Sono emersi altri dettagli sul raccapricciante traffico di schiavi sulla frontiera Malesia Thailandia dal lungo processo appena terminato a Bangkok con la condanna di 62 persone.
I campi istituiti nella giungla lungo la frontiera Malesia Thailandia per mantenere i Rohingya ed altri profughi esistevano da molti anni prima della repressione del 2015 che tagliò il commercio brutale.
Freeland, una ONG thailandese che combatte il traffico in uomini ed animali esotici ha lavorato all’unisono con la polizia thailandese per identificare le figure chiave nella rete del contrabbando poi arrestate e portate a processo.
Secondo il gruppo “oltre 500 persone sono morte nei campi dove erano tenute le persone in questa particolare catena del traffico, e che questi campi esistevano da almeno cinque anni”.
Alla ricerca hanno partecipato anche esperti informatici che hanno aiutato la polizia ad accedere ai dati dei telefonini sequestrati quando venivano fermate auto che trasportavano Rohingya. Si sono ricavate le rotte precise fatte dai conducenti e si è ricostruita la mappa della catena di rifornimento del contrabbando fino a rintracciare i campi.
Dal tracciamento di altri dati si è potuto giungere al generale, condannato per traffico umano a 27 anni di carcere, Manas Kongpaen che era stato coinvolto dal dicembre 2008 a gennaio 2009 nelle operazioni di respingimento delle carrette del mare dei Rohingya.
Manas avrebbe ammesso di aver usato i fondi dell’agenzia internazionale IOM, per pagare i respingimenti che allora attirarono la critica internazionale per le centinaia di persone lasciate morire in mare.
I rappresentanti della stessa IOM hanno detto di essere rimasti esterrefatti quando hanno saputo di questa diversione dei fondi assegnati e promettono un’inchiesta in merito.
“IOM non sapeva di questa testimonianza fino a quando Asia Times non lo ha portato alla nostra attenzione” ha dichiarato un portavoce. “Indaghiamo se il generale Manas Kongpaen possa aver usato soldi dei progetti umanitari IOM per operazioni penali per scortare le navi in mare… La IOM ha una politica di tolleranza zero sulla corruzione e se scopriamo che qualucno del nostro personale è coinvolto prenderemo le opportune misure”.
Lo IOM aveva progetti sanitari per l’emigrazione del valore di 1 milioni di dollari in cinque anni tra 2005 e 2009 tra Ranong e Samut Sakhon per dare “assistenza sanitaria di base, aiuto psicologico e altri aiuti non alimentari ad oltre 200 Rohingya detenuti nel centro di detenzione di Ranong dell’immigrazione.
“Ma non ci sono registrazioni di pagamento fatti ad alcuno degli individui citati nel processo. Ci sembra molto improbabile che una quantità importante di denaro possa essere sparita da questi progetti otto anni fa. Ma faremo di tutto per accertare se potesse esserci stata una fondazione ch avvalori le affermazioni del generale”
Ulteriori dettagli sono dati dal giornalista australiano Alan Morrison che ha documentato molto bene il traffico di Rohingya con il suo sito Phuketwan, prima di essere costretto a chiudere a causa di una questione legale.
Secondo Morrison, il coinvolgimento di figure importanti nel contrabbando di perse persone.one nella Thailandia meridionale era un fattore fondamentale nell’esplosione del traffico umano che poi portò alla morte di così tante persone.
“Lo sapevano tutti. E pochi pensavano che fosse una cosa sbagliata. Ci furono mostrate grandi case a Ranong e Kuraburi dove la gente del posto affermava che erano state costruite per il traffico umano.
Interi villaggi a Phang Nga ed altre aree lungo la costa si buttarono nel commercio del traffico umano perché dava soldi.
Le barche erano convertite per trasportare quante più persone possibili e la gente abbandonava il traffico della droga per entrare in quest’altro.” dice Alan Morrison. “e quei luoghi sono stati colpiti molto fortemente dalla fine del commercio perché erano diventati troppo dipendenti dalle entrate del traffico umano.”
All’inizio, dice Morrison, la gente coinvolta sentiva di farlo per buone ragioni ma dopo qualche anno “gente avida” sembrò aver preso il sopravvento sul commercio e il trattamento dei Rohingya peggiorò di molto.
L’americano Steve Galster, che guida Freeland, ha detto he i Rohingya che volevano lavorare in Malesia erano sistemati in tre classi dai trafficanti una volta giunti nei campi nel meridione thailandese.
“Chi era in buone condizioni fisiche, giovane, maschio e forte, erano venduti per essere militanti per il partito di opposizione in Malesia. I vecchi e i deboli erano venduti come manovali alle piantagioni malesi di olio di palama o caucciù, o nell’industria della pesca. Una moglie ed un figlio li potevano accompagnare se il compratore pagava qualcosa di più.
“La terza classe erano i più deboli o quell iche avevano altro accesso ai soldi. I malati, i vechi, le donne ed i bambini. Erano tenuti nei campi della giungla e la loro unica opzione era che un parente in Thailandia pagasse una somma per il rilascio o restare nei campi fino alla morte. Si viveva con un pacco di spaghettini al giorno e l’acqua del fiume, la gente ci rimaneva da tre a sei mesi”
Il processo durato due anni, e terminato con 62 condanne, è stato molto complesso e ha trovato molte sfide. Freehand ha comunque esultato per il risultato finale.
“Nonostante la probabilità che la rete si estendesse oltre le 103 persone incriminate, si deve apprezzare che 62 persone, tra i quali gente di alto grado, sono state condannate a sentenze lunghe, per lo sforzo lungamente sostenuto e per l’impegno costante da parte di membri critici della polizia e del sistema giudiziario. E’ particolarmente importante dire quanto sia difficile e pericoloso per la polizia locale perseguire la rete dei trafficanti. Ci si deve congratulare con loro per aver collaborato con le ONG nel perseguimenti della giustizia”
Ma Galster ha anche detto: Il governo thai deve dimostrare che non è stata una cosa occasionale”