2018 in Birmania: rischio della fine delle prospettive di pace

Lungo il fossato dell’antico palazzo a Mandalay, la sede reale degli ultimi re birmani, le bandiere color pallido blu, decorate di colombe bianche e ramoscelli di ulivo, ondeggiano nella brezza invernale a testimoniare una campagna governative in favore della pace.

A sette ore di distanza verso le colline orientali dello stato Shan, una popolazione stanca della guerra si prepara ad un’altra stagione di sofferenze, al pari dei militari nazionali ed una marea di armate ribelli pronte alla guerra nell’angolo più conteso del sudestasiatico.

Non è inevitabile, naturalmente, che il conflitto debba scoppiare. Ma mentre si asciugano i sentieri pieni di pioggia e le risaie attorno a Lashio e si approfondisce nel paese il cinismo sulla ricerca zoppa del governo di una riconciliazione etnica, è molto difficile che avranno la meglio le colombe e i ramoscelli di ulivo.

“Non ci sono indicazioni che ci saranno meno scontri rispetto allo scorso anno” fa notare un rappresentante umanitario straniero in visita a Lashio che si trova lungo l’arteria di commercio principale tra Mandalay e il confine cinese.

“Sia che guardi al numero di scontri o alle posizioni geografiche la tendenza è chiara: è sempre lo stato Shan settentrionale.”

Lo scivolamento verso una nuova guerra è alimentato da fattori che si alimentano a vicenda a dire che questo anno potrebbe essere la fine di un processo di pace del governo che è fermo già da mesi.

Al livello più fondamentale, ci sono semplicemente troppi gruppi armati che cercano l’influenza ed il controllo della scacchiera etnica dello stato Shan settentrionale perché la pace sia sostenibile nel lungo periodo.

“Le forze sono troppo vicine l’uno all’altro per non scontrarsi” fa notare lo stesso rappresentante straniero.

Tra il fiume Salween ad oriente e il confine con la divisione di Mandalay ad occidente, le colline settentrionali Shan ospitano un caleidoscopio di fazioni armate. Una delle più vecchie è la SSA, esercito stato Shan, indebolitosi dopo il 2010 a causa di chi si è arreso al governo ma che oggi vuole farsi sentire.

Un altro gruppo Shan, RCSS, è un’altra forza relativamente nuova. Di stanza lungo i 350 chilometri della frontiera thailandese a meridione è salito sul treno della pace del governo firmando nell’ottobre 2015 l’accordo di cessate il fuoco nazionale e poi spostando centinaia di truppe a nord col chiaro assenso dei militari del Tatmadaw.

Il forte esercito di indipendenza Kachine, una delle più forti in Birmania, è anche uno dei fattori dello stato Shan settentrionale. Il grosso delle sue forze è schierato nello stato Kachine a nordovest dove negli ultimi giorni si è trovato sotto l’attacco del Tatmadaw. Ma KIA ha anche due brigate nello stato Shan che è sostenuto dalle forti comunità Kachine.

Nella parte dove cresce il te ad ovest della strada Mandalay Lashio, la TNLA degli Palaung Ta’ang comanda un’area che si estende fino al confine cinese.

Nel frattempo, dalle basi nella regione Kokang, ad oriente del Salween, ribelli cinesi del MNDAA hanno esteso la propria influenza alle colline ad occidente del fiume.

In questo vortice di gruppi insorgenti, i militari occupano le grandi città e controllano le poche strade fondamentali della regione. Proietta il proprio potere nelle aree interne rurali con una rete di guarnigioni nei centri cittadini, posti in stile coloniale che si affidano molto alle forze di milizia locale, PMF.

La fedeltà politica dei PMF, che sono gruppi armati in modo leggero di dubbia utilità militare, è tenuta in modo lasco dall’accesso senza restrizioni al commercio senza freni delle droghe.

Comunque un perenne bilancio precario di potere si sposta ora in modo da minacciare chiaramente quell’apparenza di controllo che il Tatmadaw può affermare nello Shan Settentrionale e garantendo così la vendetta dei militari.

Uno dei cambiamenti significativi dei tre anni passati è stata la crescita enorme del potere dei Palaung. Emersi negli anni 2012 2013 con qualche centinaio di uomini addestrati e sostenuti dal KIA, si stimava che il TNLA nel 2015 avesse 3000 combattenti.

Oggi dopo una campagna di reclutamento che porta ogni famiglia a dare uno o due figli al servizio nazionale, si assume che il TNLA possa schierare 6000 combattenti in sei brigate.

Attraversando lo stato Shan settentrionale tra la città mineraria di rubini di Mogok ad occidente fino al fiume Salween ad oriente, costituisce la forza combattente più forte in un asse potente di gruppi etnici armati che ha rigettato del tutto l’accordo di cessate il fuoco come base realistica per negoziati su un sistema federale per la Birmania.

Aggiungendo il danno alla beffa, il comitato consultivo federale politico e di negoziato, FPNCC, ha anche chiesto che il governo li tratti come un blocco singolo, unito per impedire la strategia tradizionale di negoziato di Naypyidaw del divide et impera.

Ad allarmare i militari, l’espansione del TNLA e la presenza in tutto il settentrione Shan si sono basati pesantemente sul sostegno esteso dal padrino dell’alleanza, il UWSA sostenuto dalla Cina.

Sicuri nelle loro roccaforti lungo la frontiera cinese ad oriente del Salween e protetti dal tremendo deterrente dell’esercito di 20 mila persone, UWSA ha dato armi, addestramento, supporto logistico e, per quanto negabile, manovalanza a sostegno dei combattenti protetti ad occidente del fiume.

Al di là della crescita del potere Palaung, un altro fattore destabilizzante nello Shan Settentrionale è stato l’arrivo del RCSS e delle sue ambizioni per asserire un ruolo di comando su tutto lo stato stabilendo una solida presenza militare a Nord dove prima era solo presente.

All’inizio la spedizione a nord del 2015 del RCSS fu vista favorevolmente dal Tatmadaw che, nell’ottica del divide ed impera vedeva il gruppo Shan come un potenziale controllo dell’espansione del TNLA. Ed infatti scoppiarono immediatamente scontri tra le due forze, sostenute dagli Shan nelle vallate e dai Palaung nelle colline.

Dopo due anni la dinamica è cambiata radicalmente. Sono diminuite le ostilità tra TNLA e RCSS anche col inasprirsi delle relazioni tra RCSS e militari fino a raggiungere l’ostilità. Questa delusione è stata alimentata dalla sensazione del comando Shan verso i militari per aver disatteso l’impegno ad applicare l’accordo del cessate il fuoco.

C’è anche la comprensione per cui il Tatmadaw vede l’accesso dei gruppi etnici armati al NCA come un passo legale di definizione verso il loro disarmo e smobilitazione senza alcuna garanzia che i negoziati protratti possano dare qualche sicura e significativa devoluzione del potere.

Non sfuggì agli osservatori che alle celebrazioni dell’anno nuovo Shan, fatte dal RCSS al suo quartier generale sulla frontiera Thai a novembre, erano presenti per la prima volta due comandanti militari anziani del UWSA.

L’intesa significativa tra le due forze etniche che una volta si combatterono alacremente lungo la frontiera Thai fu calcolata per dare un messaggio molto chiaro ai militari: RCSS, firmatario dell’accordo di cessate il fuoco, è ora in termini amichevoli con il fulcro dell’alleanza anti accordo, un gruppo che nonostante, o forse a causa, il proprio cessate il fuoco con i militari mina i militari ad ogni occasione.

Fino a che punto la Cina può o vuole avere influenza reale che ha accumulato sia su Naypyidaw che sulle alleanza etniche UWSA resta fondamentale per come si svilupperanno gli eventi.

Naypyidaw sembra sperare che la Cina possa essere convinta a restare la mano delle forze etniche.

Un rapporto insolito dei militari del 22 dicembre affermava che le forze congiunte TNLA e KIA avevano attaccato i posti di sicurezza lungo le linee del gas e del petrolio che attraversano lo stato Shan nordoccidentale fino alla Cina.

Dopo aver affermato che gli attacchi volevano “danneggiare le relazioni della Birmania con la Cina”, il rapporto implicava che i gruppi etnici prendevano di mira la sicurezza degli oleodotti e quindi minacciavano gli interessi strategici cinesi.

Comunque nessuno dei gruppi etnici della regione ha mai mostrato interesse a minacciare gli oleodotti anche durante la loro costruzione, e non si capisce perché dovrebbe cambiare oggi.

Nell’ammettere che la Tatmadaw si fosse scontrata con proprie forze a Namkham vicino alla frontiera cinese dove passa l’oleodotto e con il KIA a Bhamo nel Kachin, TNLA ha immediatamente negato ogni operazione congiunta e negato di aver messo in pericolo gli oleodotti.

In termini più vasti, considerata la sfiducia ed una differenza enore tra Naypyidaw e FPNCC riguardo all’accordo di cessate il fuoco, sarebbe ingenuo immaginare che Pechino possa persuadere uno delle parti a contenersi.

Infatti esiste la possibilità reale che i continui scontri possano fornire un pretesto o le basi reali per un’altra controffensiva coordinata da parte dell’alleanza settentrionale del FPNCC.

Se la campagna dell’alleanza del novembre 2016 che invase città e taglio le grandi strade ha un’indicazione, l’impatto di un’altra offensiva strategica sarebbe considerevole.

Militarmente servirebbe sia a cacciare che ad imbarazzare il Tatmadaw.

Politicamente darebbe un forte colpo alle speranze del governo, da celebrarsi ad una conferenza di pace dell’Unione a fine febbraio, che NCA possa restare una base fattibile per i negoziati di pace.

In modo pericoloso gli attacchi della stagione secca del Tatmadaw, spesso guidati da obiettivi tattici e miranti a tenere i vari nemici etnici sulla difensiva, sono più un riflesso che una strategia.

Condizionati da decadi di ostilità, la forma mentis dei militari non è certo un segreto.

Dall’altra parte del fossato del palazzo di Mandalay un grande cartellone adorna i bastioni del palazzo. In Birmano ed inglese, il suo messaggio diretto non ha nulla a che fare con colombe o ramoscelli di ulivo.

Tatmadaw e la popolazione cooperano e reprimono tutti coloro che mettono in pericolo l’Unione.

Anthony Davies, Atimes.com

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