Con un cambio politico significativo, l’Indonesia ha annunciato il 12 marzo che la mappa cinese delle nove linee che delimitano le sue rivendicazioni nel Mare Cinese Meridionale si sovrappone alla provincia indonesiana di Riau che include la catena dell’isola Natuna.
Per ue decenni l’Indonesia si è posizionata come mediatore indipendente nelle dispute del Mare Cinese Meridionale tra i suoi paesi amici dell’ASEAN e la Cina. I due paesi non hanno reclami che si sovrappongono sulle isole. Secondo Giacarta perciò Indonesia e Cina non dovrebbero avere dispute su quelle acque dal momento che, secondo la legge dei Mari dell’ONU, UNCLOS, i diritti sulle acque derivano dai diritti sulla terra.
Giacarta ha da tempo fatto pressioni su Pechino per essere rassicurata su questa questione, senza però ottenere nulla. La dichiarazione indonesiana, che è davvero una delle parti nel conflitto con la Cina sul Mare Cinese Meridionale, pone termine alla ambiguità strategica che ha regnato per anni, ed è probabile che alimenterà le tensioni su una questione che già ne ha.
La disputa divenne una questione strategica fondamentale tra ASEAN e Cina a metà degli anni 90. DI significativa importanza fu l’occupazione cinese del 1994 della Barriera di Mischief, a 10 chilometri dalla costa di Palawan e quindi ben dentro la zona economica esclusiva delle Filippine. Nonostante le proteste filippine, la Cina ha costruito strutture in cemento ed oggi ha una struttura a più piani con ormeggi, un eliporto ed un radar.
L’Indonesia ha visto le dispute territoriali come una minaccia ad interessi fondamentali indonesiani nella stabilità del Sud Est Asiatico, all’autonomia regionale dall’egemonia esterna, e alle norme dell’ASEAN di accordo pacifico delle dispute e autonomia dalle potenze esterne. Come conseguenza negli anni 90 l’Indonesia cominciò a tenere una serie di lavori per ridurre le tensioni e a costruire la fiducia tra i vari reclamanti.
Infine i membri dell’ASEAN e la Cina firmarono la dichiarazione della condotta delle parti nel mare cinese meridionale (DOC) nel 2002 che impegnava i firmatari ad un accordo pacifico delle dispute, il non uso della forza e l’esercizio del contenimento. Cosa importante chiedeva a tutti i reclamanti di evitare di occupare isole disabitate, scogli e secche nel mare cinese meridionale.
La dichiarazione del 2002 comunque mancava di un meccanismo di applicazione per assicurare che fossero rispettati i suoi principi. Per rimediare a questo problema l’Indonesia ha intrapreso la guida del negoziato di un codice di condotta vincolante che si costruisce sul DOC e include misure per prevenire e evitare una scalata militare in mare.
Gli sforzi di mediazione indonesiani sono stati portati avanti sullo sfondo di una preoccupazione strategica sulle intenzioni cinesi. L’Indonesia vedeva la Cina come la propria minaccia principale per gran parte della Guerra Fredda e congelò le relazioni diplomatiche con Pechino tra il 1967 e il 1990. I rappresentanti a Giacarta hanno temuto a lungo le mire irredentiste nell’area specie verso la catena delle isole Natuna, zona di una delle aree di gas più grandi al mondo. Le preoccupazioni indonesiane sono cresciute unitamente alla scalata militare cinese e all’uso della forza sempre più in termini assertivi per i propri interessi nella regione.
Per l’Indonesia in ballo non è solo la questione delle isole Natuna e le acque circostanti, per quanto critiche siano, ma anche la santità dell’. L’Indonesia è l’arcipelago stato più grande al mondo e manca delle capacità navali per difenderlo in tutta la sua vastità che si stende su 4800 chilometri da est ad ovest. Di conseguenza il paese è sempre stato un entusiasta difensore dell’UNCLOS.
La concezione indonesiana del suo territorio nazionale comprende non solo le sue 17 mila isole ma anche le acque che le connette: la parola indonesiana per paese è tanah air, letteralmente acqua e terra. Quando l’UNCLOS fu applicato nel 1994 includeva il principio di arcipelago che garantiva alle nazioni di isole sovranità sulle loro acque interne. Assicurarsi che le grandi potenze aderiscano all’UNCLOS è un interesse di sicurezza fondamentale per il paese.
Negli ultimi anni, La Cina ha intrapreso una serie di azioni che l’Indonesia percepisce come pericolosi per UNCLOS e che minacciano la stabilità regionale. Per primo ci fu la publicazione del 2009 della Cina della sua mappa dalle nove linee che include parti della zona economica esclusiva dell’isola Natuna. L’Indonesia protestò contro i reclami cinesi all’UNCLOS nel 2010 e chiese anche alla Cina di chiarificare le sue richieste, fatte a mano libera, fornendo precise coordinate.
La giustificazione cinese è ambigua e secondo il punto di vista indonesiano non consistente con l’UNCLOS. La Volontà cinese di non rispondere positivamente alle richieste dell’Indonesia ha dato un segnale forte a Giacarta secondo la Cina non apprezzava quello che i responsabili indonesiani giudicavano come risposte sobrie alle provocazioni cinesi e gli sforzi di Giacarta a persuadere i suoi partner dell’ASEAN a seguire la sua guida.
Seconda cosa, la Cina di recente la Cina si è fatta più assertiva nel perseguire le sue rivendicazioni ed ha sempre più usato la forza per farlo. Ancora più criticamente dalla prospettiva indonesiana, la Cina ha espanso le sue esercitazioni navali e la sua presenza armata dalle sue rivendicazioni a nord più vicine alla terra ferma verso i suoi limiti meridionali, dove hanno usato la forza nel confronto con le navi indonesiane.
Nel 2010 per esempio dopo che un guardia costa indonesiano catturò una nave cinese che pescava illegalmente dentro la sua zona economica esclusiva, i Cinesi inviarono una nave di sostegno equipaggiata con armi e sensori elettronici, la Yuhzeng 311. Questa nave puntò le armi contro la barca della guardia costa obbligandola a lasciare la nave cinese. In modo simile nel marzo 2013 gli ufficiali indonesiani bloccarono un’altra nave cinese che pescava illegalmente nelle isole Natuna e trasferirono la ciurma cinese nelle proprie barche per essere portati a terra per le procedure legali. Prima che raggiungessero terra le navi armate cinesi circondarono la nave indonesiana chiedendo il rilascio dei pescatori cinesi. Superati per forza e preoccupati della sicurezza dei propri uomini gli ufficiali indonesiani si piegarono.
L’Indonesia ha tenuto questi incidenti lontano dai riflettori sia perché preferisce la diplomazia calma sia per mantenere la posizione di mediatore. L’Indonesia ha anche sperato che la Cina valutasse il ruolo di guida regionale di Giacarta e che avrebbe accomodato l’interesse indonesiano nella questione delle isole Natuna per non metter in pericolo la relazione stessa.
Di recente la Cina ha intrapreso una serie di azioni assertive che hanno spinto l’Indonesia verso il suo annuncio pubblico. La Cina ha imposto una zona di identificazione di difesa aerea sul mare cinese orientale ed affermò che avrebbe imposto uno simile nel mare cinese meridionale dopo aver fatto appropriati preparativi. Pechino dichiarò un divieto di pesca unilaterale attorno alle isole Hainan che prende il 57% del mare cinese meridionale. Inviò una portaerei in missione dove prese la Barriera di Mischief e dichiarò la sua indiscutibile sovranità sulla Secca di James, a soli 80 chilometri dalla Malesia. Attualmente la Cina sta interferendo con gli sforzi filippini di rifornire i propri militari alla Secca di Second Thomas.
La dichiarazione pubblica indonesiana del proprio conflitto on la Cina è stata accompagnata da affermazioni di voler rafforzare la propria capacità militare nell’isola Natuna. Il capo delle forze armate indonesiane, generale Moeldoko, ha affermato che il paese avrebbe rafforzato la propria presenza militare nell’area aggiungendo un battaglione ed altri aerei oltre a rafforzare la propria presenza navale.
Gli sforzi del paese di rafforzar la propria presenza a Natuna arrivano mentre Giacarta ha accresciuto la propria spesa per la difesa di recente specie con l’aumento della spesa per la sicurezza marittima.
La dichiarazione pubblica indonesiana del proprio conflitto con la Cina è un potenziale cambio di gioco nel gioco che si svolge attualmente nella regione. Con l’Indonesia che contesta ufficialmente le richieste cinesi, si è persa l’ambiguità strategica che aveva permesso al paese di porsi come mediatore tra Cina e gli altri paesi dell’ASEAN. Non si potrà dire di preciso come si evolverà la situazione, ma le tensioni di certo si intensificheranno.
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