Fino all’inizio dell’attuale crisi, Marawi non era conosciuta da molti. Marawi è una piccola città a Mindanao nel meridione filippino. Qualche mese fa, la città fu presa da militanti estremisti spuntati apparentemente dal nulla che la dichiararono il quartier generale del ISIS nel sudestasiatico.
Poi la città è stata assediata dalle truppe filippine che miravano a distruggere i militanti ed è stata promulgatala legge marziale per l’intera Mindanao. La rudezza dell’entrata di Marawi nel panorama politico regionale ha accecato molti politici.
Perché Marawi?
Nella tempesta mediatica che seguì alla crisi di Marawi sin dall’inizio di maggio, c’è una domanda che non ha ricevuto la giusta attenzione: Perché Marawi?
Negli ultimi anni la gran parte dell’azione jihadista salafita nella regione è avvenuta in Indonesia e Malesia, non le Filippine.
Infatti è probabile che quando il capo filippino di Abu Sayaff Isnilon Hapilon fu designato dal capo del ISIS Abu-Bakr Al-Baghdadi Emiro del Wilayat del Sudestasiatico, molti jihadisti indonesiani saranno rimasti scontenti di non essere stati presi in considerazione. Fino all’inizio della crisi, i grandi analisti della sicurezza nazionale avrebbero speso meno attenzione alle Filippine meridionali di quanto facevano con la Jemaah Islamiya in Indonesia. E dal momento che Isnilon Hapilon opera dai suo quartiere generale a Jolo nell’arcipelago di Sulu, si capisce come mai Marawi non sarebbe stata necessariamente di conoscenza per molti analisti
Allora come è diventata il centro del ISIS nel sudestasiatico questa cittadina universitaria della provincia di Mindanao? La migliore risposta è di guardare agli attori coinvolti e ai loro motivi e capacità.
Il gruppo militante dietro la risi di Marawi è composta, in primo luogo, dai membri del gruppo Maute e di Abu Sayaff. Il gruppo Maute è guidato dai fratelli Omar e Abdullah Maute, membri di un potente clan locale dei Maute che ha la propria base attorno al lago Lanao attorno a Marawi.
Abu Sayaff è un gruppo estremista che opera nell’arcipelago di Sulu con atti di pirateria, estorsioni, bombe ed assassini sin dal 1991. Il gruppo è guidato da Isnilon Hapilon che si è fatto le ossa con il MNLF negli anni 80 e 90. Abu Sayaff non sembra aver avuto una connessione precedente forte e diretta con Marawi. Comunque prima della crisi il gruppo Maute operava già lì.
I Maute sono una famiglia politica locale forte e la madre dei fratelli Maute è una matriarca influente. Il più vasto clan Maute è stato immerso in uno scontro a sangue, Rido, col sindaco di Butig per un contratto del governo locale che non è stato dato loro. Butig è a due ore a sud di Marawi con le spalle verso il lago di Lanao che è adiacente a Marawi. I fratelli Maute raccoglievano entrate conducendo un’azione di protezione a Butig. Loro eseguirono le bombe di ottobre 2016 a Davao. Pochi mesi dopo il gruppo assunse il controllo di alcuni edifici pubblici a Butig compreso il municipio, la madrasa e la scuola superiore nazionale. Furono cacciati immediatamente dalla città dalle forze armate filippine.
Sembra che immediatamente dopo questa azione si legarono a Isnilon Hapilon che portò un nuovo livello di esperienza paramilitare e di risorse alla loro causa attraverso la sua affiliazione con l’ISIS.
Il gruppo nuovo riuscì poi a catturare e tenere Marawi per vari mesi. Marawi forse è un obiettivo attraente per i capi del ISIS tra cui Isnilon Hapilon per ragioni simboliche. L’ufficiale designazione di Marawi è la città islamica di Marawi, la sola città islamica riconosciuta nelle Filippine.
Come mai è andata così male?
Attraverso Hapilon l’ISIS ha fornito rifornimento di munizioni, equipaggiamento per comunicazioni di alto livello e combattenti dal Medio Oriente e dalla Cecenia. Essi hanno portato un livello molto più alto di conoscenze ed esperienze nel condurre la guerriglia urbana ed hanno usato bene questa esperienza nel mostrare ai militanti filippini come resistere alle forze armate filippine.
In contrasto, l’esercito filippino è mal equipaggiato ed inesperto nel condurre operazioni di controinsorgenza urbana, poiché la sua esperienza antecedente è stata per lo più nel contrasto all’insorgenza comunista nella giungla.
Anche per questa ragione molti sostengono che le forze armate filippine non hanno l’esperienza per prendere di mira gli insorti in un ambiente urbano senza distruggere la densa infrastruttura. Il risultato è un assedio che si protrae che ha appiattito di fatto Marawi con una crisi umanitaria massiccia in corso.
Crisi umanitaria, la frustrazione e la radicalizzazione
Ci sono oltre 200 mila persone dislocati internamente a Mindanao causa della crisi di Marawi. La legge marziale è in vigore da maggio. La frustrazione è enorme e monta tra i dislocati di Marawi. Fonti locali indicano che nella maggioranza sono distribuiti attorno al paese abitando con amici e parenti. Poiché la legge marziale fu dichiarata all’improvviso, la maggioranza di loro ha dovuto lasciare i loro possessi individuali ed i documenti di identità alle loro case, molte delle quale distrutte dalla campagna aerea indiscriminata delle forze armate. Questo rende più duro mantenere la loro traccia e dare loro aiuto.
La mancanza di aiuti, l’attuale dislocazione interna e la distruzione delle case giocheranno a favore della narrativa usata dai reclutatori dei terroristi che vogliono radicalizzare i giovani nelle Filippine.
Le stime delle perdite civili cambiano ma saranno almeno 300 e molti di questi avranno parenti. Questo indica che la crisi prolungata potrebbe staccare dei dividendi per i terroristi e i reclutatori negli anni a venire.
Inoltre non sono stati uccisi tutti i militanti. I rapporti parlano che sono vivi una quarantina ed operano a Marawi, ed alcuni sono stati catturati dai militari. Se questi sono consegnati al sistema giudiziario filippino, saranno posti nelle prigioni filippine, il cui sistema è sovrappopolato e privo di risorse. Vari studi sulle prigioni sovrappopolate e prive di risorse filippine ed indonesiane indicano che possono servire come base di reclutamento per la diffusione del radicalismo violento.
Come minimizzare il danno?
In tanti hanno l’interesse a minimizzare il danno causato dalla crisi di Marawi e dal disastro umanitario che ne discende. Da una prospettiva puramente umanitaria, c’è l’imperativo etico di minimizzare il danno ed aiutare gli abitanti dislocati a ritornare alle case quanto prima ed aiutarli a riprendere la vita normale. Dalla prospettiva della sicurezza nazionale c’è lo stesso imperativo. Più continua la crisi più a lungo resta il problema umanitario, più crescerà l’insoddisfazione accrescendo le possibilità di radicalizzazione dei giovani.
Cosa si può quindi fare per contribuire alla sicurezza e alla ricostruzione di Marawi ed un ritorno alla normalità per la gente del posto?
Nel minimizzare il danno sociale ed economico causato dalla crisi è fondamentale un aiuto veloce ed efficace e l’assistenza della riabilitazione. Ma questa assistenza deve essere tagliata in modo appropriata sui bisogni specifici e il contesto culturale della gente di Marawi, o si rischia di essere inefficace se non controproducente.
Per la gente della Bangsamoro, conosciuta per il loro senso di indipendenza ed orgoglio, l legge marziale si è protratta fin troppo e ci sono i segnali di perdita di controllo e autonomia. Si deve vincere la battaglia e la città ripulita al più presto.
L’aiuto, la ricostruzione e gli sforzi di riabilitazione necessitano di iniziare al più presto possibile e di essere condotti n modo da rendere prioritari gli interessi delle popolazioni locali.
Rory Macneil, Thediplomat