E’ terminato il summit delle nazioni dell’ASEAN tenutasi in Brunei che quest’anno ha la presidenza di turno. Un tema caldo sono le dispute territoriali con la Cina che lo scorso anno sono state di impedimento a tutto il lavoro dell’ASEAN e che il Brunei ha preferito toccare come punto di partenza affinché non divenisse un blocco insormontabile. Successivamente si è anche parlato di commercio e della Comunità dell’ASEAN che si deve formare alla fine del 2015. Un articolo su un giornale indiano
Le nazioni dell’ASEAN hanno rafforzato gli sforzi per costringere la Cina a partecipare ai colloqui e risolvere le tensioni marittime seguendo l’invito della Thailandia rivolto ai ministri degli esteri di accordarsi su una base comune sul Mare Cinese Meridionale prima delle discussioni a Pechino di quest’anno.
L’iniziativa della Thailandia, che è il paese indicato come intermediario con la Cina, è giunto mentre i dieci paesi dell’ASEAN provavano a rammendare le differenze che scossero profondamente il raggruppamento dell’ASEAN dello scorso anno, quando in Cambogia non si riuscì ad emettere un comunicato congiunto dei ministri degli esteri per la prima volta nella storia del raggruppamento, ma hanno lottato per fare dei progressi sui piani di lungo tempo per accordarsi sul meccanismo di risoluzione delle dispute.
Il ministro degli esteri indonesiano Marty Natalegawa ha detto: “Più specificamente c’era una richiesta di avere un confronto continuo con la Cina” aggiungendo che la Thailandia aveva invitato a dei colloqui prima dell’incontro ASEAN CINA di agosto per la commemorazione dei dieci anni di amicizia strategica.
L Cina ha detto che si unirà ai colloqui quando il tempo è “mauro” e insiste ne risolvere bilateralmente le dispute di sovranità. Nel frattempo ha fatto mostra dei suoi muscoli con la sua crescente marina da “Acqua profonde” occupando alcune aree reclamate dal Vietnam e le Filippine e innalzando così la tensione nell’area.
I tentativi di stendere un codice di condotta per gestir le tensioni nel mare cinese meridionale sono tutti andati male lo scorso anno nel summit presieduto dalla Cambogia, un alleato stretto della Cina, che fu accusata di provare a tenere il problema fuori del programma dei lavori, nonostante un aumento delle tensioni nelle aree contese e la crescente preoccupazione sulla posizione affermativa della Cina nel rafforzare le sue richieste di sovranità su un’area marittima ricca di energia molto vasta.
Il presidente delle Filippine, Aquino, senza citare la Cambogia, ha fatto notare il forte contrasto con la discussione dello scorso anno dopo una cena con gli altri capi di stato. Ha descritto come meraviglioso il fatto che il primo ministro del Brunei, il sultano Hassanal Bolkiah, avev sollevato il problema del Mare Cinese meridionale come primo argomento.
“Dobbiamo davvero ringraziare che l’intero ASEAN voglia discutere questa cosa invece di metterla nel dimenticatoio.” ha detto Aquino ai giornali. Il piccolo regno ricco di petrolio del Brunei ha anche una rivendicazione nel Mare Cinese Meridionale, ma insieme alla Malesia ha tenuto un approccio di basso livello rispetto quello tenuto dalle Filippine e dal Vietnam.
Ma le prospettive per un progresso veloce su un codice vincolante sembrano fioche per le differenze su come inquadrare l’accordo.
Il comunicato finale del summit non fa alcun nuovo pronunciamento sul codice di condotta, ma i ministri dell’ASEAN si sono dati l’incarico di lavorare più attivamente con la Cina per una conclusione veloce del proposto accordo.
Mentre la Cina reclama quasi interamente il Mare Cinese meridionale come territorio proprio secondo dei propri resoconti storici che la mettono in contrasto netto con Vietnam e Filippine, alleati dagli USA, mentre Brunei, Taiwan e Malesia vantano anche loro parte del mare. A questo si deve aggiungere, nello scalare della tensione, una mossa americana di ridefinire il bilancio delle proprie forze navali in Asia che rinforza le paure cinese di sentirsi accerchiata.
La Cina ha una presenza navale propria nella Secca di Masinloc, un’ottima fonte di pesce, a 230 chilometri dalle Filippine. Lo scorso mese ha inviato quattro navi militari a portare le truppe nella Secca di James a 80 chilometri dalla costa malese e del Brunei.
Nei mesi venturi è presumibile un nuovo crescendo di tensioni mentre il monsone si allenta e la Cina impone un divieto di pesca unilaterale che nel passato ha irritato il Vietnam e le Filippine.
Frustrata dal ritmo lentissimo della diplomazia regionale, le Filippine hanno chiesto a Gennaio scorso un tribunale dell’ONU, facendo arrabbiare la Cina, chiedendo un fermo delle attività di Pechino come quelle presso la Secca di Masinloc che violava la propria sovranità. Sembra che la mossa di Manila abbia vinto l’appoggio del Brunei nonostante la preoccupazione che sarebbe potuta essere usata dalla Cina come ragione per dilazionare ancora i colloqui sul codice di condotta.
Il ministro Natalegawa dice: “La via scelta dalle Filippine è secondo noi consistente col processo ASEAN Cina. Le Filippine inoltre dichiarano che lo stesso Vietnam per mezzo del primo ministro Nguyen Tan Dung ha “espresso sostegno” per questa mossa in un incontro con Aquino.
Nel frattempo, secondo la dichiarazione del ministro degli esteri filippino Del Rosario, il tribunale dell’ONU sulla Legge del Mare che ha preso in carico il reclamo filippino contro la Cina in relazione ai suoi reclami territoriali ha finito con la nomina dei giudici del gruppo di arbitrato.