Domanda sul linguaggio, sul regionalismo della Thailandia moderna nel pensiero di Benedict Anderson da poco scomparso
Mi è stato chiesto di dare un punto di vista sulla politica thailandese attuale da “esterno”, e ci proverò. Ma non sono sicuro del significato vero di esterno.
E’ semplicemente una gentile sostituzione del termine farang, vale a dire un occidentale che non è cittadino Thai, ma conosce qualcosa della politica thailandese, che ha il vantaggio della distanza ma lo svantaggio di non essere costantemente e profondamente coinvolto?
L’implicazione è che il farang che scrive del Siam pensa in un modo molto differente dal Thailandese istruito. Ma ho la forte impressione che i giornalisti e gli studiosi farang di fatto sono fortemente dipendenti dalla loro controparte thailandese.
D’altro canto, c’è Chris Baker, molto inglese, residente in Siam da tantissimo tempo, con buon possesso della lingua, che scrive articoli molto distinti ed eccellenti sulla politica thailandese, ha scritto i migliori libri moderni sulla politica thailandese insieme a Pasuk Phongphaichit, e con lei ancora ha pubblicato una monumentale traduzione inglese di Khun Chang Khun Paen. E’ giusto chiamarlo un esterno?
Ma non ci sono anche milioni di cittadini del Siam che potrebbero essere considerati esterni?
Fatemi raccontare una buona storia. Alcuni mesi fa, ho parlato a lungo con un tassista che mi stava portando a Ngong Ngu Hao (l’aeroporto Suvarnabumi). Avea più di cinquant’anni e proveniva da Chinatown. Gli chiesi cosa pensasse di Thaksin, e la sua risposta mi sorprese. “Thaksin è meraviglioso, lo sostengo al 100%”. Quando gli ho chiesto le ragioni, ha detto: “Thaksin è un Hakka come me. Sono i cinesi migliori: coraggiosi, duri, onesti e buoni lavoratori. Gli hakka erano i capi della grande ribellione Tai Ping che conquistò il sud della Cina abbattendo quasi la dinastia Manchu Ching. I suoi nemici sono Hokkien, hailamese e teochiu. La famiglia di Abhisit è Hokkien con sangue vietnamita. Sonthi Liem è Hailamese. Gli Hokkien sono dei snob, falsi e pigri. Hailamese sporchi ed opportunisti. I teochiu disonesti ed astuti.”
Quando gli ho chiesto ei Thai, ha detto: “Sono accomodanti e spensierati. Pensano solo a mangiare e fare sesso.” Alla fine ho detto che nel caso ella politica thailandese è proprio come la politica Sam Rok (Il romanzo dei tre regni”) ? E il tassista si è messo a ridere d’accordo.
Cosa ne pensano nel profondo sud i Malay della politica thailandese, o i Chao Le, o i Khmer dell’Isaan meridionale, o la gente ordinaria tang jangwad (delle province interne)? Ovviamente ci sono delle statistiche di tanto in tanto, ma la gente deve rispondere secondo le categorie di pensiero popolari nelle indagini statistiche. Non conosco nessuno che abbia provato a vedere la politica thailandese attraverso gli occhi delle minoranze, delle piccole città e della gente delle campagne. Forse si trovano più all’esterno di quanto si trovino i giornalisti o gli studiosi farang, specie quando si ricorda il punto di vista fortemente regionalista che è venuto alla superficie negli scorsi 15 anni, e la sfiducia diffusa e lo scontento verso Bangkok. Detto questo vediamo qualche mia opinione sbagliata forse per qualcuno.
Uno dei miei migliori studenti che abbia mai avuto, Kesian Tejapira, ha descritto il sistema attuale come una “semi democrazia”. Questo è il più comune dei modi con cui gli esterni tendono a descrivere gli ordini politici dell’Indonesia, Filippine e Malesia. Ma secondo me tutti questi stati, incluso il Siam, sono controllati, più o meno, da oligarchie, gruppi di famiglie che si intrecciano, i cui figli vanno alle stesse scuole, i cui affari sono interconnessi, che si sposano tra loro e condividono un insieme comune di valori ed interessi.
Il che non implica che non competano tra loro, talvolta anche in modo duro. Né che siano interamente esclusivi, sono abbastanza flessibili da assimilare varie specie di semi esterni, ma solo a modo proprio. Hanno persino un codice di condotta, un elemento da non usare contro l’altro, come gli scandali sessuali.
Un buon segno dell’oligarchia è l’assenza di una opposizione ben condotta e coerente; un altro esempio è il facile e rapido movimento dei deputati tra partiti quando si forma una nuova coalizione. Ne Win era un giorno il braccio destro di Thaksin e il giorno dopo divenne i costruttore dell’attuale governo di Abhisit contro Thaksin.
Cruciale per una oligarchia che vuole aver successo è l’astuto controllo del sistema elettorale. Dopo che l’Indonesia ebbe le sue prime elezioni libere in seguito alla caduta di Soharto, elezioni esaltate come libere dalla stampa occidentale, incontrai per caso un collega anziano americano, specializzato nei sistemi elettorali e di fatto consigliere del governo indonesiano. Quando gli chiesi la sua opinione, scosse la testa dicendo:
“Hanno il peggior sistema elettorale che mai conosca. Non è un caso, né un segno di stupidità. I capi politici conoscevano esattamente quello che facevano quando costruivano il quadro delle leggi elettorali”
Si possono individuare le oligarchie attraverso il linguaggio gerarchico che usano per generare la legittimazione. La parola fondamentale da cercare è “dare”. Il gentile regime nonnesco “darà” ai nipotini nazionali l’istruzione quasi gratuita, sussistenza per gli agricoltori, apparecchiature per gli tsunami, prestiti poco onerosi, computer gratuiti per le scuole elementari, coperte e semi per gli arretrati gruppi etnici e così via.
Non ammiro granché sia il sistema politico americano che inglese, ma la gente di queste due nazioni troverebbe strano, se non insultante, che il Presidente o il Primo ministro parlassero di “donare” un milione di posti di lavoro. Ho paura che anche i migliori studiosi thailandesi non pongano ancora un’attenzione abbastanza dettagliata al linguaggio dell’oligarchia thailandese.
Nell’Indonesia attuale si troveranno spesso degli oligarchi che si lamentano che “rakyat masih bodoh” che vuol dire che le masse sono ancora stupide e ingenue. La frase fu coniata appena dopo l’indipendenza avvenuta circa sessanta anni fa, quando la gente pensava che questa stupidità, creata dal colonialismo, sarebbe presto scomparsa. Oggi gli oligarchi, senza alcuna vergogna, usano lo stesso linguaggio col chiaro significato che le masse saranno sempre stupide ed è quella la ragione per cui è sempre necessaria una oligarchia dal cuore buono e dall’aspetto paterno.
Non sorprende granché che questa attrazione per la gerarchia pseudo feudale sia abbastanza visibile tra le aspiranti classi medie ma senza la parola “dare” almeno a questo livello.
Nel 1910 quasi un terzo della popolazione adulta di New York lavorava come camerieri, bambinaie, autisti, guardie e così via. Dopo venti anni, con lo sviluppo dei mezzi meccanici per la casa, questa popolazione è scomparsa. Non allo stesso modo con le classi medie delle oligarchie del sudest asiatico che posseggono questi strumenti. Le cameriere sono diventate uno status symbol, e sono di frequente oggetto di abusi di tutti i tipi dalle madri e nonne delle famiglie borghesi. Questo forse ci dice qualcosa della mentalità di qualche femminista di classe media con cameriera.
Nei vecchi tempi, gli aristocratici feudali consideravano la servitù come il loro entourage spesso mantenevano una relazione di lungo corso con loro. I genitori delle classe medie non considerano le cameriere come entourage, li pagano male e le licenzino regolarmente. Sono considerate le cameriere come inaffidabili, false, ladre e pigre, persone in cui non si può aver fiducia.
Per più di dieci anni, ho dato dei regali di anno nuovo alle guardie, alle cameriere e al personale d’ufficio nel condominio dove vivo. Consideravo normale che tutti gli altri abitanti il condominio stessero facendo lo stesso. Solo questo anno ho scoperto che eravamo soltanto io e Charnvit Kasetsiri a farlo. Gli altri consideravano questa gente i cui nomi raramente si prendono cura di imparare come servi da non viziare. Viziare è riservato soltanto per i loro figli spesso maleducati.
Quando si va nei ristoranti o nei centri commerciali, la gente della classe media chiama le cameriere o il personale del negozio col termine “nong” (fratello o sorella più giovane) che potrebbe sembrare amichevole fino a quando si capisce che non intendono imparare i nomi di questi nong e si arrabbierebbero essere chiamati phi (fratello o sorella più grande). La gente nelle università si rivolge alla gente che segue le conferenze col termine feudale “than” piuttosto che col termine amici o colleghi.
La nazione ha ancora khunyings e Thanphuyings che mi sembrano termini ridicoli considerato il tempo attuale. Gli inglesi usano il termine fratello per indicare uguaglianza e solidarietà, ma la parola non può essere tradotto in thai, dove si deve usare i termini gerarchici phi nong che implicano ineguaglianza e subordinazione. Si potrebbe discutere se quella gerarchia semifeudale sia profondamente radicato dentro il linguaggio thai.
Vediamo ora in breve altri due importanti aspetti della politica prima di concludere con qualche osservazione sui futuri possibili di cui non si parla o scrive comunemente.
Il primo è il regionalismo. Chiunque sia stato alle manifestazioni immense dei primi giorni delle Magliette Rosse la scorsa primavera avrà notato la predominanza di striscioni che indicavano le origini dei manifestanti nell’ISaan. Ma ad impressionarmi fu che la maggior parte dei manifestanti non era giovane, né ventenni, ma gente attorno alla cinquantina se non più, uomini e donne. Mi chiedo se questo è mai accaduto prima in Siam. Perché dovrebbe essere così data la reputazione della regione per la compravendita massiccia dei voti e del sistema di patronato (jaophor ism)?
Secondo me solo la storia moderna può spiegare questo. Fino agli anni 70 l’Isaan era politicamente parlando di sinistra, risultato della povertà e dell’umiliante attitudine delle regioni centrali e di Bangkok, e lì il Partito Comunista Thailandese aveva la sua roccaforte.
Nella elezione realmente democratica del Siam del 1975, fu la sola regione ad eleggere deputati del partito socialista e del Palang Mai e la regione che ha sofferto di più dall’oppressione militare della dittatura di Sarit e dei suoi successori e che ha vissuto peggio di tutti il collasso del Partito Comunista.
Dopo il 1976, non ci furono più partiti politici di sinistra di qualche rilevanza. Quindi lo spostamento verso la vendita dei voti fu ‘unico modo per ottenere dei piccoli benefici dal sistema elettorale controllato dalle oligarchie. I giovani di quegli anni hanno ora 50 o 60 anni e Thaksin ha ridato loro la possibilità di ritornare in politica ancora oltre il semplice vendere il voto e il sistema di patronato. Centinaia di migliaia di giovani dell’Isaan si sono diretti al di fuori della regione per lavoro, a Bangkok o in altre parti. Persino Chinatown è forse più piena di gente dell’Isaan che di cinesi.
Il sempre crescente potere dei massmedia riflette loro il loro status nella società thailandese. Quando è stata l’ultima volta che si è vista una bellezza scura dell’Isaan in un film o in una fiction televisiva? La classe media consumistica di Bangkok è dominata da Luk Jin (discendenti cinesi) così la loro immagine di bellezza è molto lontana da quella dell’Isaan, il look desiderato è quello del luk Jin o del luk kryng, mezza thai mezza occidentale.
La gente dell’Isaan è relegata alla sfera della commedia, della farsa, la sfera tradizionale dei servi. Ma c’è ancora dell’altro. Durante le dimostrazioni delle magliette rosse, notai che oratori d’esperienza come Nattawut e Jatuporn non hanno quasi mai parlato del Restio Sud che al momento è trattato molto peggio dell’Isaan.
Gli omicidi totali di Bangkok, alcuni da parte delle Magliette rosse altri di più dai militari, sono stati considerati sia dalle Magliette rosse che dai media come calamità nazionali. Nessuno ha detto che gli assassini a Tak Bai da soli erano più numerosi delle uccisioni a Bangkok, per non parlare delle morti della guerra nel sud nello scorso decennio. Il regionalismo dell’Isaan è focalizzato sui suoi guai. La classe media di Bangkok non se ne frega di meno del profondo sud. Si percepisce che fin quando il territorio resta “thai”, i musulmani malay locali potrebbero semplicemente scomparire.”
Il secondo aspetto è la politica della classe media di Bangkok o kratumpi (borghesia), yai (grande ) e noi (piccola). Una parte della mitologia del progresso e della democrazia nell’occidente attribuisce un ruolo fondamentale alla classe media e questa leggenda è senza dubbio falsa. (è facile dimenticare che furono uccise più persone nelle settimane che ci vollero per distruggere la Comune di Parigi che durante tutta la rivoluzione francese. )
Non c’è dubbio che la comparsa del 19scolo di così grandi scrittori, pittori poeti, architetti, pesnatori sociali avvenne con classe media che acquisisce il dominio culturale. Il contrasto col Siam non potrebbe essere più stringente. Per quanto ne sappia, Bangkok eve ancora dare i natali ad un grande scrittore, o poeta o filosofo. E’ KongKaen e non Bangkok a dare i natali a Apichatpong Weerasetakul che, nei suoi quarant’anni, è considerato internazionalmente tra i più grandi registi al mondo ed ha vinto la Palma d’oro di Cannes del 2010. Ci si sarebbe attesi che un artista di quel calibro sarebbe stato oggetto di grande orgoglio da parte della borghesia sempre ansiosa di mostrare le sue credenziali internazionali. Ed invece no, con la borghesia che continua a fagocitare passivamente il ciarpame di Hollywood, le ripetitive soap opera cinesi, i giochi importati. La classe media di Bangkok, anche leggendo le pubblicità, è interessata nel buon cibo, nella moda dell’estero, nei costosi resorts, nel fare viaggi costosi verso Il Lontano Oriente o l’Europa. E’ davvero difficile trovare una bella costruzione pubblica nella capitale Thailandese, e non c’è alcun bel tempio che può competere con Wat Xian Thong a Luang Prabang. La vergognosa diatriba su Preah Viharn è uno dei modi di nascondere ciò che dovrebbe essere noto a tutti: che non c’è una sola costruzione in grado di competere per bellezza con l’Angkor cambogiana, o il Borobudur di Giava, o Pukan in Birmania. Si può sospettare un complesso di inferiortà da parte di Bangkok. Ci vogliono due minuti a Preah Vihar per far capire ad una persona dotata di cervello che questa costruzione è una cosa Khmer e non Thai. Allora alcuni thailandesi on lo sopportano e decidono che deve essere “nostra”.
C’è ben poco da aspettarsi da una classe media di una capitale di questo tipo. Sostenne timidamente le dimostrazioni del 1973, ma voltò le spalle alle manifestazioni del 1976, ed ora esprime il suo rumoroso sostegno alla monarchia e alle magliette gialle. Direi che in questo modo la borghesia di bangkok non è poi lontana da quella di Manila, Kuala Lumpur, Singapore e Giacarta: timida, egista, priva di cultura, consumistica e senza una visione dcente del futuro della nazione.
Perché deve essere così è qualcosa che gli studiosi hanno appena cominciato ad indagare. Mi ricorda il giudizio duro del primo ministro francese Clemenceau sugli USA, quando disse che gli USA hanno progredito dalle barbarie alla decadenza senza un periodo di civiltà intermedio.
Infine, guardiamo anche timidamente al futuro. Il grande marxista italiano Gramsci scrisse “quando il vecchio rifuta di morire e il nuovo sta lottando per nascere, appaiono i mostri.” e si riferiva all’arrivo al potere d Mussolini, ex socialista, il dittatore populista di destra che inventò il fascismo e che tenne in prigione lo stesso Gramsci per tanti anni. Vi chiedo di prendere in considerazione questa idea alquanto drammatica.
Il mio timido senso è che il vecchio sta morendo benché si rifiuti di farlo ancora. Quali indicazioni abbiamo?
Lo scorso anno il Bangkokpost notava brevemente che dieci anni fa c’erano ancora sei milioni di thai maschi nel monacato, sia come monaci che come novizi. Oggi il numero è sceso a 1,5 milioni con una caduta del 75 %. Certo che questa caduta drastica è in parte una reazione alla commercializzazione dei templi, gli scandali regolari di tipo finanziario e sessuale e così via, affrontati indirettamente in un film già messo al bando, Naak Phrok. MA è anche connesso ad un sentimento della classe media per cui mandare i propri figli nei templi, anche se per poco, è una perdita di tempo.
Conosco molti maschi adulti che non sono mai stati ordinati e non hanno nessuna intenzione di fare, anche se per qualche mese o settimana, il monaco. Alcuni mesi fa Ajarn Nidhi scrisse un articolo degno di nota sul linguaggio usato dalle giovani donne e ragazze della città. Discuteva che queste giovani donne usano un linguaggio indecente tipico dei giovani uomini per insistere sul loro diritto all’uguaglianza e a rigettare la gerarchia sessuale.
Non dubito che abbia in parte ragione, benché le mie limitate impressioni suggeriscano che questo linguaggio è più comune tra le ragazze quando sono tra loro che quando sono in gruppi misti. Ma potrebbe essere letto anche in modo più complesso. Le commedie occidentali, dove le donne usano lo stesso limitato linguaggio grossolano dei ragazzi, hanno probabilmente la loro influenza. Le soap della TV di Bangkok mette con regolarità al centro ragazze viziate urlanti che diranno qualunque cosa per scioccare o punire. Il cambiamento potrebbe riflettere sia la democratizzazione come pure un imbarbarimento del linguaggio pubblico.
Il codice di silenzio della oligarchia sul sesso fu per primo rotto da Ai Lerm che costrinse il Generale Prem a lasciare il potere minacciando di chiamare il vecchio generale “froscio” nel dibattito parlamentare. Ma è stato davvero Nattawut, il primo brillante oratore thailandese moderno, che apertamente attaccò Prem (e chi altro? ) froscio, anche se la vita sessuale di Prem non aveva nulla a che fare con le sue manovre politiche.
Che quello di Nattawut fosse null’altro che un infrangere un codice fu chiaro dal suo benvenuto sul palcoscenico a Ratprasong di un carino travestito di ventanni, che era diventato di recente una maglietta rossa, anche se il ragazzino imbarazzato confessò che il suo meraviglioso marito (pua) era un soldato (tahan). Nattawut fece scoppiare il selvaggio e amichevole applauso che il piccolo travestito creò.
Dal diciottesimo secolo in poi, l’Europa occidentale ha molti esempi di attacchi sessuali verso le classi dirigenti. Possiamo essere sicuri che tutte queste tendenze non scompariranno presto. Democratizzazione vuol dire che sia il diritto dei Phrai (gente ordinaria) a chiedere piuttosto che ad essere dato qualcosa, ma anche un sacco di linguaggio brutto diretto verso le oligarchie. (Provate a guardare il linguaggio profondamente repulsivo usato dall’estrema destra verso Obama).
L’altro lato di questo sviluppo, enormemente accentuato dalla nuova cultura irrefrenabile dei blog, dei cellulari, è la crisi che arriva del perno dell’oligarchia. Questo non è nulla peculiare del Siam.
Dagli inizi del ventesimo secolo, la monarchia in Europa si è trovata sotto enorme pressione con la nascita dei giornali popolari. Una causa fondamentale era di certo il trionfo di una cultura secolare. Tradizionalmente i monarchi erano creduti persone particolari benedette da dio, col potere persino di curare malattie tra i propri sudditi imponendo le mani reali. Questo potere venne a cessare in Inghilterra agli inizi del 18° secolo e in Francia due decenni dopo.
Da qui alla fine emerse l’idea di una monarchia costituzionale e la fine della vecchia aura magica di monarchia. I re dovevano adattarsi alla nascita del nazionalismo dentro gli antichi imperi che includevano tantissime nazionalità, identificandosi con una delle nazionalità e dovevano anche aver a che fare con le nascenti borghesie. L’era del re dissoluto giungeva a termine anche grazie alla diffusione dei giornali. A questo modo nacque la monarchia borghese a rimpiazzare la monarchia feudale. La vecchia idea che la caduta di una dinastia avrebbe significato la nascita di un’altra cominciò a scomparire. Tutti i monarchi europei cominciarono a realizzare che se fossero caduti nessuno li avrebbe rimpiazzati. La paura si fece reale tra il 1911 e il 1920 quando scomparvero varie dinastie reali al mondo, quali quella cinese, russa, austro ungarica, ottomana ed altre, insieme alla fondazione della lega delle nazioni. Solo nella vincente UK col suo impero la monarchia di Classe A riuscì a sopravvivere, e dovette essere quanto più borghese possibile. (Ma una monarchia priva di aura ha visto tempi amari dato che la sua tradizionale legittimazione si basava su questa).
In UK questo genere di monarchia ha sopravvissuto abbastanza bene fino al matrimonio infelice del principe Charles e Lady Diana. La secolarizzazione della monarchia inglese implicava che i giornali, aiutati dall’informatica, mostrarono che entrambi erano adulteri. Da allora Diana, almeno, aveva scoperto un nuovo fragile modo di ottenere un’aurea. Da persona della propria generazione lo trovò nei media da persona super celebre. Accompagnata da attori famosi e gente di musica famosa, entrambi più belli, più creativi e più intelligenti di lei stessa, aveva nelle proprie mani gli assi, lei aveva uno status reale che gli altri attori o musicisti non potevano vantare. Ma non comprese che, mentre le celebrità dei media giocano sugli scandali sessuali, il suo status reale non lo permette. E non comprese quanto effimera questa celebrità potesse essere, perché funziona soltanto per il tempo limitato che ogni star del cinema ha. Fece un enorme danno alla monarchia britannica che sta provando a rassicurarsi che la vecchia monarchia borghese sia fatta rivivere. Era felice di essere solo una principessa. Se fosse sopravvissuta tanto da divenire Regina e rimaner sempre una celebrità, avrebbe potuto portare alla fine della monarchia britannica. C’è da imparare.
Benedict Anderson Prachatai.com
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