Ispirata dall’umorismo sarcastico di un comico indonesiano, era una battuta satirica sulla critica dell’economia indonesiana che è cresciuta del 6,5% nel 2011.
La pubblicità diceva che era deludente sia per gli ottimisti, che sentono che il paese potrebbe fare di più, sia dai pessimisti che sperano che non ce la faccia. Concludeva quindi dicendo che l’Indonesia è deludente soli per quelli “il cui hobby è di essere deluso”.
Per quanto umoristico, segna un incrocio reale in cui si trova ora l’Indonesia. Nessuno può negare che il paese abbia girato l’angolo. A quindici anni dalla crisi asiatica e la caduta di Soharto, il gigante del Sudest Asiatico ha fatto un recupero fantastico segnato da due pietre miliari. Primo, il miglioramento dell’indice di rating di Fitch di metà dicembre del debito sovrano dell’Indonesia da BBB- a BB+, segnando un ritorno al livello di investimento che era stato perso nel 1997. Secondo, il suo PIL annuale pro capite è passato a 3000 US$.
Mentre sono degli sviluppi buoni, l’economia non è una disciplina diritta ed il successo del momento non è una garanzia della prosperità futura. La velocità del declino europeo ed americano prova di quanto velocemente possano ruotare le fortune e del bisogno di una pianificazione anteriore.
In questo senso, i fallimenti politici di lunga data dell’occidente – l’introduzione dell’euro senza misure di salvaguardia politiche sufficienti ad assicurare la sua viabilità e lo spreco americano che porta ad un debito invalidante – sono ritornate ad angosciare queste nazioni. Inoltre è sempre più apparente che i troppo generosi sistemi di welfare di queste nazioni hanno danneggiato la loro etica del lavoro e cambiato le dinamiche sociali.
L’Indonesia si trova davanti ad un insieme fondamentalmente uguale di scelte. I suoi capi hanno una possibilità di pianificare per il benessere di lungo termine del paese, o far passare questa possibilità. Cosa c’è essenzialmente in ballo?
Va detto ancora che l’economia indonesiana continuerà nella sua crescita. Ironicamente sta godendo dei benefici di un precedente sotto investimento, ma anche un dividendo demografico (con il 29 % della sua popolazione di 240 milioni di persone con meno di 14 anni) ed una ricca presenza di risorse naturali in un periodo di scalata da parte cinese ed indiana.
Gli indonesiani ancora devono domandarsi se stanno avvantaggiandosi di questo per mettere le fondamenta della crescita futura e della prosperità o semplicemente stanno creando una bolla. Per tutte l sue promesse l’economia indonesiana ha ancora di fronte due ostacoli.
Prima cosa, una economia che è condotta dalle sole risorse naturali nel lungo periodo non è sostenibile. Il costo per l’ambiente del paese potrebbe risultare troppo alto da pagare. Inoltre affidarsi troppo alle ricchezze minerarie deruba un paese dell’incentivo a rinnovare o aggiungere valore. La crescita dell’Indonesia non può essere mantenuta se non riesce a diversificare le sue esportazioni. Infatti l’Indonesia sta considerando di restringere le esportazioni di risorse naturali come carbone e gas per andare incontro alla domanda locale e espandere le sue industrie.
Quindi c’è un problema del suo vasto mercato nazionale. La sfida qui è di sviluppare un settore manifatturiero che sia globalmente competitivo di fronte anche alle altre potenze asiatiche. Mentre il prezzo è critico c’è anche un elemento di preferenza del consumatore che i politici devono considerare. Dovrebbe essere fatto di più per render la popolazione cosciente dell’importanza di sostenere i prodotti e le cose locali.
Infatti in Europa, america e Giappone possiamo riconoscere un tentativo do ritornare ana produzione di piccola scala di beni di consumo che sottolineino il luogo, le componenti di design ed etici. Abbaimo bisogno solo di guardare a quanto sia lucrativo il mercato per i beni locali quali lo Champagne, il foie gras e l’Armagnac per notare il potenziale di un simile approccio.
Il paese sta facendo qualche progresso in questo come nella campagna “Ama al 100% quello che è Indonesia” del 2009. Questo movimento si è diffuso verso le regioni con il sindaco di Solo fare campagna per le industrie medio piccole che promuovevano marchi locali della città. Ha sostenuto il famoso Batik Keris e Dana Hadi oltre a produttori piccoli per competere con i tessuti stranieri.
L’Indonesia si trova ad un crocevia e potrebbe facilmente finire come un’altra moda che passa via. D’altro canto, con coraggio, previsione ed immaginazione, può assumere il suo posto di diritto al sole nel mondo che cambia.
Karim Raslan Asia Sentinel