Gli sforzi per la protezione del bambino in Indonesia dalle violenze trovano grandi barriere nella denuncia stessa del crimine.
La cosa potrebbe ulteriormente peggiorare con la chiusura delle unità speciali di polizia dedicate ai crimini contro le donne ed i bambini.
All’Agenzia di notizie dell’ONU, IRIN, il vice ministro Usman basuni, ha detto che queste unità specializzate di polizia, PPA, potrebbero essere chiuse o ridimensionate, perché questo genere di crimini contro le donne ed i bambini sono raramente denunciati e quindi si tende a spostare le risorse da qualche altra parte.
Basumi racconta la storia tragica di Riri, una ragazzina di 12 anni che fu inviata a vivere con gli zii a Giacarta dal suo villaggio a Giava Centrale. Riri in quattro mesi fu ripetutamente violentata dallo zio che la minacciò anche di morte se avesse denunciato le violenze. Da allora fu costretta a diventare una prostituta. Per due settimane fu costretta a prostituirsi a Giacarta Orientale per 15 euro ad incontro. Poi fugge dalla casa ed incontra qualcuno che la porta in un rifugio finanziato dal governo. Quanto la ragazzina abbia subito, dice Basumi, non si sa, ma la sua notizia, come quella di tante altre raramente diventa una notizia a livello nazionale.
Secondo Komnas PA, la commissione nazionale per la protezione del fanciullo, ci sono 2637 denunce di violenze domestiche contro i bambini nel 2012 contro i 2509 dell’anno precedente. Le violenze sui bambini sono fortemente sottovalutate e rappresentate dai dati, che sono appena la punta di un iceberg di un problema che deve essere qualcosa da risolversi dentro le mura domestiche. Dice Pitoyo Susanto, un esperto di protezione dei bambini: “La gente crede ancora che si tratti di una cosa privata. Se i vicini sanno cosa succede alla casa affianco non interverranno. Persino nei casi denunciati vediamo che le violenze vanno avanti da anni”.
E se i membri di una famiglia o i sopravvissuti fanno una denuncia, il rischio è quello di essere anche stigmatizzati.
“Il resto della comunità chiede alle famiglie di andarsene dal villaggio e persino le scuole rifiutano di accettare il bambino.” dice Santi Kusumaningrum del Centro della protezione del Fanciullo il quale aggiunge che c’è anche la tendenza da parte dei genitori di usare anche la violenza nel dare la disciplina ai propri figli.
“Il solo modo che i genitori hanno per trsattare con i fanciulli, se si comportano male, è di colpirli”.
Da parte sua il governo si sente impotente nell’influenzare il comportamento dei genitori a livello nazionale:
“Quando il governo dice ‘non picchiate i vostri figli’, i genitori dicono che è affare loro, ed il numero di persone che pensano così è immenso. Non ci sono risorse sufficienti per rendere le persone coscienti di questo problema.”
La violenza può essere denunciata alle unità di polizia del PPA, ognuna per ogni distretto in cui è divisa l’Indonesia. Si possono denunciare le violenze anche presso l’ospedale o presso le ONG che lavorano sulla questione. Comunque dice Susanto
“C’è una mancanza di accesso alle strutture a livello di villaggio. Proviamo a migliorare la situazione addestrando dei volontari di comunità per l’assistenza alle vittime e alle famiglie, per aiutarli a denunciare alla polizia o ai servizi sociali a livello di distretto.”
Secondo Kusumaningrum, ci sono due leggi che proteggono il bambino (2002) e rendono penale la violenza domestica (2004) ma restano le difficoltà nelle denunce di violenza e nel portare in tribunale le violenze, cosa che scoraggiano ulteriormente la denuncia dei crimini.
“Quando a livello di villaggio la gente denuncia, talvolta hanno bisogno di denaro per portare la questione a livello distrettuale per le indagini… E’ già difficile denunciare per una questione emotiva, ma le povere famiglie questo ha anche un costo aggiuntivo”.
Il vice ministro Basuni afferma che il ministero prova a cambiare l’attitudine della gente nel crescere ed allevare i bambini.
“Possiamo risolvere questo problema solo andando alla fonte e promuovere buone abitudini genitoriali, creando anche delle città amiche per i bambini.”
Ci sono sessante città indonesiane che provano a raggiungere lo status di “amico dei bambini” andando incontro al soddisfacimento dei criteri posti dalla Convenzione dell’ONU sui diritti del Fanciullo ratificata dall’Indonesia. Le città devono provare ovviamente il loro impegno nel realizzare questi obiettivi.
Il ministero ha anche introdotto un’associazione di imprese amiche dei bambini, tra le quali ci sono sei grandi compagnie, che si sono dichiarate d’accordo nel mettere i bambini al centro dei loro programmi sociali di impresa.
Resta comunque mai affrontato il problema delle ragioni per cui gli abusi restano così poco denunciati. Lo scorso febbraio un ragazzo di 18 anni è stato condannato a cinque anni di prigione per aver violentato la sua ragazza, ma è solo un caso eccezionale.
Nei media locali, le vittime di abusi, le loro famiglie e sostenitori hanno parlato di minacce e di intimidazioni da parte di amici, di membri delle famiglie e persino dei vicini dei presunti accusati, che hanno fatto pressioni affinché i testimoni ritirassero la propria testimonianza, mentre la polizia è stata spesso definita insensibile e abulica.
Il portavoce della polizia Rikwanto ha detto che i casi di violenza sui bambini sono talvolta difficili da accertare per la difficoltà di stabilire la prova della violenza.
“E’ necessario convincere i testimoni a farsi avanti e assicurare di avere prove scientifiche e fisiche sufficienti della violenza. Talvolta questo rallenta il progresso dei casi”
In aggiunta, la legge del 2004 sull’autonomia regionale ha trasferito al governo locale i poteri per maneggiare i servizi fondamentali come la salute, istruzione, infrastrutture e sicurezza.
Basuni ha riconosciuto che la protezione del fanciullo è una priorità bassa per i rappresentanti locali, ed allo stesso tempo egli prova ad incontrare i capi distretto per far capire la necessità di dare maggiore priorità alle istanze dei bambini e ai loro diritti.
Mentre a parole quelli consultati si sono detti d’accordo in teoria, in realtà essi poi affermano che hanno dei bilanci locali già troppo consunti per poter fare qualcosa.