La rimozione del primo ministro Thailandese, Yingluck Shinawatra, non è proprio una sorpresa. E’ l’ultima negli anni recenti di una serie di primi ministri cacciati dall’incarico, e tutti della stessa parte politica. Suo fratello Thaksin fu fatto decadere dal premierato con il golpe militare del settembre 2006. Altri due premier, Samak Sundaravej e Somchai Wongsawat furono abbattuti dalla corte costituzionale thailandese nel 2008.
Queste dimissioni premature, che non hanno mai risolto i problemi politici del paese, hanno accompagnato regimi illegittimi che hanno esasperato le tensioni nel paese e gettato le fondamenta delle future proteste. L’uscita di Yingluck genererà una situazione del tutto analoga. La ragione formale della decisione della corte è stata il trasferimento illegale nel 2011 di un ufficiale anziano dal Consiglio di Sicurezza Nazionale verso una posizione non attiva. E’ stata una decisione più plausibile di quella che la Corte diede per la rimozione di Samak accusato di aver partecipato ad una trasmissione di cucina.
Il reato vero di Yingluck, però, è stato di essere un membro del clan politico dei Shinawatra, obiettivo delle proteste di massa che hanno distrutto la vita nella capitale thailandese per oltre sei mesi. Il fatto che Yingluck sia sopravvissuta nell’incarico per così a lungo testimonia l’estrema esitazione del circolo monarchico thailandese, un’alleanza di interessi che include il palazzo, i militari e il sistema giudiziario, nel volerla rimuovere. Dopo tutto gode ancora del sostegno della maggioranza dei voti.
Dopo tre anni di disordini comunque, questo mese, Yingluck ha perso il sostegno di quel potere conservatore. Sarà difficile creare un’amministrazione di rimpiazzo. La Thailandia è diventata un paese di partigianeria, priva di figure credibili neutre che siano in grado di negoziare un accordo tra le due fazioni in guerra e costruire un governo sostenibile. Il futuro delle elezioni che originariamente erano previste per il 20 luglio, ora appare dubbio, ed i sostenitori di Yingluck minacciano di entrare in una disobbedienza civile o peggio mostrare il loro dispiacere verso l’ultima sfida delle corti al governo democratico.
E questo significa che il tono celebratore in alcuni angoli del paese, specie dentro il PDRC antigovernativo, si proverà essere di breve durata.
La Thailandia sta entrando ora in un territorio politico nuovo ed estremamente pericoloso.
Duncan McCARGO, Foreignaffair.com