I militari thai sono stati accusati di aver rimpatriato con la forza oltre 2000 rifugiati Karen che erano fuggiti dagli attacchi aerei del Tatmadaw in Myanmar questa settimana.
Migliaia di persone scapparono dal Myanmar nel fine settimana dopo l’attacco aereo ai villaggi vicino alla frontiera che sono stati considerati come vendetta contro il KNLA che aveva catturato il sabato prima delle posizioni militari birmane.
I gruppi militanti quale European Karen Network e Karen National Union (KNU) hanno affermato che le autorità thai avevano bloccato gli aiuti a chi cercava protezione costringendoli a rientrare in Myanmar, nonostante gli scontri militari in atto nei villaggi Karen vicini. La Thailandia è stata costretta a negare di stare dando sostegno alla giunta militare come anche a giocare in difesa su quanto i militari si siano spinti nel controllo del flusso di Karen che cercavano protezione.
Un esempio di inconsistenza proviene da due rappresentanti thai.
Per primo il governatore di Mae Hong Son, Thichai Jindaluang, disse ai giornalisti che i rifugiati non erano stati respinti. Il capo del distretto di Mae Sariang comunque avrebbe detto ad un incontro locale che la politica della Thailandia era che si dovevano rispedire indietro chi scappava dalle violenze:
“Tutte le agenzie devono seguire la politica del Consiglio di Sicurezza Nazionale secondo cui dobbiamo bloccare coloro che fuggono e tenerli lungo il confine.”
A causa del conflitto interno in Myanmar, il respingimento forzato dei 2000 rifugiati Karen costituisce una violazione del principio di non respingimento, una grave violazione degli obblighi del paese sotto la legge internazionale consuetudinaria.
Gli ultimi eventi sottolineano i problemi di doppiezza politica della Thailandia rispetto al Myanmar, una storia lunga di provare con forza a tenere relazioni bilaterali durevoli col Tatmadaw ed una politica dei rifugiati bacata che ha lasciato tantissime persone senza protezione di fondo.
La crisi dei rifugiati
Non è un segreto che la frontiera thai birmana sia stata un punto di transito per rifugiati e per persone dislocate continuamente dal continuo conflitto interno birmano.
Secondo la UNHCR ci sono oltre 97mila rifugiati in Thailandia, e a febbraio 2021, quasi 92mila persone di minoranza etnica birmana, dei quali un numero significativo di Karen che vivono in 9 campi di frontiera. Molti di questi gruppi etnici sono stati cacciati dalle loro terre ancestrali e alcuni vivono come Persone Dislocate Internamente, IDP, nel paese.
Questo ospitale quasi centomila rifugiati è in realtà una cosa di facciata per una politica povera che non riesce a dare uno status di protezione a gruppi come i Karen che fuggono dalla persecuzione etnica e il conflitto violento.
La Thailandia ha una storia di dare alcuni ripari essenziali dalle armi del Tatmadaw mentre nega loro lo status legale e i documenti. Essa deve ancora firmare la convenzione dei rifugiati del 1951 e di conseguenza tratta rifugiati come i Karen allo stesso modo degli immigrati clandestini. Il risultato finale è i rifugiati non hanno il potere di fare un salto in una vita migliore.
Il lato vulnerabile della politica thai dei rifugiati e la mancanza di un quadro legale appropriato rivelano un mondo dove i richiedenti asilo sono a rischio di traffico di schiavi o a casi di finire in centri di detenzione illegali.
Peggio ancora, i militari thai espellono chi richiede asilo alla frontiera thai senza permettere l’accesso al UNHCR per determinare se sono qualificati per lo stato di rifugiati.
Agli inizi marzo, la Task Force dell’esercito thai Pha Muang a Chiang Rai fermò un gruppo di otto persone mentre attraversavano il fiume Ruak nel distretto Chiang Saen. Le autorità thai non hanno confermato se qualcuno degli otto nazionali birmani tra cui due monaci fuggivano dalla sanguinosa repressione sulle proteste democratiche.
Inoltre la Thailandia ha rafforzato il controllo sui 2000 chilometri di frontiera col Myanmar a causa dell’alto numero di infezioni di Covid-19. A metà marzo il primo ministro Prayuth Chanocha ordinò ai militari di fare più attenzione alla frontiera per impedire ad altre persone di passarla, e il capo dell’esercito Narongphan Jitkaewthae ha messo i militari in allerta usando la pandemia come scusa.
Sostegno tacito alla giunta birmana
Nel sabato più sanguinoso della repressione in Birmania dal golpe del 1 febbraio, la Thailandia era uno dei paesi tra cui China, India, Laos, Pakistan e Russia, a presenziare nel giorno delle forze armate in Myanmar.
Mentre Prayuth afferma di non sostenere né di legittimare il Tatmadaw, la loro relazione si è fatta con gesti di amicizia di tanti anni. Non ha sorpreso nessuno la lettera indirizzata a Prayuth che il generale Min Aung Hlaing ha scritto dopo la presa del potere, uno dei primi atti, per giustificare le proprie azioni.
Le relazioni personali coltivate tra i capi militari contribuisce alle percezioni che la Thailandia sia associata ai generali birmani. Prayuth scelse Myanmar per la sua prima visita all’estero dopo il golpe del 2014. La Thailandia fu particolarmente amichevole quando Min Aung Hlaing visitò Bangkok nel 2016.
Inoltre mentre la repressione dei militari sui Rohingya in Myanmar portò ad una grande crisi regionale dei rifugiati, la Thailandia rimase totalmente silenziosa, mentre il vice primo ministro Prawit Wongsuwan si dilettava a chiamare i Rohingya “Bengalesi” proprio per non minare le relazioni reciproche.
La Thailandia ha lavorato moltissimo per mantenere il principio di non interferenza del ASEAN, una posizione che potrebbe creare caos se la crisi di Myanmar dovesse superare i confini. In modo consistente Prayuth ha suggerito che la Thailandia non sarebbe intervenuta nelle faccende domestiche birmane
Alla fine la Thailandia dovrà riconoscere che le due posizioni sono agli opposti. Voltare lo sguardo mentre le atrocità producono tantissimi rifugiati pungerà alla fine Prayuth.
La crisi Rohingya dovrebbe aver insegnato alla Thailandia qualcosa. La posizione di Prayuth di accomodamento deve finire e la Thailandia deve usare le relazioni personali per spingere i generali birmani a sistemare le cose in casa loro.
La Thailandia dovrebbe per default iniziare a muoversi verso il consenso internazionale piuttosto che il consenso del ASEAN che è fallito miseramente.
Nel frattempo la Thailandia deve allontanarsi dalla sua posizione indifendibile sui rifugiati verso una politica che abbracci i principi di non respingimento e verso la firma della convenzione del 1951 oltre ad altri trattati internazionali.
I 2000 Karen che hanno cercato di rifugiarsi in Thailandia la scorsa settimana potrebbe essere solo un pizzico del costo umano che le crisi interne del Myanmar porteranno ai vicini.
Il tempo dell’accomodamento è finito. Ora deve iniziare la diplomazia.
Mark S Cogan, Thai Inquirer