14 studenti birmani arrestati per la pace nel Rakhine

14 studenti birmani universitari arrestati per aver protestato contro il conflitto armato nello stato birmano del Rakhine, mentre altri 30 sono scappati per sfuggire agli arresti.

Lo ha dichiarato l’associazione ABFSU, organizzazione ombrello delle Unioni studentesche birmane, che ha lanciato le proteste contro la guerra e diffuso manifesti in varie città birmane come Mandalay, Pakokku nella regione Magway, e Monywa nella regione Sagaing.

14 studenti birmani arrestati
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L’associazione, che sostiene anche la libertà accademica e i diritti degli studenti in tutta la Birmania, chiede la fine della guerra tra le forze militari del Tatmadaw birmano e le forze dell’Arakan Army che sta sconvolgendo il Rakhine settentrionale e la zona di Paletwa nello stato Chin.

Si calcola che nel conflitto siano morti 300 civili, con 640 feriti e 220mila persone sono state espulse dalle loro case. La ABSFU chiede anche che sia riattivato il servizio internet nelle cittadine colpite dal conflitto che è sospeso da oltre un anno.

Tra 14 studenti birmani arrestati ci sono tre studenti della Yadanabon University, tre dell’università di Meiktila, tre di quella di Monywa, uno della Università di Pakokku, uno della Università di Kanbalu, due della Università di Pyi ed uno del Cooperative College. Tutte le università si trovano tra le regioni di Mandalay, Sagaing, Bago e Magway.

Gli studenti di Meiktila sono stati arrestati in un negozio di tè, due della Yadanabon mentre distribuivano materiali.

“Quattro camionette di polizia sono entrate al campus della università di Pakokku ed hanno arrestato gli studenti senza permesso dal rettore, mentre gli altri arrestati nelle case dalla polizia in abiti civili” ha detto il portavoce della Associazione.

Le accuse contro i 14 studenti birmani sono di aver violato le leggi di assemblea pacifica e manifestazione che richiede la notifica di almeno 48 ore alla polizia della manifestazione e che comporta la multa e/o la prigione per sei mesi.

Altre accuse riguardano la legge di gestione dei disastri naturali e la criminalizzazione di dichiarazioni che hanno l’intento di incitare i soldati alla ribellione o a non adempiere ai propri doveri, o a indurre qualcuno a violare la legge o a rompere la tranquillità pubblica. Ogni singola accusa si porta due anni di carcere e multe onerose.

A queste si aggiunge la legge contro la diffusione del COVID-19 che vieta le adunanze pubbliche col pene di carcere fino a tre anni. Che questa legge sia usata in modo selettivo e repressivo è chiarito dal fatto che la polizia chiude gli occhi nei confronti dei sostenitori dei partiti politici che fanno campagna elettorale per le prossime elezioni.

La guerra nel Rakhine, come negli altri stati, è argomento vietato.

“Chiedevamo di porre fine alla guerra civile nel Rakhine perché vogliamo la pace. La polizia non ha arrestato chi partecipava alla campagna elettorale ma hanno arrestato ed accusato noi secondo queste leggi che chiediamo di terminare la guerra civile. Significa che non vogliono la pace” ha dichiarato da Yangon Swam Pyae Tun della università di Meiktila in clandestinità.

“I militari rappresentano ‘lo stato’ se qualcuno li critica? I militari violano i diritti umani e non è conforme ai principi democratici mentre noi diciamo la verità. Non ci fidiamo di quello che è descritto come la transizione democratica della Birmania” ha dichiarato Ko Htoo Khant Thaw del ABFSU.

Scrive Human Rights Watch sull’arresto dei 14 studenti universitari birmani che chiedono nei loro manifesti e materiali la fine della guerra civile e la fine delle restrizioni di accesso ad internet:

“L’articolo 505b del codice penale è troppo vago e proibisce i discorsi che possono causare ‘paura o allarme nella gente’ e portare gli altri a ‘sconvolgere la tranquillità pubblica’. La legge è stata usata troppo contro i discorsi critici del governo. La legge dell’Assemblea pacifica e delle manifestazioni pacifiche richiedono agli organizzatori di notificare alle autorità 48 ore prima di tenere la protesta o l’assemblea. La legge porta una pena massima di tre mesi di carcere ed una multa.”

Va notata una certa continuità tra l’attuale amministrazione del NLD di Aung San Suu Kyi e i governi militari passati nell’uso delle stesse leggi repressive che la Aung San Suu Kyi avrebbe dovuto in questi anni provveduto ad abrogare o modificare dopo essere arrivata al potere nel 2015, anche perché molte di queste leggi risalgono al periodo coloniale britannico.

Va anche ricordato la vicenda dei due giornalisti birmani della Reuters la cui inchiesta sul massacro di Inn Dinn valse loro l’arresto ed una condanna per possesso di materiali segreti: avevano solo svelato con la loro inchiesta sul campo quanto avveniva nel Rakhine Birmano contro i Rohingya e per questo erano stati incastrati dalla polizia.

I due giornalisti furono poi rilasciati con perdono presidenziale a maggio 2019

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