Dopo dodici anni e dopo tanti miliardi di dollari, gran parte dei papuani è povera con il tasso più alto di malnutrizione, tubercolosi e HIV dell’Indonesia oltre al più basso reddito e la più alta mortalità.
L’autonomia speciale è fallita. Ma il più grande fallimento ha poco a che fare con aspetti dell’autonomia speciale applicati malissimo da Giacarta. Per la gente ordinaria il fallimento ha a che fare con gli aspetti delegati ai rappresentanti di distretto e provinciali: salute e scuola.
In un articolo precedente, dicevo di come le elite locali e i rappresentati ufficiali non vedono più l’autonomia speciale come un mezzo per lo sviluppo, quanto come un modo per accedere a maggiori sussistenze nazionali che possono prendere per sé o diffondere attraverso il loro sistema di patronato sotto forma di lavoro o altri benefici. Descrivevo come gli errori dell’autonomia speciale erano accresciuti dalla creazione incontrollata di distretti, sottodistretti e villaggi, Pemekaran, che permetteva alle elite locali dei clan di accedere a fondi, mentre si allontanava la gente ordinaria dai servizi che potevano migliorare la loro vita.
Nelle alture di Papua il matrimonio del finanziamento dell’autonomia speciale con le macchinazioni del clan e dell’elite politica ha distrutto il sistema di salute.
Come per i servizi della scuola il sistema sanitario era prima sostenuto da chiese locali e missionari. Il governo olandese e poi l’Indonesiano riconoscevano le chiese e li usavano come fornitori di servizi al posto dello stato. In questo modello i centri di sanità funzionavano e si poteva accedere ai servizi di ostetricia, programmi di immunizzazione e programmi per madri e figli. I dipartimenti pagavano sul luogo i lavoratori della sanità e a Jayawijaya ed altri posti c’erano progetti di assicurazione sanitaria.
Questi servizi però fornivano i servizi ad una minoranza delle popolazioni delle alture che poteva accedere a questi servizi. La maggioranza viveva in aree remote senza servizi di salute. La frammentazione di questo sistema, descritto in un altro articolo (link) avvenne quando lo stato subentrò in questi servizi alla fine della dittatura di Suharto.
Questi sistemi non furono più gestiti localmente e gli amministratori del nuovo governo legati alle capitali del distretto gestivano da remoto i sistemi in funzione che non avevano mai visitato, coordinando lavoratori che non avevano mai incontrato. Il sistema fu scosso dalle rivolte di Wamena, quando furono uccisi decine di emigrati indonesiani, cosa che creò un flusso inverso di emigrati, tra i quali molti lavoratori della salute, dalle città. I lavoratori di rimpiazzo non furono scelti secondo le loro qualità ma secondo i vari clan e nella maggioranza dei casi non ci si aspettava che si recassero al lavoro.
La creazione incontrollata di nuove unità locali distrusse il già debole sistema sanitario nelle nuove unità locali, e al giorno d’oggi tali sistemi devono ancora essere ricostruiti. Tranne Wamena e poche aree i servizi sono sostanzialmente scomparsi. Quasi tutto è fermo dalle immunizzazioni per i neonati, alla lotta alla tubercolosi e malaria. La fine di questo sistema nelle aree remote è coinciso con l’arrivo dell’HIV.
Lo stato del sistema sanitario oggi sulle alture
Poche comunità riescono a beneficiare dei servizi restanti dati da fondazioni private, organizzazione di base o chiese. Ci sono ancora unità governative di salute funzionanti nelle capitali dei sub-distretti, punti per la maternità nei villaggi e servizi di salute comunitaria nei villaggi. Ma gran parte dei servizi riguarda la città. Le capitali dei distretti hanno servizi erratici sebbene funzionanti. Nei nuovi distretti questi servizi sono solo ora agli inizi nella capitale, sebbene l’autonomia speciale sia diventata politica nel 2001. Nella gran parte delle alture rurali non c’è nulla. Qualche attore non statale dà qualcosa dove può: La Yasumat, ONG locale, fornisce servizi sanitari paralleli in metà dei sotto distretti a Yahukimo. Nelle aree accessibili da Wamena sono accessibili servizi di stato erratici attraverso il trasporto pubblico verso aree funzionanti.
La particolare topografia delle alture è usata come una scusa tombale per i servizi sanitari assenti. Si è dimenticato che esisteva poco prima un sistema gestito dalla chiesa in un tempo dove le infrastrutture e i finanziamenti erano anche di meno. Ma la topografia particolare fornisce delle barriere reali: secondo l’analisi del 2006 della Banca Mondiale, una famiglia media papuana viveva a 32 chilometri dalla più vicina clinica, mentre a Giava la distanza era di soli 4 chilometri. E le distanze crescono se ci si muove verso l’interno. Con le montagne ci vogliono giornate sane di camminate su pendii ripidi per accedere ai servizi sanitari.
Comunque la cause profonde della mancata presenza di servizi sanitari non la si deve imputare alla geologia, ma nella politica dei clan e nella gestione errata della risorsa umana. La decentralizzazione concentra il poter decisionale verso il distretto dove il capo distretto si comporta da signore feudale che distribuisce favori e lavori. E la creazione di distretti permette ad altre elite locali di creare il proprio distretto e accedere ai flussi di finanziamento. Ci vuole una scusa che mascheri queste motivazioni secondo cui la creazione di unità amministrative serve per portare servizi più vicino a chi non li ha. E’ una menzogna perché nel nuovo sistema decentralizzato i servizi si fermano.
Nella Terra dei fantasmi, mostravo le scuse che i burocrati danno dell’impossibilità di fare il proprio lavoro e quindi in pazienti senza cura. Il personale presso i centri di salute indirizzano ai nuovi centri dei nuovi distretti anche se tali centri non esistono ancora.
La stessa cosa per i sotto distretti che proliferano. Tanti sotto distretti creati anni fa devono ancora avere centri funzionanti che in ogni altra parte dell’arcipelago hanno. In questi luoghi si costruiscono i nuovi centri amministrativi che spesso restano chiusi perché non è stato nominato ancora nessuno, oppure deve essere costruita l’abitazione di quello già nominato, oppure la costruzione non è adeguata agli standard, oppure perché non ci sta nessun equipaggiamento. O non c’è nessuno del gruppo di lavoro. O perché nessuno vuole andare perché non c’è una scuola vicina per i propri bambini. Oppure perché sono stati nominati e vi giungono, ma poi devono andare a prendersi lo stipendio al distretto e devono viaggiare spesso lasciando così i servizi da dare ai pazienti.
Nel frattempo i soli servizi a disposizione sono nei centri nel vecchio sotto distretto la cui finanza annuale calcolata sulla base della popolazione del sotto distretto è ridotta quando si crea un nuovo sotto distretto. La decentralizzazione comporta una finanza ridotta drasticamente in un distretto che serve sempre la stessa popolazione. Molti centri perciò rifiutano i servizi agli ex residenti che risiedono in un nuovo sotto distretto per mancanza di fondi. Si aggiunga che ovviamente il finanziamento ricollocato risulta spesso “deviato”.
Si può assumere che i sistemi esistenti nelle aree non decentralizzate funzionino bene. E’ anche falso. Tutte le scuse valide perché i docenti e altri impiegati sono assenti dal lavoro sono buone anche per i lavoratori della salute assenti. Scuse ripetute per anni e mai affrontate a livello di distretto che hanno il potere e i soldi per farlo.
La ragione di ciò è che le persone assunte per questi lavori forse hanno le affiliazioni giuste di clan ma non hanno le giuste perizie (prodotti del sistema educativo delle alture distrutto) e non ci si aspetta che si presentino al lavoro. I capi distretto dettano pratiche di assunzioni per favorire il proprio clan e gli alleati che li hanno sostenuti alle elezioni. Il lavoro diventa un altro mezzo da distribuire nel clan e ai sostenitori politici. Il problema fondamentale, perciò, è che la creazione dei nuovi distretti, per quanto si dica il contrario, non ha nulla a che fare con l’offrire servizi più diretti alle comunità.
Una minoranza di amministratori e di lavoratori della salute in questo sistema prova davvero a fare il proprio lavoro, ma il loro risultato è azzoppato dalla maggioranza. Per lavoratori di livello più basso di certi distretti, gran parte del salario è distratto via prima di riceverlo fino ad avere un salario insufficiente per vivere. Il capo dei servizi sanitari di un distretto lamentava nel 2011 che la causa del cattivo sistema sanitario era un grande cambiamento di amministratori in quell’area di Tolikara. Comunque l’ultimo amministratore fu cacciato quando provò a pagare direttamente i lavoratori invece di pagarli attraverso una infermiera e di permetterle di trattenere per sé il 50% su ogni salario pagato.
Ed ancora, come nella scuola, il problema del dare i servizi di salute è assunto essere di ordine infrastrutturale, e il nuovo distretto, sotto distretto e così via sono costruiti con fondi di autonomia speciale. E’ come se una quantità di lavoratori qualificati e pronti esistano nell’area ma mancano loro i mezzi e il tetto per operare. Ma è vero proprio il contrario. Le capitali dei sotto distretti di solito hanno centri equipaggiati con letti, mobili ed altro. In almeno alcuni villaggi esistono centri di salute. La costruzione esiste ma sono chiuse: i lavoratori non sono mai presenti. Ho fatto soccorso a Ninia ed in altre aree con i miei kit di primo soccorso, ad un tiro di schioppo di un centro chiuso. I pochi centri di salute che sono aperti con regolarità sono pieni: la gente cammina per giorni per andarci.
Di tanto in tanto il sistema si risveglia e si mostra con un nuovo poster sull’HIV o una consegna di medicinali non prevista ad un centro di un villaggio. Ma le medicine non hanno le istruzioni allegate e spesso sono scadute. Quest’anno ho fatto l’inventario di tale rifornimento nei centri di Yahukimo, Tolikara e Memberamo Tengah, ed ho trovato medicine scadute nel 2007. La stessa medicina era stata consegnata nel 2011. Medicinali non scaduti sono spesso distrutti da un immagazzinamento cattivo, come l’accumulo vicino alla chiesa quando il centro di salute è chiuso. Senza lavoratori sul proprio posto, gli abitanti bisognosi di cure spesso s riducono ad usare queste scorte per un vano tentativo di auto-prescrizione, prendendo pillole da contenitori bagnati illeggibili.
La salute dei papuani
Questa mancanza di servizi sanitari la si ha in una provincia che ha l’attesa di vita più bassa di tutta l’Indonesia, significativamente più bassa della media nazionale o di quella dei lavoratori emigranti che sono per lo più concentrati nelle città dove i servizi funzionano. I papuani indigeni si trovano nelle aree rurali dove i servizi mancano.
I problemi di salute di cui i papuani indigeni soffrono non sono quelli su cui si concentrano i media internazionali. L’AIDS è un problema serio, ma non è il più significativo. Le statistiche su Papua devono essere usate con grande cura che non avviene per le alture. Le cifre attuali in studi selezionati indicano che Papua si trova all’ultimo posto in tutti gli indicatori di sviluppo umano.
Cominciamo dai giovani. Dai dati nazionali di vari ministeri ed agenzie, si dice che a papua il 40% dei bambini nasce con lavoratori esperti, mentre a Giacarta è il 99%. A Papua il 27% nasce in un centro sanitario, mentre a Giacarta è il 96%.
Il rapporto dà un quadro fortemente negativo dei tassi di mortalità infantile a papua e Papua occidentale se paragonata a Giacarta, dove muoiono 22 bambini su mille, mentre a Papua il numero sale a 54 e a Papua Occidentale a 74. A Giacarta muoiono appena 5 su mille prima dei cinque anni, quando a Papua Occidentale diventano 109 e Papua 115.
Il rapporto indica dei tassi di mortalità neonatale, post neonatale e infantile superiori a Papua Occidentale che a Papua, cosa insolita, se si considera che i servizi sanitari a Papua occidentale non sono problematici come quelli di Papua. Credo che il rapporto sia positivo ma irrealistico rispetto a Papua. Secondo molta gente che ha passato vario tempo nelle aree di Papua e Papua Occidentale ci sono degli errori nelle cifre a cui i ricercatori hanno avuto accesso. Non è che Papua abbia un tasso minore di mortalità in queste categorie (neonatali, post neonatali e infantile). E’ che Papua occidentale conta meglio i propri morti.
Queste cifre sono anche distorte nel fatto che includono le città più popolose e gli angoli più remoti. Un neonato a Jayapura ed uno a Sinokla non hanno la stessa probabilità di sopravvivere al loro quinto compleanno: la differenza è tale che potrebbero essere nati anche in due differenti continenti.
Il tasso di mortalità peggiora nelle aree remote dove si hanno statistiche. La ONG francese Medecins du Monde ha lavorato fino a non molto a Puncak Jaya, una delle aree più remote delle alture e la sola con l’attiva presenza della Free papua Organisation, OPM. Nel 2008 stimavano una mortalità infantile tra 85 e 150 su 1000 nati vivi nel distretto. La causa di morte prevalente sono infezioni respiratorie acute, polmonite, seguita da diarrea e malaria. Sono tanto comuni da essere considerate normali cause di morte.
La causa che sottende a queste morti è la malnutrizione: nelle alture e nelle pianure remote lo si vede in ogni gruppo di bambini, nei loro stomaci grandi e negli arti allampanati. Le madri che muoiono nel parto soccombono alla perdita di sangue o ad infezioni neonatali, e la malnutrizione contribuisce indirettamente con l’anemia e un sistema immunitario debole.
La prevalenza della malnutrizione nella provincia del 21,2% è più alta della media nazionale del 18,4%. nelle alture arriva al 40%. Non è semplicemente fame. Nei piccoli indebolisce il sistema immunitario, impedisce la crescita fisica e inibisce lo sviluppo cognitivo e mentale.
Causa comune della malnutrizione sono i parassiti: i bambini devono competere con una serie infinita di parassiti che hanno nel corpo quei pochi nutrienti che assumono. Tutto ciò è peggiorato dal cattivo accesso all’acqua potabile, alla mancanza di igiene e inadeguata presenza di fogne. Il fondamento di queste condizioni e pratiche negative è una mancanza di conoscenza, il risultato della disintegrazione delle infrastrutture sanitarie ed educative negli anni recenti.
Una parte della malnutrizione nelle alture non è tanto mancanza di alimenti quanto dal tipo di alimenti dati ai bambini. L’allattamento al seno termina spesso troppo presto ed inizia troppo presto il supplemento della dieta. Le madri danno ai loro bambini una poltiglia di sagu quando hanno poche settimane che è dannosa per loro. Il politecnico della salute di Jayapura iniziò uno studio sulle pratiche di nutrizione nel distretto nel 2012. Le famiglie più povere, si legge nello studio, hanno i bambini più sani perché non si possono permettere cibo da dare e devono affidarsi all’allattamento al seno. Questa tendenza positiva si inverte attorno ai sei mesi non appena altri alimenti sono necessari.
L’attenzione alle partorienti, il monitoraggio delle gravidanze e la salute e il peso dei piccoli, l’immunizzazione e le attività di educazione avvenivano nei centri di salute del bambino che un tempo si trovavano in ogni villaggio a Papua. Quando terminarono i servizi di immunizzazione, ritornò il morbillo. Le vaccinazioni della poliomielite terminarono ed ora meno del 50% dei bambini della provincia ricevono la vaccinazione. Nelle alture la maggioranza. In tanti nuovi distretti non si è avuta nessuna vaccinazione dalla fondazione del distretto. L’immunizzazione finì nel 2002 nel nuovo distretto di Yahukimo in pochi mesi dalla formazione del distretto quando si interruppe la catena del freddo. I Vaccini divengono inservibili a temperatura ambiente. Ci sono casi di sospetta polio a Sumo ed in altre aree molto remote.
Epidemia di tubercolosi
La tubercolosi, TB, è una minaccia generale più forte dell’HIV: si diffonde attraverso l’aerosol della saliva e si può trasmettere anche attraverso il parlare e non solo lo starnuto o la tosse. Chi lavora o vive in prossimità di un malato ha una probabilità di ammalarsi del 22%. ma i programmi contro la TB sono drasticamente meno finanziati di quelli dell’AIDS. I Papuani hanno un alto tasso di infezione con la TB. A Wamena si stima un tasso di infezione del 10% e nel resto del paese anche maggiore.
Una clinica privata a Wamena, Kalvari, è riconosciuta come un centro importante per il riconoscimento e trattamento della TB: ogni dipartimento di salute dei distretti delle alture mandano i pazienti qui. I malati di Lanny Jaya, Tolikara, Mamberamo Tengah, Yahukimo, Nduga, and Yalimo devono viaggiare gironi interi per arrivarci. Kalvari iniziò a testare i malati di TB presso la loro clinica e trovò che il 50% erano HIV positivi: le infezioni dippie sono comuni perché sistemi indeboliti dall’HIV sono facilmente infettati.
A questa epidemia ha contribuito la mancanza di servizi di salute delle alture. La TB viene diagnosticata attraverso la microscopia della saliva, e dopo Kalvari sono pochissimi i centri dove la si può diagnosticare. Ma la qualità e l’accuratezza della ricerca della TB dipende dal tasso di errore che dipende dall’equipaggiamento a disposizione. Anche personale qualificato può avere un tasso di errore del 25%. Lo stesso trattamento è estensivo e richiede il monitoraggio perché le medicine si prendono per un anno.
I protocolli di trattamento del Kalvari per la TB mostrano l’impossibilità di fornire un trattamento pe le alture con dipartimenti sanitari non funzionanti. Ai pazienti è chiesto di restare a Wamena per un periodo iniziale di due mesi di trattamenti continui ed usufruiscono di un ostello pulito le persone che non hanno parenti dove stare a Wamena. Dopo due mesi e dopo un altro controllo, i pazienti ancora positivi restano ancora per un mese. Un altro controllo i pazienti ancora positivi sono trasferiti all’ospedale per un trattamento più intensivo. La piccola scala di Kalvari limita la possibilità di trattare più di una piccola minoranza di pazienti di TB in modo comprensivo.
Chi invece dopo i primi due mesi è negativo, ritorna a casa con un rifornimento mensile di medicine. Per malati che vivono fuori del distretto di Jayawijaya Kalvari li manda per il prossimo trattamento ed il controllo ad un centro di salute funzionante nella loro area. Comunque anche dopo il trattamento di due mesi e l’addestramento da parte del personale del Kalvari c’è un tasso di abbandono che va dal 15 al 45%.
Le cause di abbandono sono varie. Molto spesso dopo i primi trattamenti i pazienti si sentono meglio e senza un sistema di sorveglianza smettono il trattamento che inoltre ha effetti collaterali che portano all’abbandono. Dolori ossei ed urine rosse sono comuni. Ma la causa principale è legata al rifornimento di medicinali: troppo spesso i centri esauriscono le medicine o danno solo una quantità di medicine valide per pochi giorni.
Alcune ONG hanno tentato di monitorare la comunità ma il problema del rifornimento di medicinali è troppo fratturato perché queste iniziative possano avere successo. Esiste inoltre un aspetto più nero per la mancanza di medicinali per la TB in quest’area: questi medicinali devono essere gratis. Per i lavoratori della salute che badano al profitto questi medicinali così non hanno valore e preferiscono venderlo alle farmacie che poi le vendono ai malati.
Con ogni ciclo interrotto divengono più frequenti i casi di TB resistenti a più medicinali (MDR). L’Indonesia non riesce a gestire casi del genere: Il paese ha cominciato ad affrontare il problema solo nel 2009 e da allora ha aperto centri per la TB MDR. A Jayapura sono stati individuati 20 casi dei quali 11 sono morti. I casi peggiori si hanno quando pazienti MDR non completano i cicli di trattamento con il conseguente caso di TB resistente in modo estensivo, XDR TB e poi totalmente resistente. L’unico trattamento per l’ultimo è l’isolamento fino alla morte. Che nasca la XDR TB nelle alture non è una possibilità remota.
HIV/AIDS
I papuani indigeni hanno il tasso maggiore di HIV AIDS nel paese, e Papua ha uno dei tassi a più rapida crescita dell’Asia. Secondo UNDP il 2,4% dei papuani è sieropositiva mentre la media nazionale è 0,2. Gli emigrati a Papua hanno un tasso di HIV paragonabile alla media nazionale. La percentuale maggiore delle persone infette è all’interno della popolazione indigena.
Nel 2007 l’agenzia di sviluppo australiana AusAID prediceva che per il 20225 il tasso di HIV a Papua sarebbe cresciuto al 7% mentre a livello nazionale sarebbe stato 1,08%. Comunque a Wamena si stima una prevalenza tra 8 e 10% nella regione. Non si conoscono i tassi di HIV nelle aree remote, ma il numero di giovani uomini e donne e bambini per cause sconosciute è sproporzionato anche rispetto alle cifre cattive della provincia: un probabile legame alla diffusione dell’HIV.
I maschi che lavorano nelle città nel settore delle costruzioni, dopo il boom causato dalla sovrabbondanza di distretti e di finanziamenti di autonomia speciale verso le infrastrutture, contraggono HIV dalle prostitute. Wamena, Timika ed altre città sono aree di trasmissione per questa come per altre malattie a trasmissione sessuale. I dati della Sorveglianza del Ministero della Sanità mostrano che il 25% delle lavoratrici del sesso di Wamena erano sieropositive, mentre il 35,4 erano infettate con la gonorrea, il 31% con la sifilide e 44,8% con la clamidia. La maggioranza dei rapporti sessuali con le lavoratrici del sesso non sono protetti se non per un inutile rimedio locale: gli uomini si tagliano per allontanare il sangue cattivo dopo aver visitato una prostituta.
Il fornire i servigi delle prostitute a mo di favore all’interno del circolo del patronato di governo è ora pratica comune e forse spiega la prova aneddotica che dice che sono gli impiegati pubblici maschi a contrarre l’HIV più velocemente: capi villaggio, membri delle commissioni elettorali e così via. Nel sotto distretto di Ninia di Yahukimo, il villaggio natio del capo distretto, Yabi, ha il tasso più alto di HIV secondo una ONG locale.
Un altro fattore che favorisce i tassi accresciuti sono le culture locali che accettano lo stupro come prerogativa dei “forti”: in una indagine di una fondazione della chiesa a Tolikara la maggioranza delle ragazze disse che i loro primi incontri sessuali erano forzati.
Tanti uomini che lavorano lontano dal proprio villaggio portano la malattia a casa. A causa di centri sanitari si hanno i peggiori impatti. Per esempio, la prevalenza delle malattie sessualmente trasmesse aiuta a spiegare la crescente infertilità delle persone delle alture, come notata con crescente allarme dalle ONG.
Per chi cerca il trattamento con le terapie antiretrovirali, ARV, ottenere le medicine è cosa precaria persino a Giacarta. A Papua se non sei ricco non è possibile mantenere il rifornimento di ARV. Mentre in tante parti del mondo l’HIV si gestisce a Papua e specie le alture è una sentenza di morte. Le prove orali indicano che la maggior parte dei papuani che muore di malattie legate all’AIDS erano inconsapevoli di questa malattia, come pure le famiglie. In villaggi delle alture si sentono casi di giovani uomini e donne che muoiono di malattie sconosciute seguiti dai figli.
Per chi ha una diagnosi, non esiste la nozione di segretezza: il loro status può essere rivelato alla comunità e sentono la paura dello stigma che porta la comunità come pure i familiari vicini a cacciare le persone sieropositive. Le chiese locali parlano di punizione divina del peccato. Gli sciamani con i loro credi precedenti alla cristianità insegnano che la malattia è risultato di una maledizione e non di un comportamento, e che quindi può essere curata con misure spirituali contrastanti.
Aggiustare il sistema
I passaggi per aggiustare il sistema sanitario cattivo sono quasi gli stessi dei passi necessari per l’istruzione nelle alture. Per prima cosa, le parti devono riconoscere le ragioni per cui il sistema non funziona. Ci vogliono lavoratori presenti sul posto di lavoro e amministratori che gestiscono i servizi di sanità. Devono esserci medicine per trattamenti lunghi, e quindi instaurare una catena di rifornimento e immagazzinamento, la catena del freddo con personale addestrato nei vari passi.
Mantenere la temperatura è fondamentale o le medicine sono inutili. O anche peggiori dell’inutilità. Trattamenti della TB non possono essere completati senza una catena del freddo e questo rafforzerebbe i ceppi della MDR e XDR fino a rendere impossibile un trattamento.
Bisogna cacciare personale assente o non qualificato. Nella struttura feudale che chiamiamo decentralizzazione, i capi distretto sono potenti, ma devono essere essere privati del diritto di influenzare le risorse umane nei servizi di distretto. Una cosa è dare un lavoro senza che l’impiegato si presenta a lavorare nella burocrazia, dove i salari di tali persone prendono solo doldi al sistema, ma una simile situazione nella salute causa inutile sofferenza e morte. Tali situazioni devono essere lontane dal sistema di patronato locale.
Bisogna pagare i lavoratori della sanità sul posto e dare loro il sostegno che necessitano. Sostegno in più ai lavoratori delle aree remote dovrebbero andare a nuovi lavoratori o a chi va nelle cliniche. Dare agli assenteisti ulteriori benefici sperando che lavoreranno sarebbe l’equivalente di premiare persone per la loro negligenza.
In un periodo intermedio si potrebbe formalmente riconoscere da parte delle autorità provinciali e di distretto istituzioni parallele che erano state create per affrontare il gap della salute. Qusti fornitori di servizi sanitari, come Yasumat, Kalvari, ed altri, sono già riconosciuti come parte critica del sistema. I lavoratori potrebbero essere pagati dal governo ma attraverso le chiese e le istituzioni private che gestiscono i sitemi.
Persino questi cambiamenti sarebbero cosmetici. Il marcio rimarrebbe poiché non è solo nell’istruzione o nella sanità che ci sono lavoratori che non si presentano. Non esiste un singolo elemento della burocrazia a non esserne affetto da questa malattia. L’autonomia speciale non ha funzionato. Ma il suo fallimento è mascherato da un discorso semplificato sui diritti dei Papuani che cercano di aggiustare quello che non va col sistema. L’azione affermativa è stata reinterpretata come il ritorno individuale di una persona sulla ricchezza naturale di Papua. I beneficiari sono le elite locali e quelli connessi con loro con vari legami. La gente ordinaria è cacciata dall’istruzione e da una vita in salute a causa di ciò.
Distrutti dalla ruota della modernità?
Sono rimasto colpito dall’immagine di un piccolo giovane papuano acquattato su uno scatolone nel mezzo di immondizia lasciata da negozianti emigrati. Passai vicino all’uomo una notte a Jayapura nel settembre 2011 e mi fermai a parlare con lui. Per la prima volta a Jayapura parlava un po’ di Bahasa Indonesiano. Aveva camminato da Keerom nella provincia per un giorno. Si teneva le ginocchia con i suoi bagagli. Quello che era utile nella sua provincia erano rese antiche in un mondo molto lontano dal suo.
E’ stato il destino di una cultura dopo l’altra mentre una modernità costante entra in ogni angolo del mondo. La penetrazione delle economie moderne e dei cambiamenti culturali che giungono non li si può fermare, ma i loro effetti possono essere migliorati dando gfli strumenti della conoscenza ai membri delle culture che sono inondate. Solo così potranno difendersi nel nuovo mondo e prendere le proprie decisioni sul come adattarsi, indipendentemente da quanto dura possa essere la decisione.
L’istruzione e la sanità sono fondamentali per questa autodifesa.
Mentre i papuani hanno bisogno di sanità ed istruzione, cominciano a stancarsi delle fantasie utopiche si una inevitabile indipendenza che curerà tutte le malattie. Ma se i papuani delle campagne non hanno accesso a scuole e centri sanitari funzionanti, saranno distrutti nel giro di qualche generazione. La continuazione dl sistema frammentato e disfunzionale esistente comporterà una popolazione analfabeta con tassi di crescita negativi che lavorano a commerci di sussistenza finché non muoiono. Ogni singola persona che prende un salario senza presentarsi al lavoro nei centri di salute o nelle scuole delle alture è complice in quello che si può definire un autogenocidio. Essere spettatori in questa continua tragedia è anche essere complici. E’ una questione di urgenza.
Bobby Anderson, Inside Indonesia
Foto di Bobby Anderson