L’ultima settimana ha visto un esplodere improvviso di ostilità tra il MILF e l’esercito filippino a Mindanao con la morte di almeno 25 soldati ed altri civili, nel contesto dielle tante difficoltà del cammino del processo di pace, nonostante un cessate il fuoco e di un meccanismo di mantenimento che lo regge da vari anni.
In seguito a questi gravi violazioni del cessate il fuoco, si sono levate varie voci autorevoli affinché il presidente Noynoy Aquino metta da parte la trattativa e dia il via ad una guerra totale contro il MILF, tra le quali voci c’erano il presidente del Senato Enrile, l’ex presidente Estrada e tanti media.
La risposta del Presidente, e del negoziatore governativo per la pace a Mindanao Marc Leonen, è stata ferma e decisa: con la guerra si perde tutti; chi ha commesso quelle violazioni deve pagare, ma a tempo debito.
L’esplosione delle ostilità è cominciata quando alcune unità dell’esercito filippino hanno provato a inseguire ed arrestare un membro del MILF accusato di aver ucciso e tagliato la testa a vari soldati nel 2008 durante gli scontri seguiti al fallimento delle trattative di pace tra MILF e governo filippino della Arroyo.
Dai resoconti giornalistici, sembra che le forze filippine erano poche e che abbiano atteso alcune ore l’arrivo dei rinforzi a causa di mancanze di carburante. Il presidente Aquino si è dichiarato insoddisfatto dalle Forze Armate ed ha avviato delle indagini interne, ma nello stesso tempo ha aperto i cordoni della borsa per rilasciare 100 milioni di peso per l’ammodernamento delle forze armate. Di seguito due commenti all’ondata di guerrafondai che sembra percorrere i media filippini.
Una follia durata quarantanni di H. Marcos C. Mordeno (mindanews.com)
Quando il Presidente del Senato Filippino, Juan Ponce Enrile insieme a tanti altri, gridò con tutta la sua voce affinché il governo lanciasse una guerra totale contro il Fronte di Liberazione Islamico Moro (MILF), come risposta all’imboscata del 18 ottobre a Basilan nell’isola di Sulu dove morirono 19 soldati, egli sapeva forse poco di stare proponendo qualcosa che ha fallito negli ultimi 40 anni. La sua mentalità politica è rimasta è rimasta nello stadio siluriano dell’evoluzione politica, ignaro del tutto dei cambiamenti politici qualitativi nei modi in cui il mondo prova ad affrontare i conflitti armati, specialmente quelli che sono interni agli stati.
Non c’è bisogno di dilungarsi molto per provare che la soluzione militare fallirà come lo è sempre fallita nel domare la ribellione Moro: il suo fallimento nel corso dei decenni è una prova sufficiente. Allora perché lasciarsi andare al calore delle passioni del momento e commettere un’altra follia nell’affrontare il MILF? Mi sarei aspettato che Enrile, con la sua passata esperienza di ministro della difesa, fosse stato più attento nel suo pronunciamento. Forse ho sbagliato a credere che la saggezza viene con l’esperienza o con l’età.
Anche certe sezioni dei media hanno deluso le aspettative e teso anche a sostenere le richieste di una guerra totale, basate sul modo in cui ponevano le domande alle loro fonti. I resoconti giornalistici provenienti da Manila sono stati per lo più superficiali, che dicono molto della loro ignoranza relativa della storia di Mindanao e dei meandri di un processo di pace. E se non fosse per il fatto che Basilan è una storia di vita reale, si potrebbero lasciar perdere questi resoconti come un’altra lacrimosa soap opera. Infatti un giornalista di una televisione, che intervistò il 21 ottobre il presidente del gruppo di pace della Repubblica Filippina nei colloqui col MILF, Marc Leonen, espresse la propria meraviglia nell’apprendere dallo stesso Marc Leonen che esistono dei meccanismi per l’osservanza del cessate il fuoco tra le due parti.
L’ignoranza dei media è solo parte del problema. Nei giorni passati i media hanno posto l’attenzione sul fatto se il governo dovesse o meno lanciare un’altra guerra totale a Mindanao senza dare spazio e tempo simili ai suoi costi umani ed economici. Non ho notato nessun network televisivo o giornale ricordare le tristi storie di abusi e spostamenti di civili durante la guerra totale dichiarata dall’ex presidente Estrada nel 2000 e sulle altre campagne militari. Le sole immagini che scorrevano erano quelle delle famiglie dolenti dei militari uccisi, di un Enrile o di qualche generale in pensione, fumante dalla rabbia, che invocava il sangue.
Certo, la nazione deve piangere le morti dei suoi soldati, ma i media fanno un grande disservizio se usano questa descrizione di tanto dolore per infiammare la passione pubblica e giustificare il ricorso alla guerra da parte dello stato. Per fortuna, il presidente Aquino ha tenuto duro finora sul processo di pace nonostante il tragico incidente di Basilan. Se lui si abbandonasse alle aquile, che vedono una rinnovata guerra a Mindanao come la loro migliore possibilità per avere qualche stella, il significato della morte di quei soldati, vale a dire il bisogno di spingere avanti il negoziato di pace, andrebbe perso. Marcos C. Mordeno (mindanews.com)
A maggior ragione, la Pace di Edwin Espejo
Ancora due problematici incidenti, accorsi a Mindanao la scorsa settimana, hanno reso ancora più importante la richiesta di una pace giusta e duratura. Abbiamo bisogno di fermare tutte le violenze che ci circondano, di salvare la vita dei combattenti e di tutti quelli che sono presi nel circolo vizioso della confusione e dell’assassinio. Non abbiamo bisogno di raccontare la storia degli orfani, delle vedove e delle madri addolorate che hanno perso i loro cari a Sulu la scorsa settimana, tutti in nome della guerra per la pace. Non abbiamo bisogno di tagliare un altro albero per farne un’altra bara per un altro missionario che vivrà i prossimi tre decenni della sua vita ad aiutare le popolazioni indigene nei villaggi sperduti solo per essere abbattuti dal colpo di una pistola dalle forze della guerra.
Chiunque abbia visto il brutto volto del conflitto a Mindanao conosce pienamente il dolore. E chiunque abbia visto la guerra sconvolgere i legami di sangue e di amicizia sa bene che non si va da nessuna parte, se il significato della guerra è cancellare i protagonisti del conflitto.
Si vergognino quelli che ancora suggeriscono di imbarcarsi per una missione di ripulire i ribelli Moro che hanno fatto l’imboscata che ha prodotto la morte di 19 soldati, di cui 4 giovani ufficiali, a Sulu, come si devono vergognare quelli che hanno fatto salti di gioia alla vista del già presidente Estrada invitare alla guerra totale contro i ribelli che tesero l’imboscata nello stesso modo in cui lui fece quando era il comandante supremo delle forze armate filippine.
E vergogna discendi su quelli che hanno ordinato l’esecuzione del missionario italiano Faustino Tentorio, sempre in nome della pace.
A maggior ragione ora abbiamo il bisogno di portare insieme le forze contendenti nel conflitto di Mindanao al tavolo dei negoziati. A maggior ragione ora c’è un bisogno urgente di trovare una soluzione giusta e duratura a questi conflitti, di parlare di pace invece che lanciare altre guerre di logoramento.
Abbiamo visto quattro decenni di questi conflitti e abbiamo usato tutti i mezzi per conquistare i nostri nemici percepiti. Ma dopo un numero immenso di morti in tutti questi anni, non siamo giunti più vicini alla pace poiché molti tra noi scoprono il significato nella pace come annichilazione delle forze che sono spinte a fare la guerra.
Dobbiamo eliminare la ragione per cui prendono le armi, la ragione d’essere del lanciare una guerra. Vero, la sola pace che dura è quella che sei pronto a difendere e per cui fare la guerra. Ma come si può vincere una guerra con un’altra guerra quando si fonda su un’ingiustizia?
Non si può avere una pace duratura lanciando una guerra ingiusta.
La sola pace duratura che vale la pena difendere è quella a cui ci si ancora ed è portata da una guerra giusta.