C’è un ventre molle nell’industria turistica thailandese che mostra le bellezze culturali, geografiche e culinarie del paese, ma nasconde la brutalità di alcuni episodi coperti anche dallo stato
Quando si parla di destinazioni favolose la Thailandia è sempre in cima nella lista dei viaggiatori australiani ed a ragione.
E’ costeggiata da alcune delle più belle spiagge al mondo, ha chilometri di giungla intatta, con tantissi mi templi antichi, una vita notturna inimitabile e una cucina leggendaria, cocente.
Tutto ciò ha attirato da decenni vagabondi, espatriati, viaggiatori ed artisti, incantati da una miscela di pace e caos, di vita spirituale e di capitalista incallito, di natura tranquilla e di edonismo urbano.
Quel entusiasmo dei viaggiatori ha reso il turismo molto importante per l’economia thailandese che genererà nel 2017 oltre 100 miliardi di dollari.
La maggioranza dei turisti tornano a casa solo con ricordi memorabili, forti abbronzature e tantissime storie da raccontare.
C’è però un ventre molle nell’industra turistica thailandese. Una parte di questo ventre molle potrebbe essere particolarmente amaro se non anche mortale.
Seguiranno alcuni punti che, di recente, hanno portato il turismo thailandese sui giornali. Vale la pena di considerarli quando si pianifica un viaggio per assicurarsi di non trovarsi in una situazione pericolosa, o a sostenere pratiche che vittimizzano i più vulnerabili del pianeta.
Koh Tao è davvero l’isola della morte?
Se si parla con chiunque sia stato in Thailandia, si sentirà uscire dalla bocca il nome di Koh Tao. Questa isola per tanti turisti rappresenta proprio un viaggio in Thailandia. Ci sono innumerevoli hotel poco costosi lungo la tante spiagge dalla sabbia bianca, mari turchese e tutti i tipi di caffè che vendono tutti i tipi di bevande a basso prezzo.
Di recente Koh Tao si è beccata una cattiva reputazione per una vicenda d alcuni turisti stranieri morti. Non si poté ignorare l’attenzione ricevuta quando nel 2014 furono scoperti, su una spiaggia dell’isola, i corpi di Hannah Witheridge e David Miller. Mentre si suppone che il caso sia risolto, la responsabilità fu addossata su due lavoratori stranieri birmani.
Si è denunciato che il processo ha subito accuse di una cattiva gestione della scena del crimine come anche di gestione sbagliata delle prove. La sentenza capitale dei due lavoratori la dice lunga sul destino delle comunità marginalizzate nelle destinazioni fortemente a vocazione turistica. La coppia è stata forse torturata ed incastrata in parte perché sono dei lavoratori migranti.
Poi agli inizi del 2017, una giovane belga fu ritrovata morta nella giungla dell’isola. La morte fu definita un suicidio dalla polizia sebbene le attuali indagini parlino di tutto, dall’omicidio al coinvolgimento di un ashram impazzito sulla vicina isola di Koh Phangan.
Negli ultimi anni sono accadute varie morti in cui i parenti delle vittime esprimevano l’orrore per la gestione delle indagini.
Eppure la maggioranza troverà l’isola bellissima e sicura, ottima per la pesca subacquea.
La popolazione Kayan
Le notizie amare che gli occidentali sentono del paese si accentrano spesso sui destini di una piccola minoranza di viaggiatori stranieri che sono andati incontro a tragiche fini. Spesso altri settori dell’industria turistica thai hanno effetti problematici sia sui thailandesi del posto che gli emigrati dai paesi poveri vicini, come Cambogia, Laos e Birmania.
Emigranti e rifugiati sono le vittime sacrificali per il crimine ed i tassi di disoccupazione nel mondo. Lo stesso è vero per la Thailandia.
Avrete forse visto le foto di donne Kayan, che si allungano il collo fino all’inverosimile usando pesanti collari di ottone mentre crescono. Il gruppo scappò dalla persecuzione e a violenza in Birmania e fu ato loro rifugio in Thailandia.
Comunque a loro è negata la cittadinanza e i diritti sono fortemente limitati. Questo porta allo sfruttamento e in alcuni casi alla schiavitù.
Oggi i Kayan vivono in villaggi designati definiti “autentici”, che sono un teatrino ripetuto messo su da membri della comunità perché non hanno altra scelta. Nel 1997 il NYT rivelò che alcune tribù Kayan furono costrette ad abitare Thaton, vicino al confine birmano, e rapite e soggette ad abusi per impedire che se ne andassero.
La gente Kayan si è organizzata con l’aiuto di agenzie che assicurano che siano dati i bisogni umanitari delle comunità di rifugiati. Dopo oltre dieci anni, la BBC riportò che la BBC considerava di boicottare i villaggi, poiché c’erano rapporti chiari di rifugiati a cui era negato il diritto di risistemarsi fuori della Thailandia. In parte ciò è dovuto al fatto che i villaggi sono spesso sistemati su terreni privati e sono una grande fonte di denaro per proprietari potenti.
Comunque se i turisti non arrivano più, scompare quel poco che danno ai Kayan per sopravvivere, e potrebbe riservare loro un futuro peggiore.
Secondo un sitoweb che rappresenta i Kayan che popolano Huay Pu Keng: “Dipendono dai turisti per il loro guadagno che è generato dalla vendita di sciarpe femminili e borse per i visitatori”.
Turismo sessuale e schiavitù umana
Bangla Road. Patpong Night Market. Soi Cowboy. Walking Street a Pattaya. La Thailandia è piena di quartieri a luce rossa, alcuni dei quali sono tra i più famosi al mondo.
Per essere chiari, non si vuole qui gettare la colpa sui lavoratori stessi. Ma ci sono tante parti colpevoli su vari fronti quando si giunge al legame tra lavoro sessuale e schiavitù umana in Thailandia, e gran parte della colpa resta sui turisti stessi.
Secondo UNCHR, l’agenzia dei rifugiati dell’ONU nel 2013 c’erano almeno tre milioni di lavoratori dell’emigrazione in Thailandia. E mentre una parte significativa è coinvolta nell’industria della pesca ed altri lavori, che non vuol dire che non sono sfruttati, uomini, donne e bambini sono spesso incanalati nella scoppiettante industria del sesso. L’ONU sostiene che stime prudenti valutano questa popolazione in decine di migliaia di vittime.
Un’altra agenzia dell’ONU, ACATP, dice: “Il turismo sessuale continua ad essere un fattore che alimenta il rifornimento di vittime a fine di sfruttamento sessuale ed allo stesso tempo la corruzione che limita gli sforzi contro la schiavitù”
La situazione è in parte dovuta alla relativa maggiore ricchezza della Thailandia rispetto ai vicini della regione che hanno un PIL tra i più bassi in Asia ed una storia di guerre e violenze. Nel tempo la Thailandia è rimasta un po’ un faro nella regione. Comunque poiché la Thailandia resta dipendente dal turismo straniero per la moneta pregiata, c’è pochissimo incentivo ad applicare in modo stringente le leggi contro il traffico e la schiavitù sessuale.
Se se ne vuole una prova sul ruolo dei viaggiatori occidentali come carburante per questa industria, si faccia una camminata la sera a Patpong Market. Si annotino le lingue che i clienti parlano nei vari show e locali di striptease.
I santuari degli elefanti ed altre attrazioni di animali esotici
Nel 2016, l’immagine patinata delle attività turistiche legate agli animali della Thailandia fu stracciata quando le autorità thailandesi colpirono il Tempio della Tigre nella provincia di Kanchanaburi.
Mentre si discuteva se i monaci ed il personale del tempio dessero di fatto alle 137 tigri una vita migliore rispetto alle tigri negli zoo statali, fu la scoperta di pelli di animali e altri prodotti comuni del mercato nero che colpì chi ascoltava le notizie.
Si stimò che il tempio facesse oltre 15 mila dollari al giorno, secondo Al Jazeera, di entrate turistiche per i turisti che si facevano fotografare con le bestie apparentemente docili come anche con i piccoli. Sembra che facevano anche più soldi dalla vendita di alcune parti della tigre sul mercato cinese.
Nel nord a Chiang Mai gli elefanti sono presenti in una attività turistica popolare sebbene anche questo sia da discutere moralmente.
Questa attività inizia con il contrabbando di elefanti piccoli nel paese e continua con un addestramento brutale in cui gli animali patiscono tutti i possibili abusi. Sono spesso tenuti incatenati e confinati in altro modo tra una corsa e l’altra, durante le quali sono spesso soggetti a un trattamento bruto da parte dei guidatori. Qui non si parla del sindacato criminale che controlla il contrabbando degli elefanti e che intimidisce chiunque voglia migliorare la vita degli elefanti in cattività.
Si deve fare un bel lavoro di ricerca prima di visitare una destinazione legata agli animali in Thailandia, poiché persino quelli che si designano come santuari forse non lo sono di fatto.
Si può optare per i centri di riabilitazione della fauna selvatica o degli animali che hanno subito violenza ed entrare in contatto con la natura senza fare del male.
Ci sono Elephant Nature Park e Elephant Sanctuary di Boon Lott. Chiariamoci, non salirete sul dorso degli elefanti in questi due centri, perché è una pratica da evitare se si vuole dare aiuto a queste creature per una vita migliore.
Si dovrebbe fare lo stesso un viaggio?
Sono finiti i giorni della Thailandia come una meraviglia turistica da mancato bohemien. Quasi tutti i meravigliosi angoli precedentemente intatti sono stati fagocitati dalla macchina turistica. Quindi se non si vuole uscire dal percorso turistico, si incontrerà chi vi vuol vendere i giri sull’elefante, chi vi vuol portare in giro per negozi identici di ricordini, uomini e donne che vendono sesso e tanta offerta di droghe illegali.
Per dirla tutta, nel mezzo di tutto questo c’è una tradizione secolare buddista, villaggi che vogliono condividere la cultura, una straordinaria cultura di strada e ogni genere di scenari naturali fantastici.
Sarebbe un errore trascurare del tutto la Thailandia. Qualunque nazione sulla terra ha le proprie questioni etiche spinose con cui trattare e non diciamo che il mondo è universalmente sicuro, ma in Thailandia ed in posti simili, servirà moltissimo qualche piccola ricerca e un po’ di attenzione rendendo più sicuro e meno problematico possibile il vostro prossimo viaggio.
Kyle Valenta, http://www.news.com.au/travel/travel-updates/incidents/the-dark-side-of-tourism-in-thailand/news-story/6dce761c19b802179f1c1218a1e6e836