Il fallimento del governo filippino nell’indagare e perseguire gli omicidi extragiudiziali alimenta ancor di più gli abusi dei militari. Il governo deve assicurarsi che i funzionari facciano, in modo vigoroso, le indagini nei casi seri di abuso dei diritti umani o andranno incontro ad azioni disciplinari. Il rapporto di 98 pagine, “La mancanza di giustizia si aggiunge al dolore: omicidi, scomparse e impunità nelle Filippine”, descrive minuziosamente la forte prova del coinvolgimento dei militari in sette omicidi e tre scomparse forzate di attivisti della sinistra sin dalla salita alla presidenza di Benigno Aquino III il 30 giugno del 2010.
“Si uccidono per strada gli attivisti mentre i militari implicati camminano liberi.” dice Elaine Pearson, responsabile per HRW per l’Asia. “Le Filippine possono porre termine a questi abusi orribili se è chiaro che chiunque ordina o li commette sarà messo in carcere e la loro carriera militare sarà finita.”
Nel rapporto ci sono 80 interviste in undici province differenti con vittime di abusi, con le loro famiglie, testimoni, ufficiali militari e di polizia, compreso un ex militare che ha ammesso che i suoi comandanti gli ordinarono di uccidere un attivista e di intimidire i testimoni.
HRW non ha potuto indagare su altri sospetti omicidi extragiudiziali, apparsi nei giornali locali ultimamente, a causa di limiti di tempo e a problemi di sicurezza.
Le Filippine presentano multiple insorgenze da parte della guerriglia comunista de NPA e di altri gruppi armati che sono stati responsabili di molti gravi abusi. Nell’affrontare queste insorgenze il governo deve rispettare i suoi obblighi legali della legge dei diritti umani e la legge umanitaria, ha dichiarato HRW.
I militari sembrano considerare varie di queste vittime come sospetti comunisti de NPA a causa del loro coinvolgimento nelle organizzazione di sinistra, nella riforma della terra o del lavoro, o per la loro opposizione alla presenza dei militari nella loro terra. I militari che operano in aree di conflitto spesso considerano tutti i militanti di sinistra come la facciata legale del gruppo di ribelli e chiunque si oppone alla presenza dei militari è membro della guerriglia.
“Mio marito giaceva per terra con ferite di arma al petto e al collo” dice Mercy Dejos desrivendo come trovò il corpo del marito, un rappresentante della comunità dei diritti umani, e quello di suo figlio che “Non aveva più le unghia” e sembrava essere stato sparato alle spalle.
Tante vittime sono state uccise o rapite di fronte a testimoni, sia quando uomini armati sono entrati nella proprietà della vittima e ucciso la persona a sangue freddo, o ucciso la vittima da una motocicletta. Alcuni di questi vestivano abiti civili e andavano col volto coperto, mentre altri vestivano uniformi militari e non provavano a nascondere la propria identità. In vari casi c’è la prova che soldati lavorano con membri delle forze paramilitari, essenzialmente CAFGU o Unità geografica di forze armate di cittadini, o forze militari pagate, compresi ex membri delle forze ribelli.
Un ex soldato ha detto a Human Rights Watch che i comandanti militari gli avevano ordinato di uccidere di militanti di sinistra e di nascondere o bruciare i corpi. I militari lo avevano addestrato, insieme ad altri soldati, a far sembrare gli omicidi previsti come il lavoro di un Unità Partigiana Speciale (SPARU) di gruppo ribelle usando pistole calibro 45 e indossando passamontagna neri che si pensa fossero favoriti dai ribelli.
“La natura sfrontata di alcune queste violenze, alla luce del giorno e di fronte a testimoni, mostra come membri dei militari possano uccidere e far scomparire persone senza curarsi molto delle conseguenze.” dice Pearson “Additare qualcuno come attivista di sinistra risuona come l’allarme che si trovano su qualche lista dei militari”.
Il governo non è riuscito ad investigare efficacemente e incriminare per gli omicidi e le scomparse forzate perpetuate nell’ultimo decennio. Né ha trovato i responsabili di quelli più recenti.
Solo sette sono i casi che sono stati perseguiti con successo nello scorso decennio, risultati dal processo di dodici persone, nesuno durante l’amministrazione Aquino. Non c’è stata una singola sentenza di qualcuno che fosse un membro attivo dei militari al momento degli omicidi. Nessun militare di grado è stato mai condannato sia per il coinvolgimento diretto in queste violazioni o per responsabilità della catena di comando.
Le indagini di polizia si sono fermate, specialmente se le prove conducevano ai militari. Mandati di arresto contro i possibili responsabili non sono mai stati eseguiti e le indagini interne militari sono quasi inesistenti. Il programma di protezione inadeguato del Dipartimento di giustizia per i testimoni, che sono stati oggetto di intimidazione ha ulteriormente ostacolato gli sforzi di portare i responsabili davanti alla giustizia.
Gli omicidi extragiudiziali sono un problema da tanto tempo nelle Filippine con centinaia di attivisti della sinistra, attivisti di partito, giornalisti, prelati senza peli sulla lingua, uccisi o fatti scomparire nell’ultimo decennio. Nel 2006 e 2007 quando le Nazioni Unite, gli USA e la Comunità Europea ed altri grandi finanziatori pubblicamente esprimettero la loro preoccupazione sugli omicidi politicamente motivati sotto l’allora Gloria Macapagal Arroyo, il numero degli omicidi decrebbe in modo impressionante. Sotto il presidente Aquino, quindi, è la pressione internazionale a cadere mentre gli omicidi continuano, sostiene Human Rights Watch.
Gli USA, L’Europa, il Giappone,l’Australia e gli altri governi dovrebbero far pressione sul governo Filippino affinché faccia indagini esaustive su questi omicidi, incrimini i responsabili, richieda una responsabilità rigorosa ai militari e definisca chiaramente le conseguenze se non si fanno questi passi.
HRW chiese ad Aquino di mantenere la sua promessa elettorale di porre fine alle gravi violazioni dei diritti umani nelle Filippine dando direzioni alla polizia e NBI di perseguire vigorosamente affinché i crimini presumibilmente condotti dai militari o da essi stessi siano soggetti a misure disciplinari. I militari dovrebbero condurre indagini interne trasparenti e punire ufficiali e soldati che si sono resi responsabili di omicidi extragiudiziali e scomparse forzate, inclusi quelli sotto i principi della responsabilità del comando.
“Il presidente Aquino dovrebbe lavorare per lasciare, come eredità del suo governo, forze armate professionali e responsabili” dice la Pearson “Gli USA, la UE e le altre nazioni donatrici dovrebbero chiedere alle Filippine profonde domande sul perché gli amicidi e le scomparse continuano dopo un anno dal suo governo”.
Alcuni racconti estratti da “ La mancanza di giustizia si aggiunge al dolore: omicidi, scomparse e impunità nelle Filippine”
“Vidi delle gocce di sangue. Quando firai l’angolo, vidi i corpi di mio marito e mio figlio. Mio marito era a terra con ferite aperte al petto e alla gola… gli avevano tolto le unghia … i suoi avambracci erano pieni di ferite come se fossero stati legati in alto… il petto era coperto di ferite come se fosse stato colpito dal manico del fucile. Mio figlio Rudyric era aggomitolato sul suo lato e potevo vedere le ferite dei proiettili sula spalla e le ferite d’uscita sulla parte superiore del petto… poi sono svenuta”. Mercy Dejos che trovò i corpi di suo marito e del figlio dopo che furono uccisi il 27 febbraio 2011 a Davao del Sur. Disse che i soldati avevano minacciato in varie occasioni suo marito, un rappresentante dei diritti umani della comunità, prima che fosse ucciso.
“Verso le due di notte qualcuno bussò alla porta… gli uomini armati usarono i calci dei loro fucili per entrare dentro. I soldati videro Toto immediatamente e con i loro fucili lo colpivano, senza sosta; cercò di scappare al secondo piano della casa ma continuavano a colpirlo alle spalle. Lo tirarono via da noi e lo buttarono al primo piano. Allora i soldati saltarono giù. Un soldato gridò ad un altro di mantenerlo fermo; allora lo spararono, tre volte. Il comandante allora ordinò di allontanarsi e se ne andarono. Avevamo tutti paura. Non potemmo fare nulla, né gridare né dire una sola parola. E’ la testimonianza dell’omicidio del 30 settembre 2010 di Toto Quirante nella provincia di Negros Oriental.
“La maggioranza dei miei colleghi di polizia avevano creato un ambiente minaccioso per me … Una volta quando arrivai alla stazione di polizia, un poliziotto mi gridò che ero un nemico dello stato … C’è l’influenza di un gruppo … li evitavo e facevo il mio lavoro. Un giorno in una stazione un collega poliziotto mi disse “Ci sarà un tempo per la resa dei conti poiché stai uscendo dal seminato (nell’indagine di questo caso)” Il racconto di un ufficiale di polizia sulle indagini di un militante che descrive come i suoi colleghi lo hanno minacciato e tormentato poiché indagava attivamente sul crimine.
“Le mi disse che cinque uomini erano andati a casa sua .. erano dell’esercito… uno di loro la minacciò dicendo che, se avesse testimoniato, qualcosa di grave sarebbe successo alla sua famiglia …Lui disse ‘non sto mentendo e sono molto serio in questa conversazione’. Sin da allora le fu detto che delle persone venivano regolarmente alla casa, ma lei non rimase più a casa sua da allora. Un ufficiale del governo locale che descrive come i soldati minacciarono una testimone di una violazione di diritti umani che intendeva testimoniare contro i militari.