Può lo stato prevenire la proliferazione di nuovi gruppi radicali che mordono la cultura democratica e pluralista del paese?
Mentre l’Indonesia va verso le elezioni vari attori e partiti politici sono venuti in preminenza a difendere l’immagine e la posizione del paese a livello internazionale, e per enfatizzare di nuovo il bisogno pressante del paese di difendere la sua coltura tollerante ed i suoi credi.
Più di un decennio fa, si era ritenuto che il paese sarebbe stato trasportato verso una tendenza crescente di pensiero esclusivo etnocentrico che sembrava destinato a diffondersi nel vasto paese.
Gruppi del tipo del Laskar Jihad lanciavano quello che consideravano una guerra santa contro gli infedeli, e l’Indonesia era fortemente sotto pressione per difendere la sua reputazione di bastione del pensiero e pratica di Islam moderato. Eppure nonostante le paure di molti il paese è riuscito a mantenere il proprio corso storico e culturale, e resta un paese dove la religiosità di norma non è stata sopraffatta dalla cultura della violenza.
La ragione di ciò è largamente dovuta all’importante ruolo giocato dalle organizzazioni musulmane principali come Nahdatul Ulama (NU) e Muhamadiyah. Oggi mentre vediamo intensificarsi la campagna elettorale, è interessante notare come gruppi quali NU e Muhamadiyah restano risolutamente contro ogni forma di etnocentrismo religioso e di intolleranza.
Si prenda ad esempio la propaganda televisiva del partito politico per il PKB che è il partito politico figlio del NU. Presenta capi importanti del partito che ricordano a chi li vede che l’Indonesia non è “come le altre nazioni musulmane”, e che l’Islam indonesiano si è evoluto nella sua traiettoria e ha il suo proprio carattere locale.
Questa è in sintonia con la posizione presa da generazioni successive di direzioni del NU che hanno intensamente discusso che l’Islam del sudestasiatico deve adattarsi alle realtà di pluralismo e diversità che rappresentano la norma nella nostra parte del mondo.
Ci ricorda lo slogan coniato dal capo scomparso del NU Abdurrahman Wahid, che parlava di Islam indonesiano che era complesso e molto variegato, warna-warni. Oggi quell’eredità di pluralismo e diversità è difeso ancora dal NU e dal suo partito PKB.
Si può dire la stessa cosa del Muhamadiyah che è stato un movimento riformista dell’islam sin dai suoi inizi, e che ha posto grande enfasi sull’educazione moderna, la scienza e un approccio pragmatico nell’affrontare la questione della diversità nella cultura e nella società.
Sia NU che Muhamadiyah hanno creato una rete vasta di pensatori, case editrici, circoli intellettuali e militanti per consolidare la loro influenza sui musulmani del paese e disseminare le idee legate alla loro visione di un Islam moderno e dinamico.
Attraverso corpi come l’unità di ricerca e casa editrice LKIS e circoli come Jaringan Islam Muda Muhamadiyah (JIMM), i due movimenti di massa hanno difeso il pluralismo indonesiano e la diversità per decenni.
Ma l’Indonesia di oggi è un paese molto differente da quello che era due decenni fa, e sono finiti i giorni dove NU e Muhamadiyah potevano diffondere il loro tipo di pensiero religioso e filosofico senza trovare un’opposizione.
In breve il loro punto di vista non è più egemonico e pervasivo come lo era un tempo, e la ragione di ciò sta nell’erosione del potere dello stato come pure l’aprirsi del dominio pubblico.
Sin dal 1998, lo stato indonesiano, un tempo invincibile, che era centralizzato col potere nelle mani di una elite politico militare, è stato sfidato da nuovi attori politici e agenti per tutto il paese. La richiesta di più decentralizzazione del potere ha portato all’emergenza di basi di potere in conflitto e si ti di discussione, ed ha anche aperto la strada per la nascita di molti gruppi islamici più piccoli seppur vocali per tutto il paese.
Oggi l’arena islamica è ancora dominata da NU e Muhamadiyah ma è contestata da gruppi diversi come Fron Pembela Islam (FPI) e Hizb’ut Tahrir Indonesia (HTI) e persino da corpi quasi stato come Majlis Ulama Indonesia (MUI) che si sono dati da fare emettendo giudizi su cose tanto diverse come lo yoga e Facebook. Mentre questi nuovi agenti entrano nella discussione contestata emergono nuovi dibattiti e si sollevano nuove preoccupazioni.
Qui sta la preoccupazione di molti osservatori indonesiani che desiderano che il paese resti un paese pacifico e diverso, perché questi nuovi gruppi presentano una visione differente anche se omogenea e monolitica di quello che dovrebbe essere l’Indonesia. Benché non si parli di grandi numeri, la loro portata è maggiore grazie al modo in cui sono riusciti a catturare l’immaginazione dei giovani, dei poveri, dei senza diritti e dei media. E’ preoccupante davvero che piccoli gruppi di estremisti ricevano molta attenzione nei media anche quando è chiaro che tali gruppi di radicali hanno imparato l’arte della manipolazione dei media essi stessi. Negli scorsi anni questi sono i gruppi che hanno catturato i titoli di testa a causa dei loro attacchi agli intellettuali, alle minoranze e persino alle altre scuole di pensiero musulmano.
Finché la pubblica arena resta aperta dove ogni nuovo attore può entrare ed enunciare un differente e talvolta provocante posizione sulle istanze, gruppi come questi continueranno a propserare. NU e Muhamadiyah potranno riuscire a ottenere la fedeltà e il sostegno di oltre 70 milioni di indonesiani, ma si deve ricordare che nell’Indonesia a predominanza musulmana oggi ci sono 200 milioni di menti musulmane da convincere.
Nasce così la domanda: Riesce l’Indonesia a mantenere la sua reputazione di bastione della tolleranza, del pluralismo e diversità musulmana?
La risposta sta sia nella matematica che nell’etica, perché nell’analisi finale sono i numeri a contare. NU e Muhamadiyah possono, e probabilmente resteranno, sui loro percorsi scelti come movimenti musulmani modernisti che affrontano le sfide dell’Indonesia moderna.
Ma se lo stato non impedisce o previene la proliferazione di nuovi gruppi radicali che continuano a mordere la cultura plurale e democratica del paese, questo bastione anche potrebbe cadere in futuro.
Con questi fattori in mente, le prossime elezioni Indonesiane serviranno come un utile barometro del sentimento pubblico e delle sensibilità musulmane, ed ancora una volta si afferma l’ovvietà: le prossime elezioni dell’Indonesia sono importanti non solo per il paese ma anche per la regione e il mondo musulmano.
Farish Noor, New Straits Time