La temperatura politica della Thailandia sta salendo con l’acceso processo contro Yingluck Shinawatra, già premier thailandese, accusata di aver gestito male il programma di sostegno al riso. La Corte Suprema consegnerà il 25 agosto il suo verdetto finale sul caso contro l’ex premier.
Tutte le parti dello schieramento politico diviso della Thailandia hanno usato varie tattiche in quello che è considerato l’ avvelenato atto finale in una critica transizione reale.
Se Yingluck sarà ritenuta colpevole di negligenza per il suo ruolo nel progetto, potrebbe essere condannata fino a dieci anni di carcere.
Nel periodo precedente alla sentenza, il ministro della giustizia ha già congelato parte dei conti bancari di Yingluck e ha confiscato parte della sua ricchezza per garantire il pagamento di una multa da un miliardo di dollari imposta dal governo militare sul suo programma di governo.
Nelle elezioni del 2011 Yingluck ottenne una vittoria grandiosa con un programma populista del suo partito ereditato dal governo del fratello Thaksin che fu al potere tra il 2001 e il 2006.
Thaksin mise in opera delle politiche che avevano lo scopo di dare potere ai cittadini delle campagne delle regioni del nord e nordest. Divennero di conseguenza delle forti basi di potere per il partito di Thaksin. Yincluck diede inizio al progetto di sostegno del prezzo del riso che comportava l’acquisto del riso dai produttori ad un prezzo superiore a quello di mercato distorcendo così il prezzo globale. Questo si dimostrò molto popolare tra i suoi sostenitori nelle province di campagna.
I due primi ministri Shinawatra sono stati alla fine abbattuti da colpi di stato militari. L’attuale regime militare è determinato a mettere sotto accusa Yingluck per attestare la legittimità del proprio golpe contro di lei. Per la giunta processare Yingluck è essenzialmente mettersi anche loro sotto processo. Perciò moli thailandesi si attendono una sentenza che sarà contraria alla Yingluck.
Perché la si deve eliminare in questo momento? L’elite politica è sempre più preoccupata per la propria posizione di potere ora che Re Bhumibol, scomparso ad ottobre, non è più sulla scena politica. Con Bhumibol i loro interessi politici erano assicurati bene attraverso la rete della monarchia che da decenni domina la vita politica. Senza Bhumibol la Thailandia si muove in una fase incerta con un nuovo re controverso, Vajiralongkorn. Queste elite politiche temono che gli Shinawatra possano sfruttare le incertezze politiche per riprendersi il potere.
Si potrebbe considerare Yingluck solo un pupazzo di Thaksin, ma lei si è conquistato del credito politico quando è stato primo ministro divenendo persino più popolare dopo che è il suo governo è stato abbattuto dal golpe del 2014. Il fatto che fosse un premier donna l’ha aiutata nel suo status politico. Ha dato l’impressione di essere un politico genuino, composta e disposta al compromesso, qualità che la separano dal fratello più risoluto.
Sin dal golpe Yingluck è stata attaccata dai suoi avversari con vari processi in tribunale. L’hanno accusata di corruzione nel progetto del riso. La stanno indagando anche su possibili illegalità nel suo fondo di ricompensa da 69 milioni di dollari per le magliette rosse che furono uccise nella repressione brutale del 2010. Lo scopo di questa serie di processi è di chiudere la sua carriera politica una volta per tutte.
Ma Yingluck non si è rassegnata. Continua a viaggiare in tutto il paese per incontrare i propri sostenitori. Ovunque si rechi la saluta una folla entusiasta. Questa connessione politica tra Yingluck e i suoi sostenitori potrebbe essere utilizzata bene se la dovessero imprigionare. Ci si aspetta che i suoi sostenitori più incalliti siano disposti a sfidare l’ordine della giunta manifestando in suo favore.
Yinglcuk stessa ha riconosciuto il bisogno di sostegno pubblico quando scrive su Facebook “Vorrei trasformare il vostro sostegno morale in un potere che mi rendesse forte e tollerante”.
Perciò se la giunta decide di liberarsi di lei con gli strumenti legali, sono possibili proteste di strada e potrebbe essere inevitabile la violenza politica. Mettere in prigione Yingluck, comunque, non sarebbe la fine del gioco politico. I suoi sostenitori la paragonano già ad Aung San Suu Kyi che è vissuta per 14 anni agli arresti domiciliari. L’incarcerazione di Suu Kyi le ha dato il titolo di icona democratica diventando il simbolo della lotta contro il governo militare in Birmania.
Ma paragonare Yingluck a Suu Kyi è problematico. Yingluck è stata anche criticata per aver comprato la fedeltà dei sostenitori con il populismo del suo governo senza affrontare seriamente gli scogli critici della democrazia. Yingluck, per esempio, si è rifiutata di trattare i casi di lesa maestà che causano un forte impatto sui diritti umani. Il suo governo propose anche un’amnistia totale che accese mesi di dimostrazioni contro di lei che portarono poi al golpe. Questa amnistia avrebbe liberato il fratello delle accuse pendenti. Fece infuriare alcune parti delle magliette rosse che videro che la morte di molti loro compagni sarebbe stata sacrificata per la libertà di Thaksin.
Se le corti sceglieranno di lasciar andare Yingluck, non solo sarebbero messe in ballo le ragioni dietro al golpe, potrebbe anche far arrabbiare i nemici degli Shinawatra tra le classi medie e superiori che percepiscono la famiglia Shinawatra come la minaccia fondamentale al loro benessere politico. La giunta ha ancora bisogno di sostegno dalle classi superiori per assicurare la propria sopravvivenza.
Incarcerare Yingluck e confiscarne le proprietà cambierebbe di sicuro la traiettoria politica del paese.
A breve termine incarcerare l’oppositore principale potrebbe rafforzare la presa della giunta sul potere. A lungo termine il conflitto politico non sarà affatto concluso. Il processo contro Yingluck Shinawatra non è solo un processo ad uno dei più popolari governi, sottolinea anche la politicizzazione del sistema giudiziario. Senza un sistema giudiziario indipendente il cammino del paese verso la pace e la riconciliazione sarà pieno di ostacoli.
Pavin Chachavalpongpun, Japantimes