I laici e gli atei in Indonesia sono costretti ad assumere identità multiple: per le famiglie e gli amici sono dei credenti, per poi aprirsi con le persone fidate.
Citra, una studentessa di medicina di 25 anni, ha due identità su internet. La mattina mette una foto in cui indossa un hijab islamico, mentre al pomeriggio su un differente media sociale scrive dissertazioni filosofiche dove un tema è che dio non esiste.
Nei due differenti media ottiene differenti reazioni agli articoli. Un gruppo di amici discute sull’esistenza di dio e la tesi che dio non esiste. Ma tra i suoi amici musulmani conquista molti mi piace per le foto con hijab. Citra è una atea indonesiana che assume due identità multiple per trovare spazio in una società che non riesce ad accettare neanche chi ha dubbi sulla religione.
Essere atei in un paese musulmano non è facile. Agli inizi di agosto, divenne virale in Malesia una foto di un incontro tra atei in Malesia. La foto raccolse, oltre ad affermazioni di politici e di rappresentanti ufficiali, anche di commenti sui media sociali. Alcuni dissero che gli atei non erano ben accetti in Malesia e che gli apostati meriterebbero di morire.
L’Indonesia gode di una fama di essere più aperta quando si parla di religione, ma atei e laici sono ancora oggetto di stigma sociale.
All’inizio dell’anno feci un’indagine su una dozzina di persone laiche in Indonesia. Molti sono persone di fede ma alcuni non credono affatto in dio. Sono tutti cittadini indonesiani la cui vita di ogni giorno è oscurata a causa delle considerazioni pesantemente negative sul laicato e l’ateismo.
In realtà la gran parte degli atei che vivono in Indonesia escono fuori dagli stereotipi. Per esempio la gran parte di loro non rigetta il primo principio dell’ideologia nazionale indonesiana, Pancasila, Credere in un dio solo, perché comprendono che le religioni sono importanti per molti cittadini.
L’Indonesia non è un paese laico e nemmeno islamico. Dalla democratizzazione del 1998, la Reformasi, la religione è diventata sempre più importante. Questa svolta conservatrice ha colpito la vita quotidiana dei laici e degli atei.
Nel 2005, il MUI, consiglio indonesiano degli Ulama, emise una fatwa in cui affermò che il pluralismo, liberalismo e laicismo sono contrari all’insegnamento dell’Islam.
Un altro esempio è la decisione della corte costituzionale del 2010 sulla legge di blasfemia. La Corte rigettò la richiesta di revisione fatta da varie ONG affermando che il principio del Credere in un Dio Solo nell’ideologia nazionale implica che non può esserci una separazione della religione e dello stato. Per i giudici il credere in un solo dio non è una idea trascendentale. Piuttosto vedono la religione come un’istituzione.
Sia la fatwa del MUI che le discussioni dei giudici dimostrano una percezione che il laicismo è un’ideologia ostile verso la religione. Quella percezione è comunque sbagliata. Nella gran parte dei casi i paesi laici non proibiscono le religioni.
Il laicismo implica che il paese assume una posizione neutrale sulla religione, ma può ancora riconoscere che le religioni sono importanti per alcuni dei suoi cittadini. Inoltre la religione può incoraggiare i politici ad aderire a valori religiosi. Quello che vale per i paesi vale per gli individui: in contrasto a quello che molti in Indonesia pensano, non credere in dio non vuol dire che necessariamente si è opposti alle persone religiose.
Secondo la ricerca, le persone laiche in Indonesia sono un gruppo fortemente diverso. Come in altri paesi molti laici che ho incontrato sono ancora legati alle loro fedi, ma ma si definiscono laici perché per loro la separazione tra stato e religione è auspicabile. Essa permette allo stato di diventare uno spazio neutro che dà le stesse leggi e doveri per tutti i cittadini. Oltre ai fedeli ci sono gli agnostici per i quali non è certo se dio esiste o no.
L’altro gruppo sono gli atei che sono numerosi particolarmente nelle aree urbane. Comunque sono in Indonesia per lo più invisibili perché grandi parti della società e dello stato non accetano l’ateismo in pubblico. Piuttosto la società e le istituzioni credono che la religione sia la base dell’armonia.
Chi afferma di non credere in dio è percepito un distruttore della armonia sociale, e sembra che gran parte degli indonesiani non riesca a discutere dell’ateismo senza riscaldarsi. Molti vedono la mancanza di fede dell’altro come una minaccia alla propria fede.
Questa è la ragione per cui la maggioranza dei secolari, specie gli atei, non parlano in pubblico quando si parla della propria identità. Persino chi crede spesso non si apre a parlare della propria ideologia laica perché comprendono che molti percepiscono il termine laico come una parola sporca.
Chi è ateo spesso pretende di essere religioso. Tra i miei amici atei in Indonesia ci sono alcuni che fanno le preghiere ed indossano hijab quando sono a casa. La loro religione è come uno spettacolo che non ha più un significato per loro se non far piacere ai parenti e agli amici pii.
Molte delle persone che ho esaminato che sono aperti nel confessar il loro scetticismo hanno problemi con le loro famiglie. L’ateismo è anche una ragione di divorzio e per cacciare idi casa i figli.
Comunque non è insolito che, dopo un periodo di conflitti, si riconcilino gli atei con le loro famiglie, ma si decide in quei casi di non parlare di religione.
Per evitare conflitti molti atei non si confidano con i loro genitori. Hanno paura non solo delle sanzioni sociali, ma anche di dare dispiaceri ai genitori e alla famiglia. Questi giovani atei cercano quindi gruppi di amicizia al di fuori delle famiglie, e nell’era digitale è facile trovare persone che condividano la stessa ideologia.
Molti atei sono aperti verso gli amici stretti. Ma comunicano molto con gli amici atei nei media sociali e nei piccoli gruppi. I gruppi e forum di atei nei media sociali sono uno spazio sicuro per poter parlare di religione ed ateismo.
Sono interessanti gli atei che assumono due identità. Una è per la famiglia e gli amici religiosi, l’altra è la loro identità “reale” per agli amici di mente più aperta. Alcuni hanno anche due account su Facebook per poter esistere nel cyberspazio con due differenti identità.
Ateismo in Indonesia: destra e sinistra
Sebbene il cyberspazio diventi uno spazio sicuro per questi atei, non sempre sono tra loro d’accordo e discutono moltissimo in questi gruppi. Nella mia esperienza ho scoperto che si distinguono come atei di sinistra e atei di destra.
Gli atei di destra sono influenzati dal liberalismo di destra come il liberalismo economico e rigettano la religione, perché credono che non sia in linea con le tesi scientifiche e perché la religione incoraggia l’intolleranza. Alcuni sono persino influenzati dai discorsi della destra europea o americana, disegnando l’Islam come una minaccia alla pace. Gli atei di destra vedono la religione, Islam in particolare, come antica e pericolosa.
Al contrario gli atei di sinistra sono più preoccupati alle questioni sociali e traggono ispirazione dal pensiero di sinistra tra cui il marxismo, ma non sono affatto contrari alla religione. Per loro il nemico non è la religione quanto il capitalismo.
Gli atei di sinistra vedono un potenziale per l’emancipazione nella religione. Riconoscono la religione perché potrebbe essere uno strumento degli oppressi per combattere. Molti sono aperti alla cooperazione con organizzazioni religiose che considerano progressiste.
Per oltre due anni, ho incontrato tanti atei in Indonesia, sia di persona che online. Ho anche intervistato una decina di loro, unendomi alle loro discussioni e trovando molti amici.
Finora ho trovato che la realtà degli atei in Indonesia contraddice la percezione generale nella società indonesiana che inquadra l’ateismo nel contesto della guerra fredda e della propaganda anticomunista del Ordine Nuovo Indonesiano.
Timo Duile, Università di Bonn, Thewire.in