4 papuani uccisi mutilati e messi in sacchi differenti e buttati in un fiume nella regione di Mimika dopo che sarebbero stati attirati ad acquistare 2 fucili AK47
Rappresentanti della polizia regionale Papuana e del XVII comando militare hanno confermato l’arresto di sei ufficiali militari e di tre civili sospettati di essere in relazione all’uccisione di 4 papuani della regione di Mimika a Papua, i cui corpi sono stati mutilati e messi in un sacco prima di essere stati buttati nel fiume di Timika.

Intanto la polizia militare indaga altri due militari che sarebbero coinvolti.
Uno dei civili uccisi Irian Nirigi è il capo villaggio di Yugut nella zona di Nduga, che sarebbe stato attirato insieme a Arnold Lokbere, Atis Tini, e Kelemanus Nirigi in una imboscata da alcuni che pretendevano di vendere due fucili automatici AK47 per circa 16800 euro.
Polizia e militari hanno iniziato due indagini separate nel fatto scoperto attorno al 30 agosto scorso quando sono stati scoperti alcuni corpi. La polizia sostiene che due delle vittime erano sostenitori del movimento di resistenza armata del TPNPB.
L’incontro tra vittime e colpevoli sarebbe accaduto il 22 agosto nel distretto di Mimika Baru verso le 8 di sera, quando dopo aver preso i soldi hanno ucciso i quattro uomini a cui poi sono stati tagliati testa e piedi.
Successivamente li hanno messi in sacchi differenti, un sacco a testa per i corpi mutilati di testa e gambe, un altro sacco per le sole teste ed un altro per le otto ambe. Dopo aver riempito i sacchi con le teste ed i piedi e i corpi di pietre e sono stati buttati nel fiume Lopong vicino al villaggio di Pigapu. Successivamente hanno dato fuoco all’auto.
“Ci impegniamo a tenere alta la legge in questo caso” ha detto il generale Teguh Muji Angkasa a Jayapura, capitale dell’inquieta provincia di Papua. “Non tollereremo nostri militari, se sono coinvolti in atti penali.”
Le famiglie degli uccisi hanno fatto il 29 agosto una protesta pacifica chiedendo giustizia per le scomparse forzate e gli omicidi dei loro cari che dicono non sono affiliati al TPNPB. Hanno chiesto l’intervento della commissione dei diritti umani indonesiana Komnas HAM, della LBH, istituto di aiuto legale, la KontrasS per le scomparse forzate ed una commissione di indagine indipendente ed un processo pubblico e indipendente.
Il portavoce del TPNPB anche noto come Esercito di Liberazione di Papua Occidentale, Sebby Sambon, ha invitato il presidente indonesiano Joko Widodo a portare i colpevoli in una corte aperta per punire i colpevoli con la pena di morte.
“E’ un crimine contro l’umanità commesso dal governo indonesiano con le forze di sicurezza” ha detto Sambon che ha aggiunto che il suo gruppo è pronto a portare avanti “operazioni di vendetta” se il governo ignorerà le loro richieste.
Il conflitto tra gli indigeni papuani e le forze indonesiane sono frequenti nella povera regione papuana che era una provincia coloniale olandese nell’isola di Papua Nuova Guinea con cui condivide un lungo confine.
Nel 1969 dopo un referendum falsato in cui votarono un migliaio di persone scelte e minacciate dalle forze indonesiane, la provincia fu inglobata nell’Indonesia con l’approvazione dell’ONU.
Da allora è iniziata un’insorgenza di bassa intensità in una regione ricca di risorse naturali.
Attualmente si assiste ad una certa recrudescenza degli scontri e a luglio una decina di commercianti venuti dalle altre parti dell’arcipelago indonesiano sono stati attaccati e uccisi dal TTPNPB che ne ha reclamato l’azione.
Dal dicembre 2018 tecnici e lavoratori delle imprese indonesiane furono uccisi nella provincia di Nduga segnando un salto dell’insorgenza armata ed un salto progressivo della occupazione militare indonesiana.
Si deve anche notare che attualmente la provincia non è aperta ai giornalisti stranieri e che protestare pacificamente usando la bandiera papuana porta ad arresto e carcere per molti mesi, se non si scompare o non si è uccisi prima.