Sembra che sia stato lo stesso presidente della ONG Alejandro Gonzales-Davidson a chiederne la cancellazione dopo le continue persecuzioni contro altri due fondatori della ONG, Prum Thomacheat ed il monaco Sok Chantra, che indagano su uno scandalo di estrazioni illegali ed esportazioni di sabbia silicea che avviene nel meridione del paese, nella provincia di Ko Kong.
La decisione della ONG secondo Alejandro Gonzales-Davidson, che fu espulso nel 2015 fa per le sue inchieste su scandali ambientali, non dovrebbe portare a grossi sconvolgimenti ed è un cambio di strategia.
“La migliore strategia è di non continuare come una NGO registrata ma come un movimento di cittadini interessati. Tutti i membri sono volontari e non abbiamo bisogno di grandi finanziamenti”.
Di seguito pubblichiamo un articolo di Tinitan Pongsudhirak La Cambogia guida la tendenza autoritaria del sudestasiatico, apparso sul Bangkokpost.
La Cambogia guida la tendenza autoritaria del sudestasiatico
Il caldo abbraccio del 7 settembre tra il primo ministro Hun Sen e la controparte thailandese, Prayuth Chanochoa, dice tutto. Il governo autoritario è in ascesa nel sudestasiatico, ponendo una sfida esistenzale ai diritti umani e alla democrazia in tutta la regione. E la Cambogia guida la tendenza autoritaria del Sudestasiatico, seguita a ruota dai suoi vicini, come la Thailandia.
Per un certo periodo la Cambogia mostrò i segni di una promessa democratica. Un intervento dell’ONU nel 1993 capovolse il paese con una elezione. Da allora è tutto sottosopra ma c’è stata una parvenza di legittimazione elettorale e vesti democratiche. Ma gran parte del progresso acquisito nei due decenni si è fermato ed è stato invertito.
Il primo ministro cambogiano Hun Sen, l’uomo forte eletto, si è tolto i guanti liberandosi di tutte le pretese di un corpo politico libero ed equo. Ha fatto sì che il capo dell’opposizione Kem Sokha sia stato arrestato e portato via arbitrariamente con accuse pretestuose di tradimento per un discorso a Melbourne nel 2013. Finora Kem Sokha non ha potuto vedere i suoi membri del partito.
In aggiunta il primo ministro cambogiano è arrivato al punto di chiudere una serie di stazioni radio definite critiche del governo ed ha espulso l’ONG americana National Democratic Institute ed ha mandato in bancarotta The Cambodia Daily, giornale in auge che opera da 24 anni con tasse arretrate da sei milioni di euro.
Le personalità dell’opposizione sono attaccate in modo sistematico fino ad essere picchiate nel passato recente. Hun Sen ha fondamentalmente dichiarato che, qualunque cosa succeda, resterà primo ministro per il futuro prossimo. Il suo comportamento banditesco che ricorda il coreano Kim Jong-un, a parte che il primo ministro cambogiano ha il sostegno completo della Cina e una certa acquiescenza dal ASEAN.
In questione è il panorama politico cambogiano. Il partito CNRP di Kem Sokha guadagna terreno elettorale e rischia di superare il partito CPP di Hun Sen. Nelle elezioni locali di giugno il CPP ha avuto il 50% del voto popolare, mentre il CNRP il 44%, un dato impressionante per un partito nato appena cinque anni fa. Questo presagio elettorale ha allarmato Hun Sen. Potrebbe anche significare la perdita di potere per il CPP alle prossime elezioni di luglio 2018.
Nonostane l’arresto del suo apo il CNRP è ancora determinato e coraggioso. Un rappresentante storico del CNRP ha di recente riconosciuto ad una conferenza di studiosi, attivisti e rappresentanti eletti che la responsabilità del partito verso l’elettorato è che i suoi membri “restino vivi”. La legittimità delle elezioni di luglio 2018 è ora in dubbio.
Che sia Hu Sen a condurre la corsa verso il fondo del potere autoritario della regione è un attivo presagio per le prospettiva dei diritti umani e la democrazia nel sudestasiatico. A confronto con lui gli altri capi autoritari impallidiscono. Persino il presidente filippino Duterte usa i processi di finanziamento e del congresso per metter alla fame la Commissione dei Diritti Umani, indipendentemente dalla valanga di abusi e di omicidi extragiudiziali nella sua guerra alla droga.
Fino a poco tempo fa si poteva raggruppare i paesi del ASEAN in tre categorie principali. I paesi che procedevano verso la democrazia consolidandone i guadagni come Filippine, Indonesia e Birmania. Paesi che avevano invertito il loro percorso o lo erodevano erano Thailandia, Malesia e Cambogia. Chi faceva forte resistenza erano la monarchia assoluta del Brunei e i paesi a partito unico comunisti del Laos e Vietnam. Singapore era e resta l’eccezione per il suo tipo di governo a partito unico con legittimazione elettorale. La situazione è ora degenerata a favore dell’autoritarismo.
Cambogia e Filippine sono fermamente ritornate verso un corso autoritario mentre la Thailandia è ancora sotto un governo autoritario dopo tre anni dal suo ultimo golpe.
La Birmania ha subito l’isolamento globale per la sua cattiva gestione della crisi Rakhine che coinvolge i Rohingya musulmani. Solo l’Indonesia resta all’avanguardia del processo democratico.
L’Indonesia dovrebbe condurre il gioco affinché ASEAN faccia qualche rumore a favore di società aperte con i diritti e le libertà fondamentali. Questa posizione coinvolge dei rischi ma sono legati alla guida politica regionale. La comunità internazionale dovrebbe farsi sentire, particolarmente l’Europa e gli USA, sebbene gli USA dovrebbe comportarsi più come il bastione della democrazia che era prima di esser presa seriamente nel sudestasiatico.
Alla Cina si dovrebbe dire che quello che sta facendo la Cambogia proietta anche delle cattive luci su di essa.
Il sanzionamento del governo banditesco mina le aspirazioni cinesi di una superpotenza responsabile con una guida globale. La Cina potrebbe controllare la Cambogia molto di più di come può fare cn la Corea del Nord. La Cina dovrebbe farlo per mostrare al mondo che ha rispetto e buona volontà per l persone perseguitate della regione.
Infine, i regimi come quello di Hun Sen dovrebbero sapere che con l’oppressione sistematica rischiano di radicalizzare la propria gente. Se si tolgono diritti e si fanno abusi sistematici contro la gente, le persone non avranno altra scelta se non di sollevarsi e combattere per riprendersi la propria voce e i diritti fondamentali persi.
Thinitan Pongsudhirak, Bangkokpost