani e del processo dovuto, queste questioni, per quanto concerneva chi era oggetto della critica, erano secondarie ai pericoli più importanti che incontravano ogni giorno.” dice Curato che ha documentato la partecipazione politica delle vittime del tifone a Tacloban a sostenere Duterte.
Ripercussioni inattese
Ci sono stati altri costi della narrazione preoccupante ma politicamente buona di Duterte.
Il mandato di eccesso ed una promessa di protezione ha alimentato la corruzione e l’abuso. Furono dei poliziotti a sequestrare l’uomo d’affari coreano Jee Ick-joo ad ottobre scorso. Si disse che era stato ucciso dentro il quartier generale della polizia a Camp Crane, come lo stesso De L Rosa ha dovuto riconoscere.
In un altro caso rivelatore un sindaco detenuto per legami presunti con il commercio della droga fu ucciso dentro la propria cella. I poliziotti che l’uccisero dissero che il sindaco aveva provato a resistere e che il suo omicidio era di autodifesa. Quanto trovato dal NBI indicava invece un’esecuzione. Duterte difese pubblicamente i poliziotti. Poi il ministero di giustizia declassò l’accusa da omicidio preterintenzionale a omicidio colposo.
La sanguinosa guerra è stata anche rafforzata dalle parti non statali che hanno usato il nome di Duterte per attaccare case o commettere furti.
Gli sforzi per difendere la narrazione della droga di Duterte ha fatto molta strada. Il presidente ha licenziato il suo rappresentante ufficiale della politica della droga che aver osato citare uno studio scientifico che nega le affermazioni presidenziali sulla diffusione della droga.
Per contrastare quanto la stampa trovava secondo cui i dati non mostravano di sostenere la campagna della droga, il governo lanciò la campagna dei “numeri veri”. Ma i dati alla fine non sembravano essere così reali.
A parte le migliaia di omicidi e le tattiche di copertura e giustificazione, i più salutari legami bilaterali del paese hanno subito il colpo dalla causa di Duterte.
A settembre il presidente Obama invitava Duterte a trattare la problematica della droga “nel giusto modo”, mentre l’Europa chiedeva il fermo degli omicidi extragiudiziali nella guerra alla droga condannando una legge che rievocava la pena di morte contro i crimini per droga.
Duterte rispose ad Obama con “figlio di Puttana” e con “Fanculo” all’Europa. Sarebbe andato ad Ottobre per annunciare a Pechino che si separava dagli USA. Presto si rimangiò queste dichiarazioni ma in seguito cancellò le esercitazioni militari USA Filippine.
L’analista politico del ADR Institute, Dindo Manhit, ha detto che non c’è stato una singola svolta nel raffreddamento delle relazioni USA Filippine nello scorso anno. Ma la visione critica di Washington sulla guerra alla droga non fu di aiuto.
“La mancanza di sostegno degli USA all’approccio presidenziale alla guerra alla droga è stato un possibile fattore importante. Questa amministrazione si sente forte su questo tema che era una delle iniziative più pubbliche ed una causa personale del presidente” disse Manhit a Philstar.com.
A maggio il governo ebbe la possibilità di colpire l’Europa. Pose fine al finanziamento allo sviluppo europeo affermando che l’aiuto dai nuovi amici come la Cina avrebbe potuto compensare la perdita. Ma lo si deve ancora vedere.
Mentre Duterte entra nel suo secondo anno, non è chiaro dove porterà la narrazione della guerra alla droga e le sue conseguenze sulle istituzioni e principi democratici.
Eppure ci sono tante altre cose per le Filippine. Sono spuntate forme di resistenza calma in risposta al tema politico dominante.
“Credo che le contronarrazioni cresceranno in posti meno aperti e spettacolari. Varie parrocchie hanno aiutato le famiglie colpite dalla guerra alla droga facendosene carico, seppellendo i morti. Sono modi calmi di aiutare” ha detto la sociologa Curato A Philstar.com
Ci sono possibilmente sforzi piccoli ma umani per curare il torto sociale che la guerra alla droga doveva affrontare.
“Non sono necessariamente risposte politiche ma rispondono all’ingiustizia che perpetua il governo” ha detto Curato
Camille Diola, philstar.com