Dopo trentanni, la Cambogia è ancora disseminata di ordigni inesplosi, un lascito della guerra civile, della brutalità dei Khmer Rossi e del conflitto col Vietnam. Lo stesso governo stima che circa il 2% della popolazione nazionale di 14,7 milioni di persone sia disabile in gran parte a causa degli incidenti dovuti agli ordigni inesplosi.
Una di queste vittime è Poung Mai che ha perso entrambe le gambe quando calpestò una mina. Insieme a Chum Sopheap, che è stata colpito dalla poliomelite, siede a terra, nel pieno sole di mezzogiorno, vicino alla biglietteria dentro i cancelli del Museo Nazionale di Phnom Pehn. Ha con sè un cesto di libri da vendere, ognuno attentamente ricoperto con una plastica per rendere minimo il danno causato dalla polvere e dal sole eterni.
Essi sono tra i più di sessanta mila disabili fisici cambogiani che lottano contro la povertà, la discriminazione, l’accesso ineguale all’istruzione e al lavoro ed a un sistema di sostegno di stato sotto finanziato e provo di risorse.
La Cambogia è una delle nazioni più povere e più disseminate al mondo di mine ed è notevole la sfida dei disabili per raggiungere l’inclusione economica, l’istruzione e la riabilitazione. Sono al lavoro numerose organizzazioni per la rimozione delle mine, quali Cambodian Mine Action Center, per ripulire la nazione dei milioni di oggetti inesplosi nelle campagne, specie nelle province di nordovest al confine con la Thailandia.
La prevalenza dei terreni minati, con una popolazione che per l’ottanta percento risiede nelle campagne, ha ridotto in modo significativo l’accesso ai terreni agricoli, alle foreste e alle risorse di acqua, e ha lasciato uno dei tassi più alti al mondo di disabili, mentre la gente nelle comunità agricole resta continuamente menomata o uccisa per poter condurre la propria vita quotidiana.
Nel 2010, secondo il Sistema di informazione delle vittime da mina della Cambogia, ci sono state 286 incidenti nei campi minati, mentre nel 2009 sono stati denunciati 244 e 271 nel 2008. Quest’anno nel solo gennaio ci sono stati 15 nuovi incidenti. Dal 1979 si stima che ci sono stati quasi sessanta quattro mila incidenti che hanno portato a 39 morti e feriti ogni settimana per 31 anni con circa 44 mila sopravvissuti.
Poung Mai proviene da Prey Khamoa nella provincia di Prey Veng dove la sua famiglia coltiva il riso.
«Fui arrestato durante la guerra civile dal governo, i Khmer rossi, e fui costretto a lavorare nel campo della forestazione, a tagliare gli alberi. Allora calpestai una mina» dice. Aveva 28 al momento quando gli furono amputate tutte e due le gambe.
«Dopo quell’incidente, fu difficile. Me ne andavo in giro facendo l’elemosina, ovunque, al mercato, per poter sfamare la mia famiglia.»
Ha sette bambini. Nel 1990 fu spostato dalle autorità in un centro che forniva da mangiare ed un riparo, ma senza una prospettiva di futuro. Allora se ne andò e si trovò la propria via verso Phnom Pehn dove ha continuato a chiedere l’elemosina fino a quando si è iscritto nell’Associazione di Angkor per i Disabili nel 2009, associazione di disabili fondata da Sem Sovantha, che anch’esso subì l’amputazione di entrambe le gambe dopo aver calpestato una mina. L’associazione fornisce un tetto e la formazione ai membri e lotta contro la discriminazione.
Chum Sopheap, della stessa provincia Prey Veng, arrivò a Phnom Pehn nel 1997 dormendo per le strade fino a quando cominciò a vendere libri al Museo Nazionale nel 2007.
Per entrambi le entrate dalla vendita dei libri sono molto piccole, con una media di due euro al giorno, ma permettono loro di fittare una stanza lasciandosi alle spalle la vita da barboni che spesso si accompagnava all’alcolismo, alla fame, alla malattia e alla cattiva salute mentale. Sostengono che il fatto di appartenere ad un’associazione ha anche in modo marginale migliorato il loro rapporto col pubblico.
«Quando non appartengono ad una associazione» sostiene Sem Sovantha «c’è un problema con le autorità. Avendo un’associazione invece la gente li accetterà e parlerà con loro.» Comunque rimangono forti e diffuse le attitudini sociali negative, le discriminazioni verso il disabile come la violenza, l’ostracismo sociale e l’esclusione economica.
Chhum dice che per lo più riceve risposte positive dai visitatori e dai turisti al Museo Nazionale, «ma il personale nell’area non è proprio felice di noi perché non ci vede nel vendere ai turisti»
Le guide turistiche locali anche tentano anche di dissuadere i visitatori dal comprare da loro.
«Tanti vorrebbero comprare» spiega Chum «ma il cliente crede alla guida che dice no no no, poiché la guida otterrà qualche commissione ad un altro negozio a cui li porterà.»
Secondo un rapporto del 2009 dell’ Organizzazione internazionale del Lavoro
«le persone disabili sono tra le più vulnerabili nella società cambogiana. A loro mancano un accesso eguale alla scuola, all’addestramento e al lavoro».